Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 25410 del 28/05/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 25410 Anno 2013
Presidente: GALLO DOMENICO
Relatore: CARRELLI PALOMBI DI MONTRONE ROBERTO MARIA

SENTENZA

Sul ricorso proposto da Morello Mauro nato a Palermo il 2/12/1962
avverso la sentenza del 27/6/2012 della Corte d’appello di Genova;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Roberto Maria Carrelli Palombi di
Montrone;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale,
dott. Roberto Aniello che ha concluso chiedendo che il ricorso venga
dichiarato inammissibile;

RITENUTO IN FATTO

1.

Con sentenza in data 27/6/2012, la Corte di appello di Genova, in

riforma della sentenza del Tribunale di Chiavari in data 8/7/2009 con la
quale, appellata dal P.M., ritenuta la contravvenzione di cui all’art. 712 cod.
pen. era stato dichiarato non doversi procedere nei confronti di Morello
Mauro perché il reato era estinto per prescrizione, ritenuto il delitto di
ricettazione originariamente contestato, condannava l’imputato alla pena di
anni due di reclusione ed C 800,00 di multa
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Data Udienza: 28/05/2013

1.1.

La Corte territoriale accoglieva l’appello proposto dal P.M. in punto di

responsabilità dell’imputato in ordine al reato allo stesso ascritto.
2. Avverso tale sentenza propone ricorso l’imputato, per mezzo del suo
difensore di fiducia, sollevando i seguenti motivi di gravame:
2.1. mancanza, manifesta illogicità della motivazione, ai sensi dell’art. 606
comma 1 lett. e) cod. proc. pen., in ordine alla ritenuta responsabilità
dell’imputato per il delitto di ricettazione.
comma 1 lett. e) cod. proc. pen., in relazione alla mancata concessione
dell’attenuante di cui all’art. 648 comma 2 cod. pen.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso è fondato e merita accoglimento in relazione al primo motivo di
ricorso proposto, risultando il secondo motivo assorbito in conseguenza del
pronunciato annullamento della sentenza senza rinvio.
Deve, al riguardo, in via preliminare, rilevarsi che, in tema di
motivazione della sentenza, il giudice di appello che riformi totalmente la
decisione di primo grado ha l’obbligo di delineare le linee portanti del
proprio, alternativo, ragionamento probatorio e di confutare specificamente
i più rilevanti argomenti della motivazione della prima sentenza, dando
conto delle ragioni della relativa incompletezza o incoerenza, tali da
giustificare la riforma del provvedimento impugnato (sez. U. n. 33748 del
12/07/2005, Rv. 231679). Ora la sentenza di primo grado, con
argomentazioni in fatto prive di illogicità manifeste, aveva ritenuto che il
fatto materiale contestato, consistente nella ricezione di un monitor marca
Siemens VDO di provenienza furtiva, dovesse essere inquadrato nell’ambito
della fattispecie contravvenzionale di cui all’art. 712 cod. pen., essendo
risultata esclusa la sussistenza dell’elemento soggettivo del delitto di
ricettazione, che presuppone, appunto, la consapevolezza della provenienza
illecita dell’oggetto ricevuto; il giudice di prime cure, ravvisando solo un
comportamento imprudente dell’imputato in relazione alla natura ed alla
tipologia dell’oggetto acquistato ed alle modalità attraverso le quali
l’acquisto era avvenuto, ha ritenuto integrata la contravvenzione di incauto
acquisto prevista dall’art. 712 cod. pen.
Fatta questa premessa, rileva il Collegio che la decisione impugnata

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CGA–

2.2. mancanza, manifesta illogicità della motivazione, ai sensi dell’art. 606

si limita a fornire una diversa interpretazione delle dichiarazioni rese
dall’imputato in ordine alla provenienza del bene rinvenuto in suo possesso
e, considerandole inattendibili, ritiene integrato, anche sul piano psicologico,
il reato originariamente contestato sulla base del noto orientamento di
questa Corte di legittimità in forza del quale la mancata giustificazione del
possesso di cosa proveniente da delitto costituisce prova dell’illecita
provenienza della stessa (sez. 2 n. 41423 del 27/10/2010, Rv. 248718).
compendio probatorio emerso nel giudizio di primo grado, omettendo,
invece, come richiesto da plurime affermazioni di questa Corte condivise dal
Collegio (sez. 5 n. 42033 del 17/10/2008, Rv. 242330; sez. 5 n. 8361 del
17/1/2013, Rv. 254638), di confutare le ragioni poste a sostegno della
decisione riformata, dimostrando l’insostenibilità sul piano logico e giuridico
degli argomenti più rilevanti ivi contenuti.
Nel caso di specie, appunto, la valutazione operata dal primo giudice
appare assolutamente corretta, se si tiene conto che si trattava di un
oggetto le cui caratteristiche non ne potevano rilevare immediatamente la
provenienza delittuosa. In sostanza il semplice possesso da parte
dell’imputato del monitor non costituisce, nel caso di specie, argomento
sufficiente per ritenerlo consapevole dell’illecita provenienza dell’oggetto;
difettavano, infatti, quei sospetti gravi ed univoci sulla legittima provenienza
del bene, tali da generare in qualsiasi persona di media levatura la certezza
che la cosa ricevuta non poteva essere posseduta legittimamente da chi la
deteneva o la offriva; in tal senso si era espressa tempo addietro questa
Corte di legittimità ed il principio merita oggi di essere ribadito (sez.1 n.
8687 del 18/11/1987, Rv. 179030). Ed ancora in linea con la costante
giurisprudenza di questa Corte (sez. 2 n. 45256 del 22/11/2007, Rv.
238515, può configurarsi il reato di ricettazione, sotto il profilo del dolo
eventuale, ogniqualvolta l’agente si è posto il quesito circa la legittima
provenienza della res, risolvendolo nel senso dell’indifferenza della
soluzione; viceversa si configura l’ipotesi di cui all’art. 712 cod. pen. quando
il soggetto, come ragionevolmente affermato nella decisione di primo grado,
ha agito con negligenza nel senso che, pur sussistendo oggettivamente il
dovere di sospettare circa l’illecita provenienza dell’oggetto, egli non si è
posto il problema ed ha, quindi, colposamente, realizzato la condotta
vietata.
4. Alla luce delle su esposte considerazioni, qualificato il fatto come

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Tale motivazione in realtà si limita a fornire una diversa valutazione del

violazione dell’art. 712 cod. pen., la sentenza impugnata deve essere
annullata senza rinvio perché il reato è estinto per prescrizione.

P.Q.M.

impugnata perché il reato è estinto per prescrizione.

Così deciso il 28 maggio 2013
Il ConsigIry stensore

Il Presidente

Qualificato il fatto ex art. 712 cod. pen, annulla senza rinvio la sentenza

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