Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 25450 del 03/07/2014


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Penale Sent. Sez. 7 Num. 25450 Anno 2015
Presidente: FOTI GIACOMO
Relatore: VITELLI CASELLA LUCA

tfittettteCtr
sul ricorso proposto da:
CHABI YASSINE BEN NOUREDDONIL 14/04/1970
avverso la sentenza n. 301833/2013 TRIBUNALE di VENEZIA, del
23/10/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCA VITELLI
CASELLA;

Data Udienza: 03/07/2014

n.129 ricorrente CHABI YASSINE BEN NOUREDDINE

Motivi della decisione

L’ imputato in epigrafe propone personalmente ricorso per cassazione
avverso la sentenza emessa nei suoi confronti il 23 ottobre 2013 dal
Tribunale di Venezia ex art. 444 cod. proc. pen. in quanto responsabile del

(detenzione a fini di spaccio di cinque dosi di sostanza stupefacente tipo eroina
e cessione di due a Irene Locatelli ), commesso in Mirano il 10 ottobre 2013, con
applicazione della pena concordata con il P.M., di UN anno di reclusione ed euro
3.000,00 di multa (pena base:1 anno, mesi 6 anni di reclusione e 4.500,00 euro,
concessa la speciale attenuante prevista dall’art. 73, comma V° d.P.R. n.
309/1990 dichiarata prevalente sulla recidiva contestata ).
Denunzia il ricorrente vizi motivazionali in ordine al mancato proscioglimento.
La censura è manifestamente infondata.
Questa Corte ha ripetutamente affermato il principio secondo il quale l’obbligo
della motivazione della sentenza di patteggiannento non può non essere
conformato alla particolare natura giuridica della stessa: lo sviluppo delle linee
argomentative è necessariamente correlato all’esistenza dell’atto negoziale con
cui l’imputato dispensa l’accusa dall’onere di provare i fatti dedotti
nell’imputazione. Ciò implica, tra l’altro, che il giudizio negativo circa la
ricorrenza di una delle ipotesi di cui al richiamato art. 129 cod.proc.pen. deve
essere accompagnato da una specifica motivazione solo nel caso in cui dagli atti
o dalle deduzioni delle parti emergano concreti elementi circa la possibile
applicazione di cause di non punibilità, dovendo invece ritenersi sufficiente, in
caso contrario, una motivazione consistente nella enunciazione, anche implicita,
che è stata compiuta la verifica richiesta dalla legge e che non ricorrono le
condizioni per la pronunzia di proscioglimento ex art. 129 (S. U. 27 marzo 1992,
Di Benedetto ; S. U. 27 dicembre 1995, Serafino). Nel caso di specie il Giudice
di prime cure, sottolineando la correttezza della formulazione del capo di
imputazione e la congruità della pena, ha altresì escluso la ricorrenza di
qualsivoglia causa di proscioglimento degli imputati, a’ sensi dell’art. 129 cod.
proc. pen. come dimostrato dal verbale di arresto e dalle dichiarazioni
confessorie dell’imputato.
Deve invece rilevarsi d’ufficio ex art. 609, comma 2° codice di rito

la

sopravvenuta illegalità del trattamento sanzionatorio, in ragione della entrata in
vigore di nuove disposizioni di legge modificative dell’art. 73, comma V° d.P.R.
n. 309/1990.

i

delitto di cui agli artt. 99, comma 4 0 cod. pen., 73 d.P.R. n. 309/1990

Giova rammentare che all’epoca del commesso reato sub: 10 ottobre 2013, l’art.
73, comma V° del d.P.R. n.309/1990 prevedeva un’ attenuante ad effetto
speciale,con pena della reclusione compresa tra UNO e SEI anni congiunta a
pena della multa compresa tra 3.000 e 26.000 euro; ciò a prescindere dalla
tipologia della sostanza stupefacente.
L’art.2 del decreto legge 23 dicembre 2013 n.146 convertito, con modificazioni,
dall’art. 1 comma 1° della legge

21 febbraio 2014 n. 10, ha sostituto

d.P.R. n. 309/1990,ridisegnando peraltro una fattispecie autonoma di reato.
Tanto manifestamente emergeva dalla nuova formulazione letterale della norma
che recava l’inequivoca clausola di riserva o di sussidiarietà: “Salvo che il fatto
costituisca più grave reato…”

di guisa da delineare una condotta materiale

dotata di specifica ed autonoma rilevanza, relativamente agli estremi oggettivi
del reato integrati dalla condotta di “chiunque commette uno dei fatti previsti
dal presente articolo ” qualificabili in termini di “lieve entità” per mezzi, modalità
o circostanze dell’azione, qualità, quantità delle sostanze. Il delitto risultava
punito con le pene della reclusione da UNO a CINQUE anni e della multa da
euro 3.000 a 26.000,ferma restando l’esclusione di ogni differenziazione in
rapporto alla natura “pesante” o “leggera” delle sostanze stupefacenti.
In seguito, per effetto del decreto legge 20 marzo 2014 n.36 ( in vigore dal 21
marzo 2014) convertito nella legge 16 maggio 2014 n. 79 – art. 1, l’art.73
comma V° d.P.R. n. 309/1990 ha subito ulteriori modifiche in relazione al
trattamento sanzionatorio. Riconfermata la qualificazione del fatto come reato
autonomo e ferma l’irrilevanza della diversa tipologia della sostanza
stupefacente, il reato risulta anche attualmente punito con la pena della
reclusione compresa tra SEI mesi e QUATTRO anni e con quella della multa da
euro 1.032 ad euro 10.329.
Ciò detto il novum jus superveniens,

rispetto all’assetto normativo in vigore

all’epoca del commesso reato per cui è processo,deve essere valutato nell’ambito
di un organico giudizio comparativo volto ad individuare la disposizione più
favorevole al reo ex art. 2 comma 4 0 cod. pen. Ritiene il Collegio di individuare,
in tale ottica, la disposizione più favorevole all’imputato nel novum normativo
introdotto dall’art. 1 del decreto legge 20 marzo 2014 n.36 (in vigore dal 21
marzo 2014) convertito nella legge 16 maggio 2014 n. 79 – art. 1, con cui non
solo si sono sensibilmente ridotte le pene di genere detentivo e pecuniario
previste dall’art.73 comma V° d.P.R. n. 309/1990,sia nel minimo che nel
massimo edittali rispetto alla formulazione in vigore all’epoca del fatto, ma
soprattutto si è confermata la qualificazione delle condotte ” di lieve entità ” in
termini di fattispecie autonoma di reato, come già stabilito dall’art.2 del decreto

2

integralmente, con effetto dal 24 dicembre 2013, il testo dell’art. 73 comma V°

legge 23 dicembre 2013 n.146 convertito, con modificazioni, dall’art. 1 comma
10 della legge 21 febbraio 2014 n. 10.
Non resta quindi che far luogo all’annullamento senza rinvio della sentenza
impugnata (che ha recepito un accordo sulla pena in base litsdla normativa
anteriormente vigente, la cui forbice edittale delle pene di entrambi i generi si
rivela assai meno favorevole rispetto a quella attualmente in vigore) al fine di
consentire al giudice a quo l’eventuale applicazione delljus superveniens in

della pena finale, anche agli effetti della ritenuta continuazione.
Gli atti vanno quindi rimessi a detto giudice per il nuovo giudizio.

PQM

Annulla la sentenza impugnata senza rinvio e dispone trasmettersi gli atti al
Tribunale di Venezia.
Così deciso in Ronna,lì 3 luglio 2014.

punto pena, previa rivisitazione integrale del procedimento di determinazione

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