Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 25494 del 27/03/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 25494 Anno 2015
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: CAPUTO ANGELO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
DI PUGLIA MIRKO N. IL 20/01/1990
SILVI MIRKO N. IL 11/01/1974
avverso la sentenza n. 27/2009 TRIBUNALE di ALESSANDRIA, del
07/04/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 27/03/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ANGELO CAPUTO

Data Udienza: 27/03/2015

Udito il Sostituto Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte
di cassazione dott. O. Cedrangolo, che ha concluso per l’inammissibilità del
ricorso.

RITENUTO IN FATTO

Con sentenza deliberata in data 07/04/2014, il Tribunale di Alessandria ha
confermato la sentenza del 16/02/2012 con la quale il Giudice di pace di

concorso tra loro, dei reati di ingiuria, minaccia e lesioni in danno di Iancu
Remus, condannandoli alla pena di giustizia e al risarcimento dei danni in favore
della parte civile.
Avverso l’indicata sentenza del Tribunale di Alessandria hanno proposto
ricorso per cassazione, con un unico atto, Di Puglia Mirko e Silvi Mirko,
attraverso il difensore avv. F. Nativi, articolando sei motivi di seguito enunciati
nei limiti di cui all’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.
Il primo motivo denuncia violazione dell’art. 431 cod. proc. pen.: i giudici di
merito pongono a fondamento delle rispettive decisioni il verbale delle sommarie
informazioni rese dal teste Giancarlo Rossotto, verbale acquisito solo ai fini delle
contestazioni del pubblico ministero e non utilizzabile ai fini della decisione sulla
responsabilità penale degli imputati.
Il secondo motivo denuncia vizio di motivazione sull’affermazione della
responsabilità degli imputati. Senza l’espressa dichiarazione di ritenere la
testimonianza della parte civile sufficiente a provare i reati ascritti agli imputati,
la sentenza impugnata ha motivato illogicamente in quanto: ha ritenuto
sufficiente la dichiarazione della persona offesa solo perché coerente e priva di
macroscopiche contraddizioni, senza pronunciarsi sulle critiche proposte con i
motivi di appello; ha assunto come fonte indiziaria la cartella clinica del Pronto
Soccorso, dalla quale non possono trarsi indizi gravi, precisi e concordanti; ha
attribuito valore indiziario determinante alla deposizione del teste Palamone, solo
perché ha riferito che Iancu era scosso e piangente e gli aveva indicato Silvi
quale uno dei suoi aggressori; in modo illogico e contraddittorio ha escluso la
simulazione, limitandosi a richiamare regole di comune esperienza, senza però
motivare sul fatto che Rossotto ha effettivamente smentito Iancu sia
nell’imminenza del fatto, sia nelle dichiarazioni sommarie alla P.G., sia nella
deposizione testimoniale; ha ritenuto inverosimile la versione dei testimoni solo
perché dipendenti degli imputati.
Il terzo motivo denuncia vizio di motivazione. Il Tribunale di Alessandria ha
aderito alla motivazione della sentenza di primo grado, laddove è contrario ad
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Serravalle Scrivia aveva dichiarato Di Puglia Mirko e Silvi Mirko colpevoli, in

ogni logica giuridica ritenere inattendibili due testimoni per il solo fatto che,
essendo entrambi presenti nello stesso luogo e nello stesso momento, hanno
descritto l’evento in modo simile.
Il quarto motivo denuncia vizio di motivazione in ordine alla deposizione del
teste De Meo. I giudici di merito hanno rilevato macroscopiche contraddizioni
nella deposizione del teste De Meo, che ha affermato di aver compreso le
imprecazioni in rumeno della persona offese senza conoscere detta lingua: la
motivazione è illogica e contraddittoria posto che Iancu si esprime correttamente

della polizia stradale.
Il quinto motivo denuncia vizio di motivazione in ordine alle prove
documentali. I giudici di merito non hanno rilevato le contraddizioni tra il
certificato in data 08/01/2009 e quello del 24/02/2009: dal primo risulta che i
sanitari avevano diagnosticato solo la riferita dolorabilità alla regione zigomatica
sinistra, mentre dal secondo, che difetta del nesso di causalità in relazione
all’evento, risulta un pregresso trauma alla zona mascellare destra.
Il sesto motivo denuncia il rapporto di pregiudizialità tra il giudizio per falsa
testimonianza nei confronti dei testi Rossotto e De Meo (scaturito dalla
trasmissione degli atti al pubblico ministero disposta dai giudici di merito) e il
presente giudizio, che, previo annullamento della sentenza impugnata, deve
essere sospeso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

I ricorsi sono inammissibili.
Il primo motivo è manifestamente infondato. La sentenza impugnata ha
evidenziato che il teste Rossotto, indicato dalla persona offesa come colui che
intervenne per difenderlo, riferì alla polizia giudiziaria nell’immediatezza dei fatti
di non sapere nulla e di non avere visto nulla in merito al diverbio, mentre in
dibattimento aveva escluso che vi fosse stato un diverbio: nei termini indicati, le
dichiarazioni rese dal teste Rossotto risultano correttamente utilizzate al solo
scopo di mettere in luce la complessiva non credibilità del teste, che la persona
offesa – al contrario ritenuta credibile dalle concordi pronunce di merito – ha
indicato come presente ai fatti (e intervenuto in suo aiuto).
Il secondo motivo è, nel suo complesso, inammissibile. La ratio decidendi
della decisione di grado è univocamente identificabile nella ritenuta credibilità
della persona offesa, la cui versione, nell’iter argomentativo del Tribunale di
Alessandria, ha trovato conferma negli ulteriori dati probatori offerti dalla cartella
clinica del Pronto Soccorso presso il quale Iancu si recò il giorno dei fatti e dalla

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anche in italiano, tanto che non ha avuto difficoltà a riferire i fatti agli agenti

testimonianza dell’assistente dalla Polizia Stradale Tommaso Palamone. Quanto
alla credibilità della persona offesa, il giudice di appello ha valorizzato due
argomenti logici. In primo luogo, ha rimarcato l’assoluta inverosimiglianza della
versione alternativa offerta dall’imputato Di Puglia e dai testi indotti dalla difesa
Rossotto e Di Meo (entrambi dipendenti degli imputati), secondo la quale Iancu
avrebbe calunniato gli imputati solo perché, essendo scivolato sulla neve, li
riteneva responsabili di non averlo aiutato, simulando quindi il pianto di fronte
alla Polizia Stradale e il dolore riscontrato dai sanitari al Pronto Soccorso. In

comune esperienza che, secondo la prospettazione alternativa confutata, la
persona offesa abbia indicato come presente al fatto – e, quindi, come futuro
teste – una persona, intervenuta in sua difesa e poi identificata nel Rossotto,
dipendente degli imputati: secondo le regole di comune esperienza, nessun
calunniatore indica testi che potrebbero smentirlo, a meno di non essere certo
della loro complicità, laddove, nel caso di specie, per un verso, la persona offesa
sapeva da subito che la persona sarebbe stata identificata, trattandosi di colui
che, pochi minuti dopo il fatto, indicò agli agenti dove si trovavano gli imputati e,
per altro verso, la querela fu presentata il giorno successivo agli accadimenti,
sicché Iancu avrebbe avuto un giorno per riflettere e valutare il rischio di essere
smentito dal teste ormai identificato e della cui esistenza era informata la Polizia
Stradale.
A fronte dell’articolata motivazione poste dal giudice di appello a conferma
della pronuncia di primo grado, il motivo, sotto un profilo generale, risulta
carente della necessaria correlazione tra le argomentazioni riportate dalla
decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione (Sez. 4, n.
18826 del 09/02/2012 – dep. 16/05/2012, Pezzo, Rv. 253849): il giudizio di
attendibilità della offesa fa leva, come sì è visto, anche su un’argomentazione
logica incentrata su una massima di esperienza (ossia, su generalizzazioni
empiriche indipendenti dal caso concreto, fondate su ripetute esperienze ma
autonome e tratte, con procedimento induttivo, dall’esperienza comune, non
risolvendosi in semplici illazioni o in criteri meramente intuitivi: Sez. 2, n. 51818
del 06/12/2013 – dep. 30/12/2013, Brunetti, Rv. 258117), rispetto alla quale le
doglianze dei ricorrenti – sulla credibilità del racconto della vittima e sul
comportamento simulatorio attribuitogli dalla difesa – non propongono puntuali
rilievi critici, né sul piano logico-argomentativo, né con riguardo alle circostanze
di fatto sulle quali l’argomentazione logica della sentenza impugnata si innesta.
In questo quadro, mentre i rilievi sulla cartella clinica e sulla deposizione del
teste Palamone travisano la valenza attribuita dal giudice di appello a detti
elementi (come si è detto, valorizzati a conferma della dichiarazioni della

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secondo luogo, il giudice di appello ha rilevato che è contrario alle regole di

persona offesa), il contributo conoscitivo offerto da Rossotto è compiutamente
delineato dal giudice di appello, che ne ha messo in luce la contraddittorietà tra
quanto dichiarato nell’immediatezza dei fatti e quanto poi dichiarato in
dibattimento, mentre l’inattendibilità dei testi indicati non è argomentata solo
sula base del rapporto di dipendenza con gli imputati, ma anche alla luce della
inverosimiglianza della versione prospettata: su tali argomenti il ricorso omette
un puntuale confronto critico, valutazione, questa, estensibile al terzo motivo,
pure afferente alle dichiarazioni dei testi della difesa.

sentenza impugnata (rispetto alla quale il ricorrente non denuncia alcun
travisamento della prova) De Meo ha riferito che Iancu si sarebbe rialzato da
solo dopo essere scivolato e «prese ad imprecare nella sua lingua» (con
espressione riportata alla lettera), sicché, alla luce di tale ricostruzione, destituita
di fondamento è la critica alla valorizzazione della circostanza che lo stesso De
Meo non conosce la lingua rumena.
Il quinto motivo è, nel suo complesso, inammissibile. La prospettata
contraddittorietà tra la certificazione del Pronto Soccorso (l’unica alla quale fa
riferimento la sentenza impugnata) e quella del 24/02/2009, che si limita a
certificare l’asportazione del primo e del secondo molare superiore destro subìta
dalla persona offesa, deduce questioni di merito, volte a dedurre una presunta
incompatibilità tra le due certificazioni esorbitante dai compiti del giudice di
legittimità (e, peraltro, non compiutamente correlata alla complessiva
ricostruzione della vicenda offerta dalla persona offesa, che ha riferito, tra l’altro,
di essere stato colpito da destra e da sinistra dai due imputati).
Il sesto motivo è manifestamente infondato al lume della disciplina delle
questioni pregiudiziali dettata dall’art. 3 cod. proc. pen.
Alla declaratoria d’inammissibilità dei ricorsi, consegue la condanna di
ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento alla
Cassa delle ammende della somma, che si stima equa, di Euro 1.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa
delle Ammende.
Così deciso il 27/03/2015.

Il quarto motivo è manifestamente infondato: nella ricostruzione della

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