Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 25502 del 12/05/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 25502 Anno 2015
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: DE MARZO GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
D’AMBROGIO GASPARE N. IL 17/09/1966
avverso la sentenza n. 1012/2011 CORTE APPELLO di MESSINA, del
04/04/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 12/05/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GIUSEPPE DE MARZO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per (7,9,,
coi 0

Udito,

a parte civile, l’Avv
r Avv.

Data Udienza: 12/05/2015

Ritenuto in fatto
1. Con sentenza del 04/04/2014 la Corte d’appello di Milano ha confermato
l’affermazione di responsabilità di Gaspare D’Ambrogio, con riferimento ai reati di
cui: a) agli artt. 110, 624-bis, primo e terzo comma, in relazione all’art. 625,
comma primo, n. 2 e 61, n. 5, cod. pen., per essersi, in concorso con altro
soggetto non identificato, introdotto nell’abitazione di Maria La Rosa ed essersi
impossessato di un blocchetto di assegni, della somma di euro 350,00 e delle
chiavi dell’abitazione; b) agli artt. 81, 385, commi primo e terzo, cod. pen., per

domiciliari.
2. Nell’interesse dell’imputato è stato proposto ricorso per cassazione, affidato ai
seguenti motivi.
2.1. Con il primo motivo si lamentano violazione di legge nonché vizi
motivazionali, in relazione agli artt. 624-bis e 625, comma primo, n. 2, cod. pen.
In particolare, si rileva che la Corte territoriale illogicamente avrebbe ritenuto
attendibile quanto riferito dalla persona offesa, dopo avere riconosciuto che il
contrasto tra le varie dichiarazioni era determinato dalla volontà della donna di
mascherare l’ingenuità commessa, quando aveva aperto la porta a due
sconosciuti. Il ricorrente aggiunge che le discrasie presenti nelle diverse versioni
non sono di secondaria importanza, in quanto attengono alle modalità attraverso
le quali si sarebbe realizzato l’ingresso degli autori del furto nella sua abitazione.
Si osserva, ancora, che la vittima non aveva operato alcuna descrizione
minuziosa delle caratteristiche fisico

somatiche del correi, limitandosi a riferire

che erano “giovani ben vestiti di circa trent’anni, di cui un uomo biondo ed una
donna con un berretto”, ossia caratteristiche non riconducibili all’imputato, che,
all’epoca dei fatti, aveva 41 anni. Alla stregua di tali considerazioni, si torna a
ribadire che l’individuazione fotografica era avvenuta solo quando la compagna
del ricorrente era stata fermata, in quanto ripresa a portare all’incasso uno degli
assegni sottratti alla persona offesa.
Infine, si osserva che illogicamente la sentenza aveva svalutato la circostanza
che l’imputato, nell’ora in cui, secondo la vittima, il fatto era stato commesso, si
trovava presso il SERT di Messina, ubicato in tutt’altra parte della città.
2.2. Con il secondo motivo, si lamentano vizi motivazionali nonché violazione di
legge, con riferimento alla ritenuta sussistenza della circostanza aggravante di
cui all’art. 61, n. 5, cod. pen., sottolineando che la persona offesa viveva da sola
e non era affetta da alcuna patologia comportante il decadimento delle sue

facoltà mentali e che comunque le sue dichiarazioni erano, per le ragioni indicate
nel primo motivo, contraddittorie.

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essersi allontanato dall’abitazione presso cui era ristretto in regime degli arresti

2.3. Con il terzo motivo si lamentano vizi motivazionali e violazione di legge, in
relazione agli artt. 63, comma quarto, e 133 cod. pen., rilevando che, venendo
in questione due circostanze ad effetto speciale, la Corte territoriale avrebbe
dovuto applicare la pena prevista per la circostanza più grave, senza possibilità
di procedere ad ulteriore aumento di 2/3, così come invece aveva fatto,
superando il limite consentito dalla legge e omettendo qualunque motivazione
sul punto.
2.4. Con il quarto motivo si lamentano vizi motivazionali in relazione

2.5. Con il quinto motivo si lamentano vizi motivazionali in relazione
all’affermazione di responsabilità per il delitto di evasione, sottolineando che il
mancato arresto in flagranza del D’Ambrogio e l’avvertita necessità degli
operatori di recarsi presso l’abitazione dell’imputato, dove veniva rinvenuto,
dimostrano che il riconoscimento da parte degli agenti era stato formulato in
termini di mera verosimiglianza.
Considerato in diritto
1. La prima articolazione del primo motivo è inammissibile, poiché, come
esattamente colto dalla Corte territoriale, le diversità nelle ricostruzioni della
donna attengono alle modalità dell’ingresso, al fine di mascherare, secondo
quanto, del resto, non contesta il ricorrente, l’ingenuità di avere aperto la porta a
degli sconosciuti, ma non dimostrano, per quanto emerge dal ricorso, alcuna
divergenza nelle fasi esecutive e soprattutto nella individuazione di una delle due
persone che si introdusse nell’abitazione.
La seconda articolazione è, del pari, inammissibile, avendo la Corte
razionalmente svalutato l’elemento dell’età apparente dell’autore del furto,
peraltro non distante da quella effettiva e tutt’altro che idonea a descrivere con
esattezza una persona, e avendo invece sottolineato come la suggestione che
sarebbe stata provocata nella persona offesa, al momento del riconoscimento
dell’imputato, era logicamente smentita dal fatto che la stessa aveva manifestato
apertamente i suoi dubbi nel riconoscere la compagna dell’imputato, che pure
era l’unica persona che, in quel momento, poteva essere collegata alla
commissione del reato.

Infine, con riferimento all’alibi dell’imputato, le critiche del ricorrente omettono di
considerare l’affermazione della Corte, secondo cui la circostanza era affidata alle
mere dichiarazioni del D’Ambrogio, e non si accompagnano all’individuazione
degli elementi processuali dai quali si desumerebbe l’illogicità dell’affermazione
della sentenza impugnata, secondo cui l’orario indicato dalla La Rosa era solo
indicativo, e dai quali emergerebbe l’assoluta impossibilità per l’imputato, ove

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all’applicazione dell’aumento di pena per la recidiva.

anche si fosse trovato presso il SERT, di raggiungere l’abitazione nella quale la
persona offesa lo ha collocato con la sua individuazione fotografica.
2. Infondato è il secondo motivo, giacché l’art. 61, n. 5, cod. pen, nel testo
applicabile ratione temporis,

nel considerare, tra l’altro, alle “circostanze di

persona” tali da ostacolare la privata difesa, certamente non attribuiva rilievo
all’età di per sé considerata (v., ad es., Sez. 2, n. 39023 del 17/09/2008, Cena,
Rv. 241454). Tuttavia, il riferimento contenuto nella sentenza appena citata

all’esistenza di fenomeni di decadimento o di indebolimento delle facoltà mentali

passivo, è correlato alla specifica condotta contestata nel caso di specie e
consistita nel raggirare la persona offesa. Laddove, al contrario, non vengano in
rilievo comportamenti fraudolenti – rispetto ai quali, in effetti, occorre che l’età
abbia in concreto determinato un diminuito apprezzamento critico della realtà ma azioni di fisica prevaricazione, connotata o non da modalità di fisica
aggressione – del tutto ragionevolmente assume significato – e in questo senso
va escluso qualunque errore giuridico della sentenza impugnata – l’avanzatissima
età della vittima, la quale certo non è in grado di fronteggiare due persone che si
siano introdotte nel suo appartamento.
3. Il quarto motivo, da esaminare con priorità logica, perché investe la stessa
sussistenza dei presupposti per l’applicabilità della recidiva, della quale, nel terzo
motivo, si critica la concreta rilevanza nella dosimetria della pena, è
inammissibile, dal momento che, con motivazione che non palesa alcuna
manifesta illogicità, la Corte territoriale ha sottolineato come il certificato del
casellario descriva l’imputato come soggetto dedito ormai da anni a condotte
criminose di ogni genere, seppure nella gran parte indirizzate verso i reati contro
il patrimonio, aggiungendo che il reato contestato nel presente procedimento
dimostra un’accresciuta capacità a delinquere del D’Ambrogio, che non aveva
avuto remore nell’introdursi in casa di un’anziana signora, approfittando della
sua impossibilità di difendersi a cagione dell’età.
4. Il terzo motivo è, invece, fondato, dal momento che la recidiva è circostanza
aggravante ad effetto speciale quando, come nel caso di specie, comporta un
aumento di pena superiore a un terzo e pertanto soggiace, in caso di concorso
con circostanze aggravanti dello stesso tipo, alla regola dell’applicazione della
pena prevista per la circostanza più grave (Sez. U, n. 20798 del 24/02/2011,
Indelicato, Rv. 249664).
Ne discende che, nel concorso tra la recidiva e le circostanze aggravanti a effetto
speciale ritenute, il giudice di merito avrebbe dovuto applicare la pena stabilita
per la circostanza più grave e fornire adeguata motivazione dell’ulteriore
aumento previsto dall’art. 63, comma quarto, cod. pen.

o di ulteriori condizioni personali, quali il basso livello culturale del soggetto

5. Il quinto motivo è, invece, inammissibile, dal momento che le censure svolte
trascurano completamente il rilievo decisivo assegnato dal giudice di primo grado

(ed è appena il caso di ribadire che, essendosi in presenza di una doppia
pronuncia conforme in punto di penale responsabilità dell’imputato, le
motivazioni delle due sentenze di merito vanno ad integrarsi reciprocamente,
saldandosi in un unico complesso argomentativo: cfr., in motivazione, Sez. 2, n.
46273 del 15/11/2011, Battaglia, Rv. 251550) anche alla deposizione del teste
Costantino, il quale aveva riconosciuto con certezza, sia durante le indagini che

si era presentata presso la sua gioielleria per proporgli una “pacificazione” con
un terzo.
6. In conclusione, la sentenza impugnata va annullata limitatamente alla
determinazione del trattamento sanzionatorio.
Occorre, peraltro, ribadire che, attenendo l’accoglimento del ricorso ad alcuni
profili relativi alla dosimetria della pena, il rinvio disposto rende comunque
irretrattabile l’accertamento della responsabilità, per il principio di formazione
progressiva del giudicato, con conseguente inoperatività della prescrizione (al
riguardo, v. Sez. 3, n. 15472 del 20/02/2004, Ragusa, Rv. 228499).
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio con
rinvio alla Corte d’appello di Reggio Calabria per nuovo esame. Rigetta nel resto
il ricorso.
Così deciso in Roma il 12/05/2015

Il Componente estensore

Il Presidente

in dibattimento, l’imputato, all’epoca agli arresti domiciliari, come la persona che

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