Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 25513 del 18/05/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 25513 Anno 2015
Presidente: SAVANI PIERO
Relatore: PALLA STEFANO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SERIO SISTO GIUSEPPE N. IL 19/05/1963
avverso la sentenza n. 788/2012 CORTE APPELLO SEZ.DIST. di
TARANTO, del 04/03/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 18/05/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. STEFANO PALLA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. jou,„ch
che ha concluso per
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Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

Data Udienza: 18/05/2015

FATTO E DIRITTO
Serio Sisto Giuseppe ricorre avverso la sentenza 4.3.14 della Corte di appello di Lecce-sezione di
Taranto che ha confermato quella, in data 30.11.11, del Tribunale di Taranto-sezione di Grottaglie
con la quale è stato condannato alla pena di mesi cinque di reclusione per il reato di cui all’art.483
c.p., consistito nella falsa attestazione, resa nella dichiarazione presentata al Tribunale di Grottaglie

Deduce il ricorrente, con il primo motivo, l’intervenuta prescrizione del reato, maturata nell’agosto
del 2013, prima quindi della pronuncia della sentenza di secondo grado.
Con il secondo motivo si deduce violazione dell’art.606, comma 1, lett.e) c.p.p. per non essere
risultato provato che l’imputato, nel depositare l’istanza di ammissione al beneficio, avesse
coscientemente e volontariamente indicato falsi redditi, anche perché non poteva negarsi che
corrispondesse a verità la dichiarazione di non avere redditi comunque superiori alla soglia di
ammissione al beneficio richiesto.
Il comportamento tenuto, pertanto, non offendeva la fede pubblica e, al più, doveva applicarsi la
scriminante di cui al comma 2 dell’art.49 c.p., trattandosi di falso innocuo.
Con il terzo motivo si censura la mancata concessione delle attenuanti generiche, negate con mere
frasi di stile.
Osserva la Corte che il primo motivo è manifestamente infondato poiché al momento della
pronuncia della sentenza di secondo grado non era ancora maturato il termine massimo di
prescrizione del reato (anni sette e mesi sei), dovendosi computare anche il periodo di sospensione
di mesi 5 e giorni 15 (dal 15.6.11 al 30.11.11) determinato dall’astensione dalle udienze proclamata
dall’Ordine forense, per cui il relativo termine è maturato solo il 9.3.14., senza però che ciò possa
comportare in questa sede una pronuncia ai sensi dell’art.129 c.p.p. per la manifesta infondatezza
dei motivi di ricorso (v. Sez.un., 22 novembre 2000, n.32, De Luca).
Manifestamente infondato è, infatti, anche il secondo motivo, dal momento che, incontestata la
falsità della dichiarazione di ammissione al patrocinio a spese dello Stato presentata dal Serio,

per essere ammesso al patrocinio a spese dello Stato, di non percepire redditi.

l’asserita innocuità del falso non è configurabile proprio perché — come perspicuamente evidenziato
dai giudici di appello — l’entità del reddito percepito dal nucleo familiare dell’imputato, quale
accertato dall’Agenzia delle entrate di Taranto, per l’anno 2005 (anno di riferimento per
l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato in esame) comportava comunque il superamento dei
limiti di reddito previsti dagli artt.76 e 92 del D.P.R. 11.115/02 (tanto che l’ammissione al patrocinio

giudici di merito, con riferimento all’elemento soggettivo del reato di cui all’art.483 c.p., hanno
escluso il prospettato errore proprio perché nella dichiarazione in oggetto l’imputato ha indicato in
modo radicale l’assenza di reddito a fronte di un reddito complessivo accertato invece di oltre
13.000,00 euro.
Del tutto legittimamente, infine, sono state negate al Serio le attenuanti generiche anche in ragione
dei precedenti penali del prevenuto, trattandosi di parametro considerato dall’art.133 c.p. ed
applicabile anche ai fini di cui all’art.62-bis c.p., senza che l’imputato in questa sede abbia
prospettato concreti elementi di segno positivo non considerati dai giudici di merito.
Alla inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende che reputasi equo determinare in
e 1.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e
della somma di € 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Roma, 18 maggio 2015

gratuito è stata al Serio revocata con provvedimento 14.3.07) e pertanto non certo illogicamente i

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