Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 25389 del 16/04/2015

Penale Sent. Sez. 6 Num. 25389 Anno 2015
Presidente: ROTUNDO VINCENZO
Relatore: DI STEFANO PIERLUIGI

SENTENZA
sul ricorso proposto da:

PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI CASSINO
Nel procedimento a carico di
AA
avverso la sentenza 2794/2013 del 30/9/2014 del GIUDICE DELL’UDIENZA
PRELIMINARE DEL TRIBUNALE DI CASSINO
visti gli atti, la sentenza ed il ricorso
udita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIERLUIGI DI STEFANO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. P. CANEVELLI che ha concluso
chiedendo il rigetto del ricorso
Udito l’avv. I. CASERTA, AA
MOTIVI DELLA DECISIONE
Richiesto del rinvio a giudizio nei confronti di AA per il reato di abuso di ufficio commesso nel

Data Udienza: 16/04/2015

contesto della loro attività, rispettivamente, di sindaco e assessori comunali del
Comune di Pontecorvo con riferimento alla gestione di rapporti di lavoro, il giudice
per le indagini preliminari del Tribunale di Cassino, con sentenza del 30 settembre
2014, disponeva il non luogo a procedere per essere l’azione penale improcedibile
in ragione del mancato rispetto della disposizione di cui all’art. 414 cod. proc. pen.
avendo rilevato, in corso di udienza preliminare, che per i medesimi fatti era stata
pronunciata archiviazione da parte della stessa A.G. di Cassino.
Difatti, presso la stessa A.G. era stato iscritto il procedimento penale

dalla “Relazione ispettiva inerente la verifica amministrativo-contabile effettuata
presso il Comune di Pontecorvo dal 15.12.2010 al 21.1.11 dalla Ragioneria
Generale dello Stato”. In tale procedimento, pur se formalmente iscritto a carico
di ignoti, i soggetti cui era attribuita la commissione del reato erano chiaramente
indicati, personalmente, negli amministratori del Comune di Pontecorvo, ovvero il
sindaco e gli assessori comunali. Tale diverso procedimento, come detto, era
definito con il decreto del 22 settembre 2011 con il quale il giudice per le indagini
preliminari accoglieva la richiesta di archiviazione per non essere ravvisabili ipotesi
di reato; secondo l’ufficio di procura, pur se si era in presenza di errori di gestione
amministrativa, questi erano dovuti a colpa nella valutazione dell’interesse
pubblico per cui andava escluso il dolo del reato ipotizzato.
Il presente procedimento è a carico degli stessi soggetti, anche se, stavolta,
iscritti nominativamente, per i medesimi fatti fondati sulla “relazione ispettiva”
citata.
In conclusione il gip del presente procedimento riteneva innanzitutto mancare
il formale provvedimento di autorizzazione alla riapertura delle indagini e
osservava che, in ogni caso, non vi era alcun elemento di novità in quanto l’unico
atto apparente ulteriore rispetto al fascicolo originario consisteva in una
informativa di reato della Guardia di Finanza del 27 settembre 2011 che, in realtà,
si limitava ad enucleare dalla citata relazione taluni specifici rilievi sulla cui scorta,
poi, il pubblico ministero ha formulato i capi di imputazione.
Avverso tale decisione ha proposto ricorso il pubblico ministero presso il citato
Tribunale, premettendo di fondare la impugnazione sul dubbio in ordine all’essere
necessario o meno un provvedimento di riapertura delle indagini “anche quando
sopravviene una nuova autosufficiente informativa di reato, di esclusiva iniziativa
della polizia giudiziaria, e non debbano essere svolte nuove investigazioni”.
Svolge vari argomenti, sostanzialmente finalizzati a sostenere che si possa
procedere senza autorizzazione alla riapertura laddove non siano necessarie nuove
indagini e la polizia giudiziaria abbia autonomamente fatto un’ulteriore
segnalazione di sussistenza dei reati per i quali vi è stata archiviazione.

3166/2011 per il reato di cui all’art. 323 cod. pen. in base a quanto risultante

Il ricorso è inammissibile per la manifesta infondatezza dei motivi.
Il giudice per le indagini preliminari ha fatto corretta applicazione dei principi
in tema di riapertura delle indagini laddove si proceda innanzi alla medesima
autorità giudiziaria, ed ha peraltro osservato che, anche sotto un profilo
sostanziale, non vi sarebbero neanche gli elementi sostanziali per la riapertura
delle indagini mancando qualsiasi novità rispetto alla indagine archiviata. Peraltro,
le ragioni per le quali era stata disposta la precedente archiviazione, per come
esposte nel provvedimento impugnato, avrebbero portato, rebus sic stantibus, al

A fronte di questi argomenti, il pubblico ministero svolge motivi da un lato del
tutto contrari alla normativa vigente, laddove ritiene che, di una norma chiara e
cogente, possa darsi una interpretazione che consenta di disapplicarla, sul
presupposto della “diversità” dell’iniziativa della polizia giudiziaria, come se
quest’ultima fosse dotata di autonomo potere di esercizio dell’azione penale;
dall’altro svolge motivi certamente eccentrici laddove, affermando
sostanzialmente che, a fronte di una iniziativa del pubblico ministero di ritenere
che non vi siano estremi di reato in una data denunzia, possa procedersi a una
rivisitazione di tale decisione in base a una valutazione diametralmente opposta
della polizia giudiziaria; in tale modo, inoltre, si affermerebbe implicitamente o
l’errore o l’omissione di valutazione del medesimo materiale da parte del PM e del
gip nel primo procedimento, chiedendosi una utilizzazione della riapertura delle
indagini (o, nel caso di specie, addirittura della “non riapertura”) quale forma di
impugnazione di merito rispetto alla prima decisione.
P.Q.M.
Dichiar namnnissibile il ricorso.
Roma c sì deciso il 16 aprile 2015

proscioglimento nel merito.

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