Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 25522 del 18/05/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 25522 Anno 2015
Presidente: SAVANI PIERO
Relatore: PALLA STEFANO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
TAVARNER PIERLUIGI N. IL 26/03/1957
avverso la sentenza n. 2097/2012 CORTE APPELLO di L’AQUILA,
del 07/11/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 18/05/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. STEFANO PALLA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Sgto..(rk
che ha concluso per f irgg” ev…k
Lt; a”:11«: 14-Lt “t• CO191 .

Udito, per la parte civile, l’Avv Itre.Za..Uditi difensor Avv. $4 OkAn’41 041(

1).

Data Udienza: 18/05/2015

FATTO E DIRITTO

Tavarner Pierluigi, rappresentante legale della `Quatermaster s.p.a.’, con sede in Mosciano
Sant’Angelo (Te), ricorre avverso la sentenza 7.11.13 della Corte di appello di L’Aquila con la
quale, in parziale riforma di quella in data 30.6.11 del Tribunale di Teramo-sezione di Giulianova, è

ex art.8 l cpv. c.p., limitatamente ai fatti commessi fino al 24.7.05, perché estinti per prescrizione,
ed è stata rideterminata la pena — già dichiarata condizionalmente sospesa — per la parte residua
d’imputazione, in anni uno e mesi tre di reclusione, con eliminazione della misura di sicurezza della
libertà vigilata e la conferma delle statuizioni civili di condanna al risarcimento dei danni, in favore
delle costituite parti civili, da liquidarsi in separata sede.
Al Taverner è contestato — secondo la stessa narrativa del giudice di appello — di aver acquistato
tessuti da Paesi extra CEE e di aver inviato tale materia prima, in regime di esenzione doganale, in
Romania e in Macedonia, presso aziende con le quali la Quatermaster’ aveva stipulato accordi
commerciali per la realizzazione di capi di vestiario completi, ottenendo l’esenzione dai dazi
doganali in esportazione attraverso là falsa dichiarazione di provenienza CEE delle predette materie
prime e quindi, da parte dei funzionari dell’Agenzia delle dogane indotti in errore, della
certificazione EUR 1, teirnportando dalla Romania e dulta Macedonia í
esenzione dai dazi doganali di importazione, avendo ottenuto le aziende di quei Paesi a loro volta,
grazie alla originaria certificazione di provenienza delle materie prime, un secondo certificato
EUR1 .
La `Quatermaster’ pertanto, seeorido quanto’ sostenuto . dai giudici di merito, che avevano ritenuto
provata la colpevolezza del Taverner sulla base – della documentazione acquisita e delle dichiarazioni
di Tuzzato Laura, funzionario dell’Agenzia delle dogane di Pescara, la quale aveva ricostruito i vari

passaggi ed i meccanismi di import-export delle materie prime e della merce lavoràta, aveva lucrato

stato dichiarato non doversi procedere in ordine ai reati di falso e contrabbando ascrittigli, unificati

’ingenti guadagni consistiti nell’evasione dei tributi di confine (dazio e I.V.A.), nell’arco degli anni
2004-2006, pari a e 624.780,00.
Deduce il ricorrente, nel chiedere l’annullamento dell’impugnata sentenza, con il primo motivo
violazione dell’art.606, comma 1, lett.b) ed e) c.p.p., sostenendo che la certificazione EUR 1,
idonea all’ottenimento del beneficio della esenzione daziaria, era stata giustamente rilasciata dalle

autorità doganali italiane senza che venisse esperita la procedura di cui agli artt.28 e 32 del
protocollo 4, dell’Accordo europeo che istituisce un’associazione tra le Comunità europee e i loro
Stati membri da una parte e la Romania e la Repubblica di Macedonia dall’altra, procedura
richiedente che i documenti EUR 1 debbano essere rispediti da parte del Paese importatore a quello
esportatore qualora sorgano dubbi sull’origine preferenziale della merce con conseguente
inapplicabilità del regime preferenziale.
Se entro dieci mesi il Paese esportatore non risponda alla richiesta oppure non emerga con
sufficiente chiarezza l’effettiva origine dei prodotti, si verifica l’esclusione dal regime preferenziale.
Senonchè — lamenta il ricorrente — dal processo di constatazione redatto il 29.4.08 dall’Agenzia
delle dogane di Pescara non risultava la procedura ora indicata e pertanto l’attività istruttoria che
aveva condotto il Taverner al rinvio a giudizio prima e alla celebrazione del processo poi era da
considerare nulla per la improcedibilità dell’azione penale e non era condivisibile l’assunto della
Corte aquilana che aveva ritenuto l’applicabilità di tale procedura solo ai casi di insorgenza di un
sospetto da parte del Paese importatore sui documenti rilasciati da altro Stato, in quanto detta
procedura di accertamento andava necessariamente applicata per verificare, indipendentemente
dalla iniziale provenienza della materia prima, se quest’ultima avesse subito o meno trasformazioni
tali da dare vita ad un nuovo prodotto ovvero da costituire una fase importante del processo di
fabbricazione, da poter quindi essere considerata come comunitaria ovvero — come nel caso di
specie — ‘jugoslava o macedone’ (art.24 del Regolamento CEE n.2913/92).

autorità romene e macedoni e tali certificazioni non potevano essere considerate irregolari dalle

ton il secondo motivo si deduce violazione dell’art.606, comma 1, lett.e) c.p.p. per
contraddittorietà e/o manifesta illogicità della motivazione circa il motivo di gravame, dotato del
requisito della decisività, relativo alla trasformazione in ambito comunitario del tessuto greggio
importato in pezze finite di stoffa, con l’attribuzione dell’origine preferenziale e conseguente
esenzione daziaria.

tessuti, mentre quella reimportata rientrava nell’ambito del capitolo 62 del Regolamento CEE
n.2454/93, che fa riferimento al concetto di confezione completa di cui all’allegato 9 del predetto
Regolamento, il quale stabilisce che per confezione completa si intendono tutte le operazione che
devono essere effettuate successivamente al taglio dei tessuti o alla modellatura delle stoffe a
maglia, con la conseguenza che le merci oggetto del presente procedimento devono essere
considerate di origine romena o macedone, perché in detti Paesi erano state eseguite le
trasformazioni di cui all’art.24 del Regolamento citato, soddisfacendo le condizioni di cui agli artt.9
e 10 del Regolamento CEE n.2453/93, per cui i certificati EUR 1 potevano essere emessi dalle
autorità romene e macedoni ed il dazio sarebbe comunque risultato sempre pari a zero,
indipendentemente dal corrispondente certificato EUR 1 italiano, attesi gli accordi bilaterali tra
l’Italia e le Repubbliche di Romania e di Macedonia che hanno esentato le merci provenienti da
detti Paesi dai diritti di confine.
In particolare —prosegue il ricorrente — il protocollo 4, allegato 2, dell’accordo bilaterale tra Italia,
Romania e Macedonia (pubblicato sulla G.U. dell’Unione europea del 20.3.04), che detta la
disciplina relativa alla definizione della nozione di ‘prodotti originari’, riporta l’elenco delle
lavorazioni o trasformazioni a cui devono essere sottoposti i materiali non originari affinché il
prodotto trasformato possa avere il carattere di prodotto originario e, più specificamente, alle voci
doganali di cui al capitolo 62, si rinviene la specifica secondo la quale i prodotti per ottenere la
qualifica di origine possono partire da filati ovvero da tessuti non ricamati, il cui valore non ecceda
il 40% del prezzo franco fabbrica del prodotto.

La merce esportata dalla `Quatermaster’ — sostiene il ricorrente – era composta nella sua totalità da

Un tale calcolo doveva essere operato su ogni singolo capo realizzato onde verificare se la materia

prima, cioè il tessuto fornito dalla `Quatermaster’, eccedesse o meno il predetto valore, per poter
quindi stabilire se si fosse o meno in presenza di un prodotto originario, come previsto dagli accordi
bilaterali con Romania e Macedonia, e pertanto, per poter contestare l’emissione del certificato
EUR 1 da parte delle autorità romene e macedoni, indipendentemente dalla presenza dell’analogo

certificato emesso dalle autorità doganali italiane, l’Autorità doganale di Pescara avrebbe dovuto:a)
esaminare ogni singola bolla doganale;b) all’interno della bolla doganale, esaminare ogni singola
fattura; c) su ogni singola fattura distinguere gli indumenti per uomo, donna, ragazza e bambino;d)
individuare per ogni singola contestazione la relativa voce doganale, presupposto indispensabile per
l’applicazione delle norme sull’origine ai fini impositivi; e) chiedere all’autorità esportatrice la
verifica della corrispondenza tra le voci doganali dichiarate e quelle accertate; f) effettuare i calcoli
percentuali dei prodotti non originari presenti nel prodotto finito ai fini dell’accertamento
dell’origine; g) eventualmente contestare soltanto ciò che risultava non corrispondente alle norme
sopra indicate.
Poiché la `Quatermaster’ aveva reimpdltato prodotti finiti, per i quali non erano previsti dazi
doganali, in virtù degli accordi bilaterali, il Taverner non poteva materialmente commettere il reato
di contrabbando.
Con il terzo motivo si censura la mancata concessione delle attenuanti generiche, in considerazione
della buona fede che aveva comunque sempre caratterizzato la condotta dell’imputato, avendo la
`Quatermaster’ acquistato i tessuti in oggetto per oltre il 90% da fornitori italiani ed europei ed
avendo il Taverner dichiarato tale provenienza sulle liste di valorizzazione, inserendo anche l’inciso
, a conferma che quanto dallo stesso dichiarato, per quanto a sua
conoscenza, corrispondeva al vero, mentre la restante minima parte di materia prima, acquistata
direttamente da fornitori extra-CEE, era stata ‘nazionalizzata’ con il pagamento dei rispettivi dazi.
Quanto, infine, al danno erariale, non era comunque quantificabile nella misura indicata in sentenza,
in quanto la Commissione Tributaria provinciale di Pescara, in accoglimento del ricorso presentato

(.1

’ dalla `Quatermaster’ avverso l’avviso di accertamento n.200821726, aveva annullato l’atto
impugnato riguardo all’I.V.A. e ai relativi interessi.
Con memoria pervenuta alla cancelleria di questa Sezione il 5.5.15, il difensore delle parti civili,
rilevata la totale infondatezza dei motivi di ricorso, ha chiesto la conferma della sentenza
impugnata, con vittoria di spese.

Osserva la Corte che il ricorso non è fondato.
Con motivazione che non esula dai canoni della logica e risulta aderente al contenuto degli elementi
probatori acquisiti, i giudici aquilani, nel ritenere non attuabili, nel caso di specie, le procedure
indicate dalla difesa dell’imputato e di cui agli artt.28 del Protocollo 4 dell’Accordo europeo – che
istituisce un’associazione tra le Comunità europee e la Romania — e 32 dell’Accordo di
stabilizzazione e di associazione tra le Comunità europee e la Repubblica di Macedonia, hanno
evidenziato come tali procedure siano previste solo allorchè le autorità doganali di uno Stato
abbiano ragionevole motivo di dubitare della autenticità di documenti rilasciati da altro Stato, ma
nel caso in esame proprio il carattere originario delle merci risultava escluso dagli accertamenti
svolti sulla materia prima importata, con conseguente accertamento ab origine delle violazioni di
legge denunciate.
Al riguardo, infatti — hanno rimarcato i giudici di appello — era rimasto chiaramente acclarato in
punto di fatto, risultando dalle informazioni acquisite dagli accertatori e dai fogli excel forniti dalla
stessa società del Tavarner, in cui erano descritte le operazioni effettuate e l’origine dei tessuti, la
provenienza extra CEE di questi ultimi e pertanto i certificati EUR 1 rilasciati dalle autorità
doganali italiane su richiesta della ‘ Quatermaster s.p.a.’ sono risultati ideologicamente falsi proprio
perché si fondavano sulla non veritiera attestazione della provenienza comunitaria delle materie
prime.
Era stata la stessa `Quatermaster’ — hanno ancora precisato i giudici territoriali — ad acquistare la
materia prima direttamente presso soggetti con sede in Paesi extra CEE e tale materia prima, di
provenienza quindi non comunitaria, era poi stata inviata dalla società dell’imputato in Romania e
i;

in Macedonia, in esenzione totale dai dazi doganali, utilizzando cioè i certificati EUR 1
fraudolentemente ottenuti.
A loro volta, le aziende macedoni e romene, per poter ottenere l’esenzione doganale in esportazione
verso l’Italia, avrebbero dovuto operare — secondo i Protocolli stipulati tra la UE e i predetti Paesi solo utilizzando, per i prodotti realizzati in quei Paesi, materiali originari CEE o di altri Paesi con i

Solo in tal modo i prodotti ivi realizzati avrebbero potuto essere considerati come ‘originari’ ed
ottenere l’esenzione doganale in esportazione verso l’Italia previo ottenimento dei certificati EUR1.
Sul punto, pertanto, le articolate e pur pregevoli argomentazioni della difesa del Tavemer non
sembrano tenere nel dovuto conto l’origine comunque extra CEE dei prodotti (tessuti) esportati
dalla `Quatermaster’, laddove il dichiarante, nelle operazioni oggetto delle imputazioni, aveva
sistematicamente presentato documentazione, al fine di ottenere il rilascio dei certificati EUR 1,
ideologicamente falsa proprio perché attestante l’origine preferenziale dei tessuti, con la falsa
dicitura indicata al punto 2 del capo A) dell’imputazione, finalizzata proprio all’ottenimento dei
certificati EUR 1 (con conseguente esenzione totale dalle imposte doganali), realizzando così, dopo
l’avvenuta emissione dei predetti certificati, una frode all’esportazione nei termini di cui
all’imputazione sub A).
Poiche però, secondo quanto indicato nella sentenza impugnata, l’ultima operazione di
importazione dalla Romania ha avuto luogo il 5.8.06 e l’ultima operazione di importazione dalla
Macedonia è avvenuta in data 19.12.05, tutti i reati, alla data odierna, risultano prescritti, in quanto
il termine massimo di prescrizione, computati i periodi di sospensione (mesi 9 e giorni 13
complessivi, come risultanti dalla sentenza della Corte aquilana), è maturato il 18.11.14.
La non manifesta infondatezza dei motivi di ricorso, consentendo il formarsi di un valido rapporto
di impugnazione, impone quindi di rilevare, in applicazione dell’art.129 c.p.p., la causa di
estinzione dei reati rappresentata dalla intervenuta prescrizione.

quali erano state concluse analoghe convenzioni.

La sentenza impugnata va quindi annullata, agli effetti, penali, senza rinvio per essere i reati ascritti
a Tavarner Pierluigi estinti ai sensi dell’art.157 c.p., mentre il ricorso va rigettato agli effetti civili,
con conseguente conferma delle relative statuizioni — non suscettibili di modifica alcuna, né di
`riprecisazione’ nei termini indicati dal difensore delle parti civili in sede di conclusioni, in assenza
di documentato motivo di appello sul punto e di condanna generica al risarcimento dei danni, senza

dalle parti civili per il presente giudizio, tutte rappresentate dall’Avv. Lucia Umile, che si reputa di
dover quantificare in complessivi € 4.900,00, oltre accessori come per legge.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata per essere i reati estinti per prescrizione.
Rigetta il ricorso agli effetti civili e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese sostenute dalle
parti civili, liquidate in complessivi € 4.900,00, oltre accessori di legge.
Roma, 18 maggio 2015

assegnazione di provvisionale alcuna — e condanna del ricorrente alla rifusione delle spese sostenute

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