Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 25407 del 04/06/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 25407 Anno 2015
Presidente: FOTI GIACOMO
Relatore: VITELLI CASELLA LUCA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
CARAGEA SANDA CLAUDIA N. IL 21/02/1973
avverso la sentenza n. 872/2013 TRIBUNALE di VELLETRI, del
24/05/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCA VITELLI
CASELLA;

Data Udienza: 04/06/2014

n.105 ricorrente CARAGEA Sanda

Motivi della decisione

Deve giudicarsi inammissibile, siccome manifestamente infondato, il
ricorso, come in epigrafe proposto dal difensore dell’imputato
sentenza resa in data 24 maggio 2013 dal

avverso la

Tribunale di Velletri, ex art. 444

nn.2e 7 cod. pen., commesso in Pomezia il 2 aprile 2013.
Contrariamente alle obiezioni dedotte in termini generici, apodittici ed astratti
dal ricorrente – che lamenta vizi motivazionali della sentenza impugnata – deve
rilevarsi che il Tribunale ha recepito l’insegnamento ripetutamente affermato da
questa Corte secondo il quale la motivazione della sentenza non può non essere
conformata alla particolare natura giuridica della sentenza di patteggiamento: lo
sviluppo delle linee argonnentative è necessariamente correlato all’esistenza
dell’atto negoziale con cui l’imputato dispensa l’accusa dall’onere di provare i
fatti dedotti nell’imputazione.
Né l’imputato può avere interesse a lamentare una siffatta motivazione
censurandola come insufficiente e sollecitandone una più analitica, dal momento
che la statuizione del giudice coincide esattamente con la volontà pattizia del
giudicabile.
D’altra parte, attesa la natura pattizia del rito, chi chiede la pena pattuita
rinuncia ad avvalersi della facoltà di contestare l’accusa. Ne consegue che, come
questa Corte ha più volte avuto modo di ribadire, l’imputato non può
prospettare con il ricorso per cassazione censure che coinvolgono il patto dal
medesimo accettato.
Nel caso di specie il giudice dà atto che è corretta, sulla base degli atti, la
qualificazione giuridica del fatto cosiccome contestato e che non ricorrono i
presupposti di applicazione dell’art. 129 cod. proc. pen.
Segue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese del procedimento e della somma di euro 1.500,00 in
favore della cassa delle ammende, a titolo di sanzione pecuniaria, trattandosi di
causa di inammissibilità riconducibile alla volontà, e quindi a colpa, del ricorrente
stesso (cfr. Corte Costituzionale sent. n. 186 del 7 — 13 giugno 2000 ).

PQM

i

cod. proc. pen., in quanto responsabile del delitto di cui agli artt. 110, 624, 625

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese del procedimento e della somma di euro 1.500,00 in favore della cassa
delle ammende.

Così deciso in Roma,lì 4 giugno 2014.

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