Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 25441 del 03/07/2014
Penale Ord. Sez. 7 Num. 25441 Anno 2015
Presidente: FOTI GIACOMO
Relatore: VITELLI CASELLA LUCA
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
ZUCCO ANTONIO N. IL 11/05/1959
avverso la sentenza n. 9275/2013 GIP TRIBUNALE di TORINO, del
05/07/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCA VITELLI
CASELLA;
Data Udienza: 03/07/2014
n.86 ricorrente ZUCCO Antonio
Motivi della decisione
L’imputato
ricorre per cassazione, a mezzo del difensore, avverso la
sentenza di cui in epigrafe emessa ex art. 444 cod. proc. pen. in quanto ritenuto
responsabile, per quanto in questaVrileva, anche del delitto sub C, di cui agli
danno di un Agente di P.G.,a1 fine di eseguire il delitto di resistenza a P.U. di cui
al capo B. Lamenta vizi motivazionali in punto alla ritenuta qualificazione
giuridica del fatto come delitto di lesioni anziché di semplici percosse, atteso il
certificato trauma contusivo al ginocchio.
Il gravame è manifestamente infondato e va quindi giudicato inammissibile.
Questa Corte ha ripetutamente affermato il principio secondo cui l’obbligo della
motivazione della sentenza non può non essere conformato alla particolare
natura giuridica della sentenza di patteggiamento: lo sviluppo delle linee
argomentative è necessariamente correlato all’esistenza dell’atto negoziale con
cui l’imputato dispensa l’accusa dall’onere di provare i fatti dedotti
nell’imputazione. Quanto detto rileva in particolare circa la qualificazione
giuridica del fatto, oggetto delle proposte censure. La costante giurisprudenza di
questa Corte, nel solco delle enunciazioni delle Sezioni unite, ha affermato che la
motivazione può ben essere sintetica ed a struttura enunciativa, purché risulti
che il giudice abbia compiuto le pertinenti valutazioni. Né l’imputato può avere
interesse a lamentare una siffatta motivazione censurandola come insufficiente e
sollecitandone una più analitica, dal momento che la statuizione del giudice
coincide esattamente con la volontà pattizia del giudicabile.D’altra parte, attesa
la natura pattizia del rito, chi chiede la pena pattuita rinuncia ad avvalersi della
facoltà di contestare l’accusa. Ne consegue, come questa Corte ha più volte
avuto modo di affermare, che l’imputato non può prospettare con il ricorso per
cassazione censure che coinvolgono il patto dal medesimo accettato.
Nel caso di specie il giudice dà conto che, sulla base degli atti, è corretta la
qualificazione giuridica del fatto e che non ricorrono i presupposti di applicazione
dell’art. 129 cod. proc. pen.
Segue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese del procedimento e della somma di euro 1.500,00 a
favore della cassa delle ammende a titolo di sanzione pecuniaria, trattandosi di
causa di inammissibilità riconducibile alla volontà, e quindi a colpa, del ricorrente
stesso (cfr. Corte Costituzionale sent. n. 186 del 7 – 13 giugno 2000 ).
artt. 582,585,61 n. 2 cod. pen.,comrnesso in Torino il 6 dicembre 2012 in
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese del procedimento e della somma di euro 1.500,00 a favore della cassa
delle ammende.
Così deciso in Ronna,lì 3 luglio 2014.