Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 25466 del 05/05/2015


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 25466 Anno 2015
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: GRASSO GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PEDERSOLI LUIGI N. IL 12/01/1963
avverso la sentenza n. 2118/2011 CORTE APPELLO di BRESCIA, del
17/06/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 05/05/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GIUSEPPE GRASSO
Udito il Procuratore Gprale in persoiì. pl Dott.
che ha concluso per

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Data Udienza: 05/05/2015

RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale di Brescia, Sezione distaccata di Breno, con sentenza
dell’8/11/2001, dichiarò Pedersoli Luigi colpevole di plurime violazioni della
legge sul controllo degli stupefacenti (cocaina) e ritenuta la continuazione e le
attenuanti generiche, lo condannò alla pena stimata di giustizia.

1.1. La Corte d’appello di Brescia, investita dell’appello proposto

di primo grado, nel resto confermata, limitata la responsabilità del Pedersoli,
quanto al capo b), alla cessione di stupefacente in data prossima al
4/12/1995, ridusse la pena al medesimo inflitta.

1.2. Proposto dall’imputato ricorso per cassazione, la Corte Suprema
di Cassazione, con sentenza del 3/2/2011, annullò quest’ultima decisione,
rinviando ad altra sezione della Corte d’appello di Brescia.

1.3. La Corte d’appello di Brescia, quale giudice del rinvio, con
sentenza del 17/6/2014, dichiarato non doversi procedere per prescrizione
quanto al capo b), riconosciuta l’ipotesi di cui al comma 5 dell’art. 73 del
d.P.R. n. 309/1990, limitata la responsabilità dell’imputato, quanto al capo a)
«alla detenzione di gr. 35 di cocaina importata da Facci Roberto
dall’Argentina>>, ridusse ulteriormente la pena.

2. Avverso quest’ultima determinazione il Pedersoli propone
nuovamente ricorso per cassazione allegando violazione dell’art. 521, cod.
proc. pen. e travisamento della prova.
La sentenza di annullamento aveva evidenziato come dalle intercettazioni
telefoniche non potesse trarsi il convincimento che l’imputato, tramite Cabral
Claudio Marcello e utilizzando Facci Roberto, avesse dato vita ad un traffico
internazionale di stupefacenti. Invece la Corte del rinvio, seppure
implicitamente, aveva ripreso quelle intercettazioni per corroborare
l’affermazione di penale responsabilità. Dichiarazione che, a ben vedere,
concerneva un fatto del tutto eccentrico rispetto a quello contestato, siccome
narrato dal Facci. Invero, quest’ultimo, di sua in iniziativa, e non su incarico
del ricorrente, si era recato in Argentina per eventualmente acquistare
cocaina; acquistatane una certa quantità, al ritorno, senza che sussistesse
alcun previo accordo, ne aveva ceduto una parte (35 gr., divenuti 100 dopo il
taglio) al Pedersoli, ricevendo in compenso la somma di novemilioni di lire.

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dall’imputato, con sentenza del 12/1/2010, in parziale riforma della sentenza

La vicenda così narrata, pur presente in atti, salvo ad operare travisamento,
non si inseriva affatto nella contestazione, che vedeva addebitarsi all’imputato
un traffico internazionale di stupefacenti tramite il Cabras e a tal fine gli si
contestavano viaggi in Argentina. Il ricorrente ne deduceva, quindi, che
«L’unica conseguenza logica e coerente che può trarsi è, quindi, che
l’asserita cessione di 35 grammi operata a favore del Pedersoli ad opera del
Facci al suo rientro dal viaggio in Argentina non è in alcun modo ricollegabile
ai fatti contestati nel capo A) dell’imputazione ma – ove realmente avvenuta –

il Pedersoli avrebbe potuto operare con qualunque altro soggetto e senza
alcun collegamento con il traffico internazionale di cocaina asseritamente dallo
stesso organizzato in concorso con il coimputato Cabral.>>

CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso è fondato.
Al capo A) dell’originaria rubrica il ricorrente è imputato «del reato di
cui agli artt. 81 cpv, cp e 73 Dpr 309/90 perché in concorso con Cabral
Claudio Marcelo, con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso,
acquistavano ed importavano dall’Argentina da altri paesi del Sud America,
senza l’autorizzazione e comunque illecitamente detenevano al fine di farne
commercio, sostanza stupefacente del tipo cocaina, avente un quantitativo,
per ogni singola partita, di circa 1 Kg che, in alcune ipotesi, veniva acquistata
direttamente in Argentina ed in altri luoghi del Sud America, dal Pedersoli poi
trasportata in Italia mentre, in altri casi, veniva portata sul territorio nazionale
dal Cabral. Darfo 8. T. e altri luoghi dal settembre 1995 all’ottobre 1996».
Il Giudice del rinvio con la sentenza qui al vaglio dichiarò il Pedersoli
«responsabile del reato di cui al capo A) limitatamente alla detenzione di gr.
35 di cocaina importata da facci Roberto dall’Argentina».
In sostanza, la Corte di merito, raccogliendo le indicazioni della sentenza
cassatoria, ha concluso nel senso che

«Gli unici movimenti di sostanza

stupefacente che riguardano il Cabral ed il Pedersoli e che ricadono nel
periodo in contestazione si limitano a quella asserita quantità che il Cabral
avrebbe portato in Italia nel febbraio 1996 attraverso un corriere che avrebbe
viaggiato sullo stesso volo e sarebbe stato arrestato ed alla quantità che il
Facci andò personalmente a ritirare in Argentina». Tuttavia, esclusa
sussistenza di prova appagante del primo episodio, restava, pertanto,
«unicamente la sostanza che il Facci afferma aver riportato in Italia
andandola a prendere personalmente dal Cabral>>.

costituisce un episodio a sé stante, un “ordinario” acquisto di stupefacente che

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Per sorreggere un tale assunto la Corte territoriale evoca una serie di esiti
d’intercettazioni telefoniche (pagg. 16-18), traendone il convincimento che il
Facci si fosse recato in Argentina dal Cabral, dopo essere stato messo in
contatto con quest’ultimo dal Pedersoli, essendo, poi, evidente che il Facci
aveva ricevuto qualcosa dal Cabral e parte di questo lo aveva consegnato al
Pedersoli. Tutto ciò, prosegue il Giudice del rinvio, in sintonia con quanto
dichiarato dal Facci in sede d’incidente probatorio, il quale aveva portato
dall’Argentina 100 gr. di sostanza stupefacente, della quale 35 gr. furono

detenzione quest’ultimo andava dichiarato colpevole.

3.1. Ciò premesso, come necessario corollario, deve osservarsi che la
sentenza d’annullamento aveva espressamente evidenziato la necessità di
“leggere” le risultanze delle intercettazioni alla luce delle stesse dichiarazioni
del Facci, il quale aveva escluso la previa concertazione di quel viaggio. Con la
conseguenza che l’imputata cessione dei 35 gr. non sarebbe avvenuta su
previo incarico del Pedersoli, bensì si sarebbe trattato di un autonomo
episodio, straneo al contestato traffico internazionale: il Facci, rientrato in
Italia, aveva deciso di vendere una parte della sostanza da lui acquistata al
Pedersoli per l’importo di novemilioni di lire.
La Corte territoriale, pur richiamando il contenuto delle intercettazioni, al
fine di corroborare l’assunto primigenio (dell’importazione su mandato del
Pedersoli), correttamente, alla fine, attribuisce al Pedersoli la condotta
d’acquisto descritta dal Facci in sede d’interrogatorio.

3.2. Il Collegio ben conosce e condivide l’orientamento, più volte
manifestato in sede di legittimità, secondo il quale in tema
di correlazione tra l’imputazione contestata e la sentenza deve affermarsi che,
per aversi mutamento del fatto, occorre una trasformazione radicale, nei suoi
elementi essenziali, della fattispecie concreta nella quale si riassume l’ipotesi
astratta prevista dalla legge, così da pervenire ad un’incertezza sull’oggetto
della imputazione da cui scaturisca un reale pregiudizio dei diritti della difesa;
ne consegue che l’indagine volta ad accertare la violazione del principio
suddetto non si esaurisce nel mero confronto letterale tra contestazione
e sentenza perché, vertendosi in materia di garanzie difensive, la violazione
non sussiste se l’imputato, attraverso l’iter del processo, sia comunque venuto
a trovarsi nella concreta condizione di potersi difendere in ordine all’oggetto
della imputazione (Sez. IV, 4/2/2004, n. 16900; in senso conforme, fra le
tante, IV, 22/11/2011, n. 47474; IV, 28/6/2011, n. 36891; S.U., 15/7/2010,
n. 36551).

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consegnati al Pedersoli. Con la conseguenza che a riguardo di questa

L’esigenza sottesa a una tale lettura del principio di correlazione fra
accusa e sentenza è quella d’impedire, che attraverso rivendicazioni
meramente formalistiche, l’imputato, abusando delle sue garanzie, pur posto
in condizione di difendersi dall’ipotesi accusatoria, si trinceri dietro la non
esatta corrispondenza letterale dell’espressione descrittiva del fatto.
Se, invece, il fatto addebitato nel capo d’imputa (
ione, inteso come

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perimetrazione penalmente rilevante di accadimenti esis enzia i risulti
difforme da quello accertato, s’impone la trasmissione degli atti al P.M. La

deve concernere il fatto tipico. Questo spiega perché si è ritenuto, in materia
di violazione della normativa sul controllo degli stupefacenti, che la condanna
per offerta o messa in vendita, a fronte dell’originaria contestazione di
cessione, non integri il divieto; siccome quella di detenzione e cessione a
fronte dell’originaria contestazione d’intermediazione (Cass., Sez. 3, n. 31849
del 1674/2014, Rv. 260331; Sez. 4, n. 31676 del 4/6/2010, Rv. 248103).
Trattasi, invero, di condotte tutte indistintamente vietate, in ordine alle quali
l’imputato aveva avuto ampia possibilità di difendersi.
Discorso diverso va fatto ove la descrizione dell’accadimento, visto in
tutte le sue componenti, per il quale il soggetto viene condannato venga a
trovarsi in rapporto d’incompatibilità, eterogeneità (Cass., Sez. 1, n. 28877
del 4/6/2013, Rv. 256785), o, può soggiungersi, eccentricità, rispetto alla
primigenia accusa. In quanto, pur avendo avuto l’imputato ovvio accesso a
tutta la massa del materiale processuale utilizzabile, la sua difesa risulta
essersi concentrata sul fatto siccome descritto nel capo d’imputazione,
costituente specifica e precipua rappresentazione della vicenda di vita
addebitata.
Nel caso alla mano al Pedersoli, come si è visto, si contestava di aver
dato vita ad un cospicuo traffico internazionale di cocaina, in concorso con
Cabral Claudio Marcelo. Giudicata insufficiente la prova per affermare la
sussistenza di un tal fatto, l’imputato è stato condannato per avere in una
occasione comprato dal Facci 35 gr. di sostanza stupefacente. Sostanza che in
misura maggiore (100 gr.), quest’ultimo aveva autonomamente importato
dall’Argentina, per proprio conto e non su incarico del Pedersoli.
Il mutamento del nucleo centrale essenziale della vicenda, tanto da
giungersi ad un’affermazione di penale responsabilità per un accadimento,
non solo estraneo a quello contestato, ma da questo del tutto indipendente e,
rispetto a questo, eccentrico, eterogeneo e non logicamente presupposto,
come nel caso in cui all’originaria contestazione d’importazione di sostanze
stupefacenti corrisponda una condanna per acquisto mero di tali sostanze,
deve ritenersi imponga l’ordinanza di cui al comma 2 dell’art. 521, cod. proc.

diversità appezzabile, quindi, da non identificarsi in meri scostamenti formali,

pen. e, quindi, in questa sede, l’annullamento senza rinvio della sentenza con
trasmissione degli atti al competente Procuratore della Repubblica per il
prosieguo (cfr., in senso conforme, Cass., Sez. 3, n. 9916 del 12/11/2009,
Rv. 246226).

P.Q.M.

Annulla la impugnata sentenza senza rinvio e dispone la trasmissione

Così deciso in Roma il 5/5/2015.

degli atti al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Brescia.

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