Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 25459 del 03/07/2014


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Penale Sent. Sez. 7 Num. 25459 Anno 2015
Presidente: FOTI GIACOMO
Relatore: VITELLI CASELLA LUCA

~rESZA

sul ricorso proposto da:
BONSIGNORE SALVATORE N. IL 10/10/1989
avverso la sentenza n. 11716/2013 TRIBUNALE di MILANO, del
10/10/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCA VITELLI
CASELLA;

Data Udienza: 03/07/2014

n.181 ricorrente BONSIGNORE Salvatore

Motivi della decisione

L’ imputato in epigrafe propone personalmente ricorso per cassazione
avverso la sentenza emessa

ex art. 444 cod. proc. pen., il 10 ottobre 2013 dal

Tribunale di Milano in composizione monocratica in quanto responsabile del

309/1990, commesso in Milano il 17 settembre 2013, con applicazione della
pena concordata di UN anno, mesi SEI di reclusione ed euro 3.000,00 di multa,
concessa la speciale attenuante prevista dall’art. 73, comma V° d.P.R. n.
309/1990 dichiarata prevalente sulla recidiva contestata (pena base: anni 2 di
reclusione ed euro 4.500,00 di multa poi ridotta per il rito )
Denunzia il ricorrente vizi di violazione di legge e vizi della motivazione in punto
responsabilità.
La censura è manifestamente infondata.
Giova rammentare che nel “patteggiamento”, una volta che il giudice abbia
ratificato l’accordo, non è più consentito alle parti prospettare, in sede di
legittimità,

questioni con riferimento — non solo alla sussistenza ed alla

qualificazione giuridica

del fatto, alla sua attribuzione soggettiva, alla

applicazione e comparazione delle circostanze — ma anche alla entità e modalità
di applicazione della pena,salvo che non si versi in ipotesi di pena illegale (ex
multis:

Sezione VII, 21 dicembre 2009, El Hanana): eventualità neppure

prospettata nel caso di specie.
Deve invece rilevarsi d’ufficio

ex art. 609, comma 2° codice di rito

la

sopravvenuta illegalità del trattamento sanzionatorio applicato, in ragione della
entrata in vigore di nuove disposizioni di legge modificative dell’art. 73, comma
V° d.P.R. n. 309/1990.
Ed invero, all’epoca del commesso reato: 17 settembre 2013, l’art. 73, comma
V° del d.P.R. n.309/1990 prevedeva un’ attenuante ad effetto speciale,con pena
della reclusione compresa tra UNO e SEI anni congiunta a pena della multa
compresa tra 3.000 e 26.000 euro; ciò a prescindere dalla tipologia della
sostanza stupefacente.
L’art.2 del decreto legge 23 dicembre 2013 n.146 convertito, con modificazioni,
dall’art. 1 comma 1° della legge 21 febbraio 2014 n. 10 ha sostituto
integralmente, con effetto dal 24 dicembre 2013, il testo dell’art. 73 comma V°
d.P.R. n. 309/1990,ridisegnando peraltro una fattispecie autonoma di reato.
Tanto manifestamente emergeva dalla nuova formulazione letterale della norma
che reca l’inequivoca clausola di riserva o di sussidiarietà:

i

“Salvo che il fatto

delitto di cui agli artt.99, comma 4°,110 cod. pen.,73 comma 1-bis d.P.R. n.

costituisca più grave reato…”

di guisa da delineare una condotta materiale

dotata di specifica ed autonoma rilevanza, relativamente agli estremi oggettivi
del reato integrati dalla condotta di “chiunque commette uno dei fatti previsti
dal presente articolo ” qualificabili in termini di “lieve entità” per mezzi, modalità
o circostanze dell’azione, qualità, quantità delle sostanze. Il delitto risultava
punito con la pena della reclusione da UNO a CINQUE anni e con quella della
multa da euro 3.000 a 26.000,fernna restando l’esclusione di ogni

stupefacenti.
In seguito, per effetto del decreto legge 20 marzo 2014 n.36 ( in vigore dal 21
marzo 2014) convertito nella legge 16 maggio 2014 n. 79 – art. 1, l’art.73
comma V° d.P.R. n. 309/1990 ha subito ulteriori modifiche in relazione al
trattamento sanzionatorio. Riconfermata la qualificazione del fatto come reato
autonomo e ferma l’irrilevanza della diversa tipologia della sostanza
stupefacente, il reato risulta anche attualmente punito con la pena della
reclusione compresa tra SEI mesi e QUATTRO anni e con quella della multa da
euro 1.032 ad euro 10.329.
Ciò detto il novum jus superveniens deve essere valutato nell’ambito di un
organico giudizio comparativo volto ad individuare la disposizione più favorevole
al reo ex art. 2 comma 4 0 cod. pen. rispetto alla disciplina in vigore all’epoca del
fatto. Ritiene il Collegio di individuare, in tale ottica, la disposizione più
favorevole all’imputato nel novum normativo introdotto dall’art. 1 del decreto
legge 20 marzo 2014 n.36 ( in vigore dal 21 marzo 2014) convertito nella legge
16 maggio 2014 n. 79 – art. 1, con cui non solo si sono sensibilmente ridotte le
pene di genere detentivo e pecuniario previste dall’art.73 comma V° d.P.R. n.
309/1990,sia nel minimo che nel massimo edittali rispetto alla formulazione in
vigore all’epoca del fatto, ma soprattutto si è confermata la qualificazione delle
condotte ” di lieve entità ” in termini di fattispecie autonoma di reato, come già
stabilito dall’art.2 del decreto legge 23 dicembre 2013 n.146 convertito, con
modificazioni, dall’art. 1 comma 10 della legge 21 febbraio 2014 n. 10.
Non resta quindi che far luogo all’annullamento senza rinvio della sentenza
impugnata (che ha recepito un accordo sulla pena in base elblla normativa
anteriore, la cui forbice edittale delle pene di entrambi i generi si rivelava assai
meno favorevole rispetto a quella attualmente in vigore ) al fine di consentire al
giudice a quo l’eventuale applicazione dellyus superveniens.
Gli atti vanno quindi rimessi a detto giudice per il nuovo giudizio.

PQM

2

differenziazione in rapporto alla natura “pesante” o ” leggera” delle sostanze

Annulla la sentenza impugnata senza rinvio e dispone trasmettersi gli atti al
Tribunale di Milano.

Così deciso in Roma,lì 3 luglio 2014.

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