Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 25562 del 20/05/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 25562 Anno 2015
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: PISTORELLI LUCA

SENTENZA

sul ricorso proposto dal difensore di:
Ciccone Rocco, nato a San Severo, il 29/10/1969;

avverso l’ordinanza del 12/2/2015 del Tribunale di Torino;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Luca Pistorelli;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale Dott.
Francesco Salzano, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con l’ordinanza impugnata il Tribunale di Torino ha rigettato l’istanza di riesame
proposta da Ciccone Rocco avverso il provvedimento con il quale gli è stata applicata
la misura cautelare della custodia in carcere per il reato di associazione a delinquere
finalizzata al furto e alla ricettazione di ingenti quantitativi di gasolio.

Data Udienza: 20/05/2015

2. Avverso l’ordinanza ricorre il Ciccone a mezzo del proprio difensore deducendo
ripetute violazioni di legge e correlati vizi della motivazione.
2.1 Sotto un primo profilo lamenta la violazione dell’art. 297 comma 3 c.p.p. e la
perdita di efficacia della misura per decorrenza dei termini custodiali in ragione della
connessione qualificata esistente tra i reati oggetto dell’ordinanza impugnata e quello
posteriore di ricettazione per cui il Ciccone è stato sottoposto a custodia in carcere con
provvedimento del G.i.p. di Foggia del 13 gennaio 2014 e per il quale pende

l’analoga eccezione formulata con l’istanza di riesame i giudici torinesi avrebbero
contraddittoriamente escluso l’esistenza dell’evidenziato rapporto di connessione tra il
reato associativo e la menzionata ricettazione dopo aver invece sostanzialmente
ritenuto sussistente tale rapporto, ai fini della valutazione sulla competenza territoriale
del Tribunale di Verbania, con riguardo ai furti contestati.
2.2 Sotto altro profilo il ricorrente ripropone l’eccezione di incompetenza territoriale
già rigettata dai giudici del riesame, rilevando come lo stesso pubblico ministero
avesse radicato nel capo A) d’incolpazione l’associazione in Cerignola e in Andria e non
in Verbania e come in ogni caso non sia logicamente verosimile che gli indagati – tutti
residenti nel nord della Puglia – si siano associati in Piemonte. Erroneamente dunque il
Tribunale avrebbe fatto riferimento ai criteri suppletivi di cui all’art. 9 c.p.p:, anziché a
quello del luogo di consumazione del reato sancito in via ordinaria dall’art. 8 del codice
di rito.
2.3 Infine si lamenta come i giudici del riesame non abbiano preso in considerazione
l’ordinanza, pure prodotta dalla difesa, con la quale il Tribunale di Bari ha annullato,
ritenendo il relativo quadro indiziario non grave, il provvedimento emesso ex art. 27
c.p.p. dal G.i.p. di Foggia (cui gli atti erano stati trasmessi per competenza da quello
di Verbania) nei confronti del Ciccone per alcuni dei reati fine della presunta
associazione contestatigli al capo H).

CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è inammissibile per la sopravvenuta carenza di interesse del ricorrente.
2. Risulta in atti che il Ciccone è stato rimesso in libertà il 21 aprile 2015 a seguito di
provvedimento emesso dal G.i.p. del Tribunale di Verbania successivamente alla
proposizione del ricorso. Va allora ribadito che la revoca o la perdita di efficacia di
un’ordinanza applicativa di misura cautelare custodiale in pendenza del ricorso per
cassazione avverso il provvedimento restrittivo, determina, in assenza di richiesta
funzionale alla proposizione di istanze di riparazione per l’ingiusta detenzione,
l’inammissibilità dell’impugnazione per sopravvenuta carenza di interesse

(ex multis

Sez. 6, n. 39123 del 16 settembre 2014, Maresca, Rv. 260466). Ed in ogni caso

attualmente dinanzi al locale Tribunale il giudizio di primo grado. Nel respingere

l’interesse alla coltivazione dell’impugnazione in funzione della riparazione deve essere
manifestato dall’imputato (Sez. 1, n. 25198 del 10 maggio 2013, Giannitti e altro, Rv.
256046), il che non è avvenuto nel caso di specie.
3. Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese processuali, ma non anche di una somma in favore della
Cassa delle Ammende atteso che la stessa è stata determinata da causa sopravvenuta.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso il 20/ /2015

P.Q.M.

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