Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 25378 del 15/05/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 25378 Anno 2015
Presidente: GALLO DOMENICO
Relatore: BELTRANI SERGIO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE
DI CATANZARO
nei confronti di:
MELE ERNESTO N. IL 21/04/1974
avverso l’ordinanza n. 1100/2014 TRIB. LIBERTA’ di CATANZARO,
del 11/11/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SERGIO BELTRANI;
17e/sentite le conclusioni del PG Dott. jt a.
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Data Udienza: 15/05/2015

RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale del riesame di Catanzaro, adito ex art. 309
c.p.p., in parziale riforma della OCC emessa in danno di ERNESTO MELE, in atti generalizzato,
dal GIP del Tribunale di Cosenza in data 15.10.2014, ha limitato l’applicazione di misure
coercitive ad una sola delle vicende estorsive (con violazione della legge sulle armi ed altro,
come in dettaglio indicato nella contestazione provvisoria riportato in epigrafe della originaria
OCC), avendo qualificato l’altra (di cui al capo E) –

ex art. 393 c.p., con conseguente

custodia in carcere con quella degli arresti domiciliari.

Contro tale provvedimento, ha proposto ricorso per cassazione il PM territoriale,
deducendo violazione degli artt. 393 e 629 c.p. quanto alla qualificazione giuridica del reato di
cui al capo E), e dell’art. 275 c.p.p., quanto alla scelta della misura adeguata a fronteggiare le
ritenute esigenze cautelari in relazione ai residui reati oggetto di cautela.

All’odierna udienza camerale, celebrata ai sensi dell’art. 127 c.p.p., si è proceduto al
controllo della regolarità degli avvisi di rito; all’esito, le parti presenti hanno concluso come da
epigrafe, e questa Corte Suprema, riunita in camera di consiglio, ha deciso come da
dispositivo in atti.

CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è in parte fondato.

1. Deve premettersi, con riguardo ai limiti entro í quali la Corte di cassazione può
esercitare il sindacato di legittimità sulla motivazione delle ordinanze applicative di misure
cautelari personali, che, secondo l’orientamento che il Collegio condivide e reputa attuale
anche all’esito delle modifiche normative che hanno interessato l’art. 606 c.p.p. (cui l’art. 311
c.p.p. implicitamente rinvia), nei casi in cui sia denunciato, con ricorso per cassazione, vizio di
motivazione del provvedimento emesso dal Tribunale del riesame in ordine alla consistenza
dei gravi indizi di colpevolezza, alla Corte Suprema spetta

<> e che «l’esistenza di un
diritto azionabile davanti all’A.G. impone di qualificare l’episodio delittuoso di cui al capo E)
(…) nei termini di concorso nell’esercizio arbitrario delle proprie ragioni>> (la pretesa
creditoria – pur illecitamente, sotto il profilo penalistico – azionata aveva ricevuto un
pregresso riconoscimento giudiziale di fondatezza con sentenza emessa nell’anno 2005,
rimasta inadempiuta dalla p.o., era tuttora esigibile, non essendo decorso il termine
decennale di prescrizione, né risultava sproporzionata in relazione al quantum effettivamente

2.1. A tali rilievi il ricorrente non ha opposto alcunché di decisivo, se non generiche ed
improponibili doglianze riguardanti la ricostruzione dei fatti accolta nel provvedimento
impugnato, fondate su una personale e congetturale rivisitazione dei fatti di causa,
risolventesi in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito, e
senza documentare eventuali travisamenti nei modi di rito.

3. Il secondo motivo è fondato.

3.1. Il Tribunale del riesame, pur avendo evidenziato la sussistenza, con elevata
probabilità, del pericolo di recidiva specifica, e riconosciuto che le modalità del fatto
contestato rivelavano «un’indole dell’indagato particolarmente incline alla sopraffazione ed
alla violenza gratuita>>, e che i precedenti penali dell’indagato rivelano «una condotta di
vita pericolosamente dedita alle attività delinquenziali>>», ha poi ritenuto adeguata la
misura degli arresti domiciliari valorizzando unicamente il sopravvenuto ridimensionamento
dell’originaria ipotesi accusatoria, ma omettendo del tutto di considerare il concreto grado
delle esigenze ritenute in relazione ai reati in ordine ai quali era stato ravvisato il necessario
quadro di gravità indiziaria, e quindi le concrete cautele in relazione ad essi in ipotesi
necessarie, con valutazione parziale e quindi illegittima.

Invero, in tema di misure cautelari personali, l’art. 275 cod. proc. pen., nell’attribuire al
giudice ampi poteri discrezionali nella scelta della misura da applicare all’indagato o imputato,
impone di valutare se la misura che intende adottare sia idonea a soddisfare le specifiche
esigenze cautelari ravvisate nel caso concreto: la discrezionalità del giudice non è assoluta, e
la formulazione del giudizio di adeguatezza e proporzionalità della misura alle esigenze che si
intendono soddisfare è incensurabile in sede di legittimità, soltanto se sorretta da adeguata
motivazione immune da vizi logici e giuridici.
Nel caso in cui venga richiesta la sostituzione della misura della custodia in carcere con
quella degli arresti domiciliari, l’indagine volta ad accertare l’adeguatezza di quest’ultima, una
volta individuate le esigenze cautelari da soddisfare, presuppone la specifica indicazione delle

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dovuto dalla vittima).

ragioni per le quali essa viene ritenuta, in ipotesi, idonea oppure non idonea allo scopo,
ovvero proporzionata o non proporzionata all’entità e gravità dei fatti di reato oggetto di
indagine e di cautela, non potendo riconoscersi rilevanza esclusiva ed assorbente al fatto che
siano nelle more “cadute” accuse in origine ritenute.
3.2. L’ordinanza impugnata va, pertanto, annullata in parte qua, con rinvio al Tribunale di
Milano per nuovo esame, che andrà condotto conformandosi a quanto sin qui affermato.

annulla l’ordinanza impugnata limitatamente alla scelta della misura applicata, con rinvio al
Tribunale di Catanzaro per nuovo esame. Rigetta nel resto.
Così deciso in Roma, udienza camerale 15 maggio 2015

Il com onente estensore

Il Presidente

P.Q.M.

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