Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 25508 del 18/05/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 25508 Anno 2015
Presidente: SAVANI PIERO
Relatore: PALLA STEFANO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SUCCI PATRIZIA N. IL 14/11/1964
avverso la sentenza n. 8/2012 TRIBUNALE di TIVOLI, del 07/05/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 18/05/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. STEFANO PALLA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. S 10,44.
che ha concluso per .f
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Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

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Data Udienza: 18/05/2015

FATTO E DIRITTO

Succi Patrizia ricorre avverso la sentenza 7.5.13 del Tribunale di Tivoli che ha confermato quella in
data 6.7.12 del locale giudice di pace con la quale è stata condannata alla pena di € 800,00 di multa
e al risarcimento dei danni in favore della parte civile, per il reato di diffamazione consistito

nella quale riferiva che il 29.1.07 era stata vittima di un’aggressione da parte di uno sconosciuto, in
seguito alla quale aveva riportato lesioni giudicate guaribili in 5 giorni, e che Rizzitiello Giovanna,
medico, aveva assistito inerte all’aggressione limitandosi, allorchè la Succi era stata colpita con un
pugno in viso dall’aggressore, cadendo in terra, ad avvicinarsi con assoluto disinteresse per
verificare se l’aggredita avesse riportato traumi palpabili al tatto, allontanandosi poi senza allertare
il personale della vicina farmacia o i carabinieri e la polizia.
Deduce la ricorrente, nel chiedere l’annullamento dell’impugnata sentenza, con il primo motivo
violazione dell’art.606, comma 1, lett.b) ed e) c.p.p., per non avere i giudici territoriali riconosciuto
l’esimente del diritto di critica, dal momento che la missiva inviata all’ordine dei medici aveva
avuto la finalità di segnalare la condotta del medico che, nell’occasione, non era stata conforme ai
dettami deontologici quanto alle modalità di assistenza ed intervento.
Era stato rispettato — prosegue la ricorrente — il requisito della continenza, nella descrizione del
fugace, superficiale ed esiguo intervento del medico che, come anche riferito dai testi Enasi e
Falcioni, si era allontanato , ma — si lamenta con il secondo motivo —
entrambi i giudici di merito non avevano fornito alcuna motivazione in punto di esimente del diritto
di critica, in relazione agli artt.598 c.p. e 21 Cost., pur a fronte della esposizione di un fatto vero
(anche se putativo, nel pieno convincimento dell’autore dell’esposto).
Con il terzo motivo si lamenta violazione dell’art.606, comma 1, lett.b) ed e) c.p.p. per omessa
valida motivazione relativamente alla affermazione per cui i fatti non si sarebbero svolti secondo

nell’aver inviato una missiva all’Ordine provinciale di Roma dei medici chirurghi ed odontoiatri

quanto riportato nell’esposto e circa la non credibilità dei testi Enasi, Galante e Falcioni, che
avevano invece confermato il fugace, negligente e frettoloso intervento medico.
Con il quarto motivo si censura la ritenuta sussistenza, solo presunta, dell’elemento psicologico del
reato di diffamazione, non avendo i giudici considerato che l’imputata non aveva alcun motivo di
inimicizia per incolpare il medico ingiustamente e, con il quinto motivo, si lamenta omessa

giudici di merito, laddove invece le veritiere affermazioni contenute nell’esposto non si erano
tradotte in attacchi alla persona, ma avevano riguardato solo il modus operandi di un professionista,
che ben poteva essere oggetto di critiche e censure.
Con il sesto motivo si deduce l’assenza del requisito oggettivo, previsto dall’art.595 c.p., della
comunicazione con più persone, essendo la segnalazione stata inviata in busta chiusa ad un ordine
professionale, in forma riservata, senza la possibilità per i terzi di accedere al contenuto, di carattere
secretato.
Con il settimo motivo si lamenta la mancata adeguata motivazione in merito al contenuto delle
dichiarazioni dei testi a difesa, tutte coerenti, genuine e rispondenti alla realtà dei fatti così come
narrati dalla querelata, nonché di quelle di quest’ultima, che erano state travisate ponendo i giudici
a fondamento della pronuncia di colpevolezza le dichiarazioni della querelante rese dinanzi al
giudice di pace, nonché — si lamenta con l’ottavo ed il nono motivo — quelle dei testi dalla stessa
indicati ( Di Dino e Mauro), che erano comparsi solo a distanza di due armi dai fatti e si erano
contraddetti, affermando di essere a circa 200 metri di distanza e non ricordando quale attività
avesse nell’occasione prestato il medico.
Inoltre — si censura con il decimo motivo — la querelante, a riprova della falsità dei propri assunti,
aveva fornito ben tre diverse prospettazioni dei fatti, contraddittorie tra di loro, non riuscendo
peraltro, nella querela, a fornire alcuna prova della esistenza di idonea attività medica ed
affermando falsamente, in sede di esame testimoniale, di aver atteso l’arrivo del marito della Succi
prima di andare via.

motivazione in punto di sussistenza dell’offesa alla reputazione, solo genericamente affermata dai

Con l’undicesimo motivo si lamenta ancora contraddittoria ed illogica motivazione nella parte in
cui la condotta del sanitario era stata legittimata sull’assunto che la querelata non aveva riportato
gravi traumi, senza considerare però che la Succi era sdraiata in terra, da sola, con un ‘bernoccolo’
in testa e ciò nonostante il medico si era allontanato ‘alla chetichella’, incorrendo così in gravi
violazioni di norme deontologiche e penali.

Con il dodicesimo motivo si lamenta la mancata pronuncia assolutoria sulla base della segnalazione
all’ordine dei medici inviata solo a distanza dai fatti e non nell’immediatezza, pur riconoscendo i
giudici un comprensibile stato di agitazione e confusione per l’aggressione subita dalla Succi.
Con il tredicesimo motivo si lamenta la mancata assoluzione ai sensi del secondo o del terzo comma
dell’art.530 c.p.p. e, con il quattordicesimo motivo, si deduce illogicità della motivazione per avere
il giudice di appello affermato che l’esposto era stato inviato , pur riconoscendo fondata la circostanza per la quale mai il medico, neppure
successivamente ai fatti, si era premurato di assumere notizie sulle condizioni della Succi.
Con il quindicesimo motivo si lamenta mancata motivazione sul reale convincimento della
querelata in merito alla verità, anche putativa, dei fatti assunti, frutto di un personale convincimento
e, con il sedicesimo motivo, si chiede la sospensione dell’impugnata sentenza e la riforma anche per
il capo riguardante le statuizioni civili, stante l’infondatezza dell’impianto accusatorio.
Con il diciassettesimo motivo si chiede il rigetto della richiesta risarcitoria avanzata dalla parte
civile costituita, con condanna della querelante ai danni e alle spese, in via equitativa, e, con il
diciottesimo e ultimo motivo si chiede di disporre, anche d’ufficio e l’effettuazione, ove necessario, di un confronto tra le parti.
Con memoria depositata il 29.4.15, la ricorrente, nel riportarsi ai motivi di gravame, deduce
violazione dell’art.337 c.p.p., con conseguente improcedibilità dell’azione penale per nullità
conseguente alla omessa autenticazione della sottoscrizione apposta sull’atto di querela, risultando

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solo, con atto a parte, una mera delega in favore del legale alla relativa presentazione, senza peraltro
alcuna allegazione di formale nomina del difensore di fiducia.
Osserva la Corte che la dedotta violazione di natura processuale è fondata, con efficacia assorbente.
L’art.337, comma 1, c.p.p., che richiama le forme prescritte per la denuncia dall’art.333, comma 2,
c.p.p., pone la sottoscrizione del querelante come requisito di forma essenziale per la validità della

un’ulteriore formalità nel caso in cui — come quello di specie — essa venga recapitata da un
incaricato.
A tale fine, quindi, per l’autenticazione non necessitano formule specifiche, essendo solo
necessario che essa avvenga ad opera del soggetto a ciò abilitato e che abbia accertato l’identità
della persona che sottoscrive (Cass., sez.V, 11 marzo 2004, n.16260), ma la mancata autenticazione
della sottoscrizione determina l’improcedibilità dell’azione penale, per l’ipotesi in cui — come
quella di specie — la querela non venga presentata personalmente dall’interessato, ma venga
recapitata da un incaricato, riflettendosi sulla garanzia di sicura provenienza dell’atto dal titolare del
diritto di querela (Cass., sez.II, 4 febbraio 2014, n.5527).
Poiché nel caso in esame la denuncia-querela è stata ricevuta da personale della polizia giudiziaria
presso la Procura di Tivoli il 7.3.08 e la querelante Rizzitiello Giovanna non era personalmente
presente, avendo presentato una delega per il deposito del predetto atto all’Avv. Claudia Pelagalli,
la mancata autenticazione della sottoscrizione della querelante, sia in calce all’atto di querela, sia in
sede di rilascio della delega, ha violato il disposto di cui al comma 1 dell’art.337 c.p.p., a nulla
rilevando in proposito che la delega sia contenuta su un foglio recante la intestazione dell’Avv.
Pelagalli, dal momento che manca comunque qualunque autenticazione della sottoscrizione della
querelante Rizzitiello.
Ne consegue l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata perché l’azione penale non
poteva essere iniziata per difetto di valida querela.

querela, allorquando essa viene presentata per iscritto, mentre la sottoscrizione autentica costituisce

P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché l’azione penale non poteva essere iniziata per
difetto di querela.

Roma, 18 maggio 2015

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