Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 25525 del 18/05/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 25525 Anno 2015
Presidente: SAVANI PIERO
Relatore: PALLA STEFANO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
DANTI SILVIA N. IL 18/06/1969
avverso la sentenza n. 4289/2013 CORTE APPELLO di ROMA, del
05/12/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 18/05/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. STEFANO PALLA
Udito il Procuratore Generale in persona dei Dott. rerAmh ,9″ 1°A.a.
che ha concluso per

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Vo4″-e

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

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Data Udienza: 18/05/2015

Danti Silvia ricorre avverso la sentenza 5.12.13 della Corte di appello di Roma che ha confermato
quella, in data 17.6.11, del Tribunale di Viterbo con la quale è stata condannata — con la
concessione dei doppi benefici di legge – alla pena di mesi tre di reclusione per il reato di cui
all’art.483 c.p., consistito in false dichiarazioni, nella domanda di partecipazione ad una gara di
appalto, circa i presupposti legittimanti la partecipazione stessa, nei termini di cui all’imputazione.

Danti destinata ad essere trasfusa in alcun atto pubblico, avendo solo avuto — ai sensi del disposto di
cui al secondo comma dell’art.38 del d.lgs. n.163/06 — la funzione di attestare il possesso di alcuno
dei requisiti di ordine generale di ammissione alle procedure di affidamento delle concessioni e
degli appalti di lavori, forniture e servizi di cui al precedente primo comma, rimanendo confinata in
una dichiarazione del privato annessa alla domanda di partecipazione alla procedura e destinata ad
essere sottoposta a verifica.
E’ dunque esclusa, sotto il profilo soggettivo — prosegue la difesa della ricorrente — ogni
riconducibilità delle dichiarazioni sostitutive alla previsione dell’art.2699 c.c. e quindi il mendacio
in dichiarazioni di cui agli artt.46 e 47 t.u. sulla documentazione amministrativa non è riconducibile
alla fattispecie di cui all’art.483 c.p., nè — si sostiene con il secondo motivo — può essere condiviso
l’assunto che, rispetto alla generale regolarità contributiva (e non rispetto a specifici adempimenti),
sia dato ammettere una dichiarazione sostitutiva di certificazione, con la conseguenza che la
dichiarazione estranea al perimetro applicativo dell’art.46, lett.p) D.P.R. n.445/2000 non può essere
assoggettata al regime punitivo che caratterizza il mendacio con riferimento alle autocertificazioni
investenti stati, qualità personali e fatti espressamente contemplati dall’elencazione in esame.
Osserva la Corte come, nella insussistenza di elementi per una pronuncia assolutoria ex art.129,
comma 2, c.p.p., la non manifesta infondatezza dei motivi di ricorso non possa che comportare,
essendo maturati, alla data odierna, i termini di prescrizione del reato di cui all’art.483 c.p.
(contestato come commesso 1’8.1.07), in assenza di periodi di sospensione, l’annullamento senza
rinvio della sentenza impugnata per essere il reato estinto ai sensi dell’art.157 c.p.

Deduce la ricorrente, con il primo motivo, violazione di legge per non essere la dichiarazione della

P.Q.M.
Annulla senza rinvio l’impugnata sentenza per essere il reato estinto per prescrizione.

Roma, 18 maggio 2015

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