Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 25541 del 05/02/2015


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 5 Num. 25541 Anno 2015
Presidente: SAVANI PIERO
Relatore: MICCOLI GRAZIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
DI TELLA ANTONIO N. IL 11/08/1975
avverso il decreto n. 82/2013 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
05/11/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GRAZIA MICCOLI;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 05/02/2015

Il Procuratore Generale della Corte di Cassazione, dott. Piero GAETA, ha concluso chiedendo la
declaratoria di inammissibilità del ricorso

RITENUTO IN FATTO
1. Con decreto del 5 novembre 2013 la Corte d’Appello di Napoli, confermando il decreto
emesso dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere in data 27 giugno 2012, ha applicato a
Antonio DI TELLA la misura della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza con obbligo di
soggiorno per la durata di anni tre.

relazione all’art. 3 legge n. 1423 del 1956.
Il ricorrente censura il decreto perchè ha ritenuto la sussistenza della pericolosità qualificata
non già in forza di una condanna per il reato di cui all’art. 416

bis cod. pen., ma

semplicemente apprezzando condanne irrevocabili per il reato di estorsione aggravata ex art. 7
legge n. 203 del 1991.
3. Con atto depositato in data 31 luglio 2014 il Procuratore Generale della Corte di Cassazione
ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
4.

Il difensore del ricorrente ha depositato una memoria in data 30 gennaio 2015,

controdeducendo alla requisitoria scritta del Procuratore Generale e chiedendo la trattazione in
pubblica udienza del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è manifestamente infondato e, di conseguenza, non può essere accolta pure la
richiesta di fissazione della pubblica udienza.

1. Il ricorrente ha proposto censure di carattere generale, non indicando motivi specifici di
violazione di legge scaturenti dalla motivazione del provvedimento impugnato.
Il deducente, inoltre, si limita a contestare genericamente alcune delle circostanze di fatto
valutate nel provvedimento della Corte di Appello, cosicché le relative censure risultano prive
di concretezza e specificità in violazione del disposto di cui all’art. 581 cod. proc. pen.
Quindi, le doglianze formulate esulano dal novero delle censure deducibili in sede di legittimità,
inerendo a vizi di motivazione del provvedimento impugnato mentre il ricorso per cassazione,
in materia di misure di prevenzione, è ammesso esclusivamente per violazione di legge, a
norma del combinato disposto della L. 27 dicembre 1956, n. 1423, art. 4, penultimo comma e
L. 31 maggio 1965, n. 575, art. 3 ter e, attualmente, del D.Lgs. 6 settembre 2011, n. 159,
artt. 27 e 10, relativamente ai procedimenti nell’ambito dei quali la proposta di prevenzione sia
stata formulata successivamente alla data di entrata in vigore del decreto stesso, a norma del
D.Lgs. 6 settembre 2011, n. 159, art. 117, comma 1.
La Corte costituzionale, con sentenza n. 321 del 22 giugno 2004, ha dichiarato infondata la
questione di legittimità costituzionale di tale previsione limitativa della possibilità di ricorrere
per cassazione, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., rilevando che il procedimento di
prevenzione, il processo penale e il procedimento per l’applicazione delle misure di sicurezza

2

2. Ha proposto ricorso il DI TELLA, deducendo violazione di legge e vizio di motivazione in

sono connotati da diverse peculiarità, sia sul terreno processuale che nei presupposti
sostanziali. D’altra parte, è giurisprudenza costante del giudice delle leggi che le forme di
esercizio del diritto di difesa possano essere diversamente modulate in relazione alle
caratteristiche di ciascun procedimento, allorché di tale diritto siano comunque assicurati lo
scopo e la funzione.
In ordine alla nozione di violazione di legge, le Sezioni unite di questa Corte, chiamate ad
affrontare il tema con riferimento all’analoga previsione di cui all’art. 325, comma 1,

tema in disamina, che in essa rientrano la mancanza assoluta di motivazione e la mera
presenza di una motivazione apparente, in quanto situazioni correlate all’inosservanza di
precise norme processuali.
Non vi rientra invece l’illogicità manifesta, la quale può essere denunciata nel giudizio di
legittimità soltanto tramite lo specifico e autonomo motivo di ricorso di cui all’art. 606
cod.proc.pen., lett. e) (Sez. Un. 28-1-2004, n. 2, Ferrazzi, Cass. pen 2004, 1913).
Dunque, nel caso in cui, come nella materia delle misure di prevenzione, il ricorso per
cassazione sia limitato alla sola violazione di legge, va esclusa la sindacabilità del vizio di
manifesta illogicità mentre è possibile denunciare il vizio di motivazione apparente, atteso che
in tal caso si prospetta la violazione dell’art. 125, comma 3, cod.proc.pen., che impone
l’obbligo della motivazione dei provvedimenti giurisdizionali (Sez. Un. 28-5-2003, n. 25080,
Pellegrino, CED Cass. n. 224611).
Questo vizio è ravvisabile allorché la motivazione sia completamente priva dei requisiti minimi
di coerenza e di completezza, al punto da risultare inidonea a rendere comprensibile l’iter
logico seguito dal giudice di merito, oppure le linee argomentative siano talmente scoordinate
da rendere oscure le ragioni che hanno giustificato il provvedi mento. La carenza assoluta di un
riconoscibile apparato argomentativo, qualificabile come inosservanza della specifica norma
processuale che impone, a pena di nullità, l’obbligo di motivazione dei provvedimenti
giurisdizionali, non ha infatti perso l’intrinseca consistenza del vizio di violazione di legge,
differenziandosi pertanto dai difetti logici della motivazione.
Nel caso di specie, il primo Giudice e la Corte territoriale hanno dato adeguatamente conto
degli elementi fattuali da cui hanno desunto il giudizio formulato sulla sussistenza della
pericolosità sociale.
2. Alla declaratoria di inammissibilità segue, per legge, la condanna del ricorrente al

pagamento delle spese processuali e di euro 1000 in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 5 febbraio 2015

3

cod.proc.pen., hanno chiarito, con formulazione di portata generale e quindi estensibile al

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA