Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 25546 del 25/03/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 25546 Anno 2015
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: POSITANO GABRIELE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
META NANI N. IL 05/09/1981
avverso la sentenza n. 4671/2014 TRIBUNALE di MILANO, del
25/06/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GABRIELE POSITANO;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 25/03/2015

RITENUTO IN FATTO
1. Meta Nani propone personalmente ricorso per cassazione contro la sentenza emessa, ai
sensi dell’articolo 444 del codice di rito, dal Tribunale di Milano, in data 25 giugno 2014,
con la quale veniva applicata la pena di mesi otto di reclusione ed euro 200 di multa per
il reato previsto dagli articoli 56, 426 bis e 525 n. 2 del codice penale, lamentando:
• violazione dell’articolo 122 del codice di rito, riguardo alla validità della procura speciale

illogicità e contraddittorietà della motivazione rispetto all’esclusione di una pronuncia ai
sensi dell’articolo 129 secondo comma del codice di rito.
2. Il Procuratore generale della Corte di Cassazione, con parere del 16 settembre 2014,
conclude chiedendo l’inammissibilità del ricorso
CONSIDERATO IN DIRITTO
La sentenza impugnata non merita censura attesa la inammissibilità dei motivi.
1. Con il primo motivo il ricorrente rileva la nullità della sentenza per vizio relativo alla
forma della procura speciale conferita oralmente dall’imputato al difensore d’ufficio. In
particolare, alla prima udienza del giudizio per direttissima, del 10 aprile 2014, il
difensore d’ufficio aveva richiesto un termine a difesa, anticipando l’intenzione di
avanzare istanza per riti alternativi. Alla successiva udienza del 25 giugno 2014 il
difensore, senza avere prima conferito con l’imputato, presentava richiesta di
patteggiamento sulla base di una procura rilasciata nel corso dell’udienza del IO aprile 2014, risultante dall’annotazione del verbale di udienza, nel quale si dava -atto- che gii imputati avevano conferito procura speciale al difensore. Difettando la sottoscrizione e il
contenuto stesso della procura speciale, la richiesta di patteggiamento, secondo la
difesa, deve ritenersi irritualmente formulata.
2. La doglianza è inammissibile poiché, oltre alla considerazione che la parte eccepisce un
vizio formale della procura al quale la stessa avrebbe dato scientemente luogo, appare
dirimente la circostanza che, nel verbale di udienza del 10 aprile 2014, risulta
pacificamente che l’imputato conferisce procura speciale al difensore, che preannuncia
la richiesta di riti alternativi.
3. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta illogicità e contraddittorietà della
motivazione riguardo all’esclusione di una pronunzia ai sensi dell’articolo 129 del codice
di rito.
4. Osserva il Collegio che il secondo motivo di ricorso appare destituito di specificità e,
comunque, manifestamente infondato o per altro verso inammissibile, atteso che il

conferita oralmente dal ricorrente al difensore d’ufficio;

giudice, nell’applicare la pena concordata, si è, da un lato adeguato a quanto contenuto
nell’accordo tra le parti, e dall’altro, ha escluso che ricorressero i presupposti dell’art.
129 C.P.P., facendo riferimento in particolare all’annotazione di PG, al verbale di arresto
e alle dichiarazioni rese dal Ferrazzi. E tale motivazione, avuto riguardo alla speciale
natura dell’accertamento in sede di applicazione della pena su richiesta delle parti,
appare pienamente adeguata ai parametri richiesti per tale genere di decisioni, secondo
la costante giurisprudenza di legittimità (v., tra le altre, Sez. un., u.p. 27 marzo 1992,

1998, Messina).
5. Infatti, il giudizio negativo circa la ricorrenza di una delle ipotesi di cui all’art. 129 cod.
proc. pen. deve essere accompagnato da una specifica motivazione soltanto nel caso in
cui dagli atti o dalle deduzioni delle parti emergano concreti elementi circa la possibile
applicazione di cause di non punibilità, dovendo, invece, ritenersi sufficiente, in caso
contrario, una motivazione consistente nell’enunciazione – anche implicita – che è stata
compiuta la verifica richiesta dalle leggi e che non ricorrono le condizioni per la
pronuncia di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen. (Sez. U, sent. n. 10372 del
27/9/1995 Rv. 202270 ric.: Serafino)
6. Alla pronuncia di inammissibilità- tonsegue ex art. 616 cod. proc. pen, la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché al versamento, in favore della
Cassa delle ammende, di una somma che, in ragione delle questioni dedotte e, in
particolare, della peculiarità della prima eccezione, appare equo determinare in euro
1.500,00.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
e della somma di euro 1.500 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 25 marzo 2015
Il Consigliere estensore

Di Benedetto; Sez. un., u.p. 27 settembre 1995, Serafino; Sez. un., u.p. 25 novembre

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