Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 25478 del 12/03/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 25478 Anno 2015
Presidente: PALLA STEFANO
Relatore: CAPUTO ANGELO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BULAT ANDREI N. IL 14/12/1982
avverso la sentenza n. 2120/2013 CORTE APPELLO di VENEZIA, del
31/03/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 12/03/2015 la relazione fatta dal
Consigliere
Dott. ANGELO CAPUTO
. .

Data Udienza: 12/03/2015

Udito il Sostituto Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte
di cassazione dott. P. Fimiani, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

Con sentenza deliberata in data 31/03/2014, la Corte di appello di Venezia
ha confermato la sentenza in data 19/12/2012 con la quale il Tribunale di
Treviso aveva dichiarato Andrei Bulat colpevole del reato di cui all’art. 497

bis

falsa (capo A), del reato di cui agli artt. 477 e 482 cod. pen., per avere
contraffatta o_ fatto contraffare da altri una patente recante le sue _generalità &a_
sua foto (capo B), e del reato di cui all’art. 116 c.d.s., per aver condotto
un’autovettura senza essere munito di regolare patente (capo C).
Avverso l’indicata sentenza della Corte di appello di Venezia ha proposto
personalmente ricorso per cassazione Andrei Bulat, articolando le censure di
seguito enunciate nei limiti di cui all’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.
Con riferimento all’elemento soggettivo del reato, la sentenza impugnata è
motivata illogicamente, facendo solo riferimento al profilo della buona fede e non
indicando alcun elemento a giustificazione della decisione sul punto.
Anche con riferimento al reato di cui al capo C), la sentenza si limita a
richiamare la sussistenza dei primi due reati, laddove il ricorrente ben potrebbe
avere conseguito un titolo di guida, pur utilizzando un documento falso.
Sulla quantificazione della pena, la Corte di appello richiama quanto statuito
dal giudice di primo grado, senza fornire alcun elemento a supporto della
decisione. In ordine alla richiesta di sospensione condizionale della pena, la Corte
di appello si limita ad evidenziare la sussistenza di un precedente, senza
circostanziarlo o senza spiegare i motivi per i quali esso sia ostativo
all’accoglimento della richiesta, laddove gli ulteriori rilievi circa la pericolosità del
ricorrente sono privi di qualsiasi riscontro oggettivo.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è inammissibile. La Corte di merito ha ritenuto sussistente
l’elemento soggettivo del reato, valorizzando elementi logico-fattuali ritenuti
dimostrativi della consapevolezza, in capo all’imputato, della falsità dei
documenti in questione, ossia la circostanza che la carta di identità a lui intestata
recava dati anagrafici sconosciuti all’autorità rumena e che la patente di guida
recava una foto del ricorrente, da lui stesso fornita. A fronte di tali rilievi, la
doglianza, sostanzialmente, deduce questioni di merito, sollecitando una

cod. pen., per essere stato trovato in possesso di un carta di identità romena

rivisitazione esorbitante dai compiti del giudice di legittimità della valutazione del
materiale probatorio che la Corte distrettuale ha operato, sostenendola con
motivazione coerente ai dati probatori richiamati ed immune da vizi logici.
In ordine al reato sub C), la deduzione del ricorrente circa la “possibile”
titolarità di una patente di guida è del tutto svincolata da qualsiasi dato
probatorio o da qualsiasi allegazione idonea a consentire l’accertamento del fatto
prospettato: posto che, nell’ ordinamento processuale penale, non è previsto un
onere probatorio a carico dell’imputato, ma è, al contrario, prospettabile un

indicazioni e gli elementi necessari all’accertamento di fatti e circostanze ignoti
che siano idonei, ove riscontrati, _a. volgere il giudizio in suo favore_ (Sez. 2„ n.
20171 del 07/02/2013 – dep. 10/05/2013, Weng e altro, Rv. 255916), la
doglianza è inammissibile.
La censura relativa alla determinazione della pena (rispetto alla quale la
Corte di merito ha sottolineato che, riconosciuta la continuazione, la pena base
per il più grave reato è stata individuata nel minimo edittale, sul quale è stata
operata la riduzione massima per le circostanze attenuanti generiche, calcolando
poi un modestissimo aumento per la continuazione) è inammissibile, in quanto
del tutto generica. Quanto alla doglianza sul diniego della sospensione
condizionale dell -a- pena, la prognosi negativa di astensione dal compimento di
ulteriori reati è motivata dalla Corte di merito sulla base del riferimento al
precedente per furto di cui l’imputato risulta gravato e della sua peculiare
pericolosità, desunta, quest’ultima, dal collegamento con ambienti criminali
specializzati nella falsificazione di documenti: il duplice rilievo risulta coerente
con gli elementi di prova acquisiti e sorretto da argomentazioni prive di cadute di
conseguenzialità logica, sicché la censura risulta manifestamente infondata.
Alla declaratoria d’inammissibilità del ricorso, che preclude la rilevabilità
della prescrizione della contravvenzione che sarebbe maturata successivamente
alla sentenza impugnata (Sez. U., n. 32 del 22/11/2000, dep. 21/12/2000, De
Luca, Rv. 217266), consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento alla Cassa delle ammende della somma, che si
stima equa, di Euro 1.000,00.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.
Così deciso il 12/03/2015
Il onsigliere estensore

r iSEPOIRTATA

RIMA

onere di allegazione, in virtù del quale l’imputato è tenuto a fornire all’ufficio le

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