Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 25561 del 20/05/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 25561 Anno 2015
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: PISTORELLI LUCA

SENTENZA

sul ricorso presentato da:
Mazza Pasquale, nato a Cerignola, 1’11/6/1965;

avverso l’ordinanza del 9/2/2015 del Tribunale di Torino;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Luca Pistorelli;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale Dott.
Francesco Salzano, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con l’ordinanza impugnata il Tribunale di Torino ha rigettato l’istanza di riesame
proposta da Mazza Pasquale avverso il provvedimento con il quale gli è stata applicata
la misura cautelare della custodia in carcere per i reati di associazione a delinquere
(con qualifica di organizzatore) e di furto aggravato e continuato ad oggetto ingenti
quantitativi di gasolio.

Data Udienza: 20/05/2015

2. Avverso l’ordinanza ricorre personalmente il Mazza articolando due motivi.
2.1 Con il primo deduce violazione di legge e correlati vizi della motivazione in merito
alla sussistenza dei gravi indizi dell’associazione ipotizzata e del ruolo di organizzatore
della medesima attribuito all’indagato. In proposito rileva il difetto di elementi da cui
dedurre l’esistenza di una stabile organizzazione e ancor più evidenzia come tutti gli

che titolo il Mazza non dovrebbe rispondere del reato come mero partecipe.
2.2 Con il secondo motivo il ricorrente lamenta invece la violazione dell’art. 297
comma 3 c.p.p. e la perdita di efficacia della misura per decorrenza dei termini
custodiali in ragione della connessione qualificata esistente tra i reati oggetto
dell’ordinanza impugnata e quello posteriore di ricettazione per cui il Mazza è stato
sottoposto a custodia in carcere con provvedimento del G.i.p. di Foggia del 13 gennaio
2014 e per il quale pende attualmente dinanzi al locale Tribunale il giudizio di primo
grado. In proposito il ricorrente osserva che la base indiziaria utilizzata per l’adozione
del più risalente provvedimento cautelare sarebbe la stessa dispiegata nel presente
procedimento, essendo sostanzialmente costituita dagli esiti delle intercettazioni
effettuate tra l’ottobre del 2013 e per l’appunto il gennaio del 2014. Nel respingere
l’analoga eccezione formulata con l’istanza di riesame i giudici torinesi avrebbero
inoltre errato nell’escludere l’esistenza dell’evidenziato rapporto di connessione tra il
reato associativo e la menzionata ricettazione, atteso che il terzo comma dell’art. 297
c.p.p. espressamente menziona anche l’ipotesi del reato strumentale e non solo quella
della continuazione tra i diversi illeciti. Peraltro l’omogeneità del fatto per cui si
procede dinanzi al Tribunale di Foggia con l’oggetto del programma criminoso del
sodalizio ben consentirebbe in ogni caso di ritenere lo stesso ideato nelle sue linee
essenziali già al momento della costituzione del vincolo associativo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso deve essere rigettato.
2. Il primo motivo è invero infondato al limite dell’inammissibilità.
2.1 L’ordinanza impugnata ha ampiamente argomentato sulle ragioni della ritenuta
configurabilità dell’associazione ipotizzata nel capo A), rilevando come il Mazza e i suoi
sodali avessero predisposto una complessa organizzazione di mezzi funzionali
all’esecuzione di una serie di furti di carburante presso depositi del centro e nord Italia
e al trasporto del prodotto sottratto in Puglia, dove veniva smaltito attraverso canali di
ricettazione precostituiti. Analogamente i giudici del riesame hanno puntualmente

indagati abbiano svolto ruoli fungibili ed equivalenti, talchè non si comprenderebbe a

indicato le risultanze investigative (non contestate dal ricorrente) da cui hanno inferito
l’attribuibilità all’indagato di un ruolo di organizzazione dell’attività dell’associazione.
2.2 La linea argomentativa così sviluppata risulta immune da qualsiasi caduta di
consequenzialità logica alla luce delle evidenze illustrate nella motivazione del
provvedimento, la quale viene criticata dal . ricorrente in maniera generica ed assertiva,
senza procedere alla puntuale confutazione delle argomentazioni svolte dal giudice
territoriale. Ed in tal senso meramente assertive o per l’appunto prive di correlazione

“comune”, di una stabile organizzazione ovvero dell’equipollenza dei ruoli svolti dal
Mazza e dai suoi coindagati. Per il resto le ulteriori doglianze avanzate sul punto con il
motivo in esame si traducono nel tentativo di ottenere in questa sede una invece
inammissibile rivalutazione del compendio indiziario di riferimento.

3. Infondato è anche il secondo motivo.
3.1 II lungo percorso di elaborazione da parte di questa Corte della disciplina delle c.d.
“contestazioni a catena” ha, come noto, trovato un suo approdo finale, per quanto qui
di interesse, nella pronunzia delle Sezioni Unite per cui, quando nei confronti di un
imputato sono emesse in procedimenti diversi più ordinanze cautelari per fatti diversi
in relazione ai quali esiste una connessione qualificata, la retrodatazione prevista
dall’art. 297, comma terzo, c.p.p. opera per i fatti desumibili dagli atti prima del rinvio
a giudizio nel procedimento in cui è stata emessa la prima ordinanza. Nel caso in cui le
ordinanze cautelari adottate in procedimenti diversi riguardino invece fatti tra i quali
non sussiste la suddetta connessione e gli elementi giustificativi della seconda erano
già desumibili dagli atti al momento della emissione della prima, i termini della
seconda ordinanza decorrono. dal giorno incui è stata eseguita o notificata la prima,
solo se i due procedimenti sono in corso davanti alla stessa autorità giudiziaria e la
loro separazione può essere frutto di una scelta del pubblico ministero (Sez. Un., n.
14535/07 del 19 dicembre 2006, Librato, Rv. 235909).
3.2 A tale approdo interpretativo – qui condiviso – si è ispirata l’ordinanza impugnata,
che ha dimostrato di aver fatto corretto governo del principio affermato dalle Sezioni
Unite nella misura in cui ha escluso l’operatività dell’art. 297 comma 3 c.p.p. sul
presupposto che il reato associativo per cui è stata emessa la misura custodiale
oggetto di ricorso e quello per cui nei confronti del Mazza è stata adottata analoga
misura nel gennaio del 2014 dal G.i.p. del Tribunale di Foggia non siano in rapporto di
connessione qualificata. Ed infatti, in assenza di tale presupposto, alla luce dei principi
sopra ricordati, è dirimente la circostanza che i due provvedimenti cautelari siano stati
adottati nell’ambito di procedimenti tuttora pendenti dinanzi ad autorità giudiziarie
diverse.

all’ordinanza impugnata si rivelano le obiezioni relative all’assenza di una cassa

3.3 Le censure del ricorrente si concentrano peraltro sulla valutazione del menzionato
presupposto. In proposito il Tribunale ha peraltro correttamente escluso l’esistenza di
un rapporto di qualificata tra il reato associativo e i reati fine del sodalizio (tra cui
dovrebbe annoverarsi quello per cui è stata emessa la misura più risalente in grado di
innescare il processo di contestazione a catena) in difetto di evidenza alcuna che
questi, seppure nelle loro linee essenziali, fossero stati singolarmente programmati già
al momento della costituzione dell’associazione. Ed anzi i giudici del riesame hanno
evidenziato come la ricettazione accertata nel foggiano è reato collegato ad un’azione

criminosa ideata certamente solo in un secondo momento, dopo che il sodalizio
criminoso aveva conosciuto un periodo di breve, ma sostanziale, inattività.
3.4 Con riguardo alla tenuta logica della linea argomentativa così sviluppata
dall’ordinanza impugnata il ricorrente non ha saputo evidenziare vizi deducibili in
questa sede, talchè le sue doglianze si risolvono nel tentativo di sollecitare questa
Corte ad una nuova valutazione del merito della questione, inammissibile proprio in
quanto quella effettuata dal giudice territoriale risulta sostenuta da adeguata
motivazione. Del resto il ricorso si limita in tal senso a prospettare – peraltro evocando
l’inconsistente carattere dell’omogeneità di tutti i reati fine dell’associazione – la mera
possibilità dell’originaria programmazione dell’episodio criminoso più recente al
momento della costituzione del vincolo associativo, così finend -o-per -convenire con il
Tribunale in merito all’insussistenza di indizi certi della circostanza. Né in tal senso può
rilevare che ai fini della configurabilità dell’associazione l’ordinanza impugnata abbia
menzionato la comprovata acquisizione di canali di ricettazione dei prodotti trafugati,
in quanto ciò non significa ancora che il singolo episodio di ricettazione contestato a
Foggia fosse stato ideato sin dall’inizio.
3.5 Quanto infine alla correttezza del principio di diritto affermato dall’ordinanza
impugnata con riguardo ai rapporti tra reato associativo e reati fine, lo stesso
corrisponde al consolidato insegnamento di questa Corte (ex multis Sez. 1, n. 40318
del 4 luglio 2013, Corigliano, Rv. 257253), mentre deve escludersi che tra gli stessi
sussista il rapporto di strumentalità di cui all’art. 12 lett. c) c.p.p. evocato dal
ricorrente, rimanendo in tal senso irrilevante l’eventuale difetto di motivazione sul
punto da parte dei giudici del riesame. Ed infatti i delitti fine sono ideati ed attuati
successivamente alla costituzione dell’associazione, cosicché non può- configurarsi il
vincolo di strumentalità delineato alla lett. c) dell’art. 12 del codice di rito, che attiene
strettamente a reati che possano dirsi commessi gli uni per eseguire gli altri (Sez. F, n.
34557 del 25 luglio 2003, Falsone, Rv. 228396).

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 comma 1 ter disp. att.
c.p.p.

Così deciso il 20/5/2015

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