Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 25372 del 06/05/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 25372 Anno 2015
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: RECCHIONE SANDRA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PARISI BIAGIO CONSOLATO N. IL 25/11/1961
avverso l’ordinanza n. 866/2014 TRIB. LIBERTA’ di REGGIO
CALABRIA, del 18/08/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SANDRA RECCHIONE;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

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Data Udienza: 06/05/2015

RITENUTO IN FATTO

1.11 tribunale di Reggio Calabria, sezione per il riesame dei provvedimenti
cautelari, confermava l’ordinanza del giudice per le indagini preliminari con la
quale era stata applicata a Parisi Biagio Consolato la misura cautelare della
custodia in carcere in relazione ai reati di cui agli artt. 416 bis cod. pen. e all’art.
74 del D. p.r. 309\1990.

la funzione di trasmettere informazioni ed ordini per conto della organizzazione
mafiosa, avrebbe trattenuto per sé la somma di mille euro da destinare alla
moglie di un detenuto; tale gesto avrebbe innescato minacce ed intimidazioni
da parte della cosca che si erano manifestate con l’inserimento nella
autovettura del ricorrente di una testa di capretto e con l’incendio di una
autovettura mini cooper ritenuta di proprietà del Parisi

2. ricorreva per Cassazione il difensore dell’indagato che deduceva vizio di
motivazione
2.1. Si lamentava la

non univocità del quadro indiziario riferito alla

partecipazione all’associazione mafiosa; gli indizi

indicati a sostegno della

misura erano stati individuati principalmente nella conversazioni intercettate
tra i Laurendi e la Buzzan presso la casa circondariale di Palmi; le dichiarazioni
etero accusatorie emerse da tali conversazioni, nella prospettiva difensiva non
sarebbe credibili in quanto la fonte diretta dei fatti emersi, Varano, «aveva
interesse a denigrare lo stesso ed a scaricargli addosso la responsabilità per la
mancata consegna delle somme ai familiari dei detenuti»; inoltre i contenuti
accusatori non sarebbero confortate da riscontri individualizzanti; si
rimarcava inoltre che l’episodio della appropriazione delle somme destinate alla
moglie del Ventura si collocava in un periodo prossimo alla carcerazione di questi
il che rendeva lo stesso inverosimile; infine, l’episodio della testa di capretto,
che sarebbe stata inserita nella autovettura del Parisi, ritenuto indicativo della
partecipazione alla associazione mafiosa non risultava essere stato
denunciato.
2.2. Si deduceva la assenza di elementi idonei a configurare un quadro
indiziario in ordine alla partecipazione al sodalizio mafioso idoneo a supportare la
applicazione della cautela; si rimarcava il disinteresse del Parisi verso la
assunzione di incarichi associativi e la incompatibilità con la partecipazione al
sodalizio della condotta di interruzione del sostentamento economico della
moglie di uno dei sodali detenuto con la contestata partecipazione;
2

Dalla motivazione del provvedimento impugnato emergeva che Parisi, che aveva

2.3. Infine si deduceva la inconsistenza del quadro indiziario in relazione al
reato di cui all’art. 74 D.p.r. 309\90 avvalorata dal contenuto di una ordinanza
dello stesso tribunale di Reggio Calabria che aveva ritenuto insufficienti gli indizi
in relazione alla posizione di alcuni coindagati.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.il ricorso è fondato limitatamente alle doglianza proposte in relazione al capo

dedita alla organizzazione del traffico di stupefacenti.
2.La difesa, a sostegno del motivo di ricorso con il quale censurava la
motivazione relativa alla individuazione dei gravi indizi di colpevolezza in
relazione al reato di cui all’art. 74 del d.p.r. 309\90 ha allegato la sentenza della
Corte di cassazione che, in data 22.01.2015, ha annullato la misura cautelare
disposta – nell’ambito del presente medesimo procedimento – nei confronti di
Bullace Domenico e di Borghetto Eugenio proprio in relazione al delitto
associativo di cui alli art. 74 D.P.R. n. 309/1990.
In coerenza con quanto rilevato nella sentenza di annullamento allegata si
rileva che anche nel provvedimento oggi sottoposto all’esame del collegio dagli
elementi raccolti non risulta delineata una specifica struttura, nell’ambito della
associazione di stampo mafioso, che, ancorchè in forma rudimentale, fosse
dedita al traffico di stupefacenti.
In particolare, non risultava descritto in che modo fosse strutturata la rete
distributiva dello stupefacente, sia quanto alla identificazione delle persone
addette allo spaccio al minuto, sia con riguardo alla individuazione della piazze
di spaccio; del pari, non risultavano indicate le fonti di approvvigionamento delle
sostanze stupefacenti, né venivano indicati elementi idonei ad indicare la
consapevolezza del ricorrente di far parte di una struttura finalizzata al
commercio di sostanze stupefacenti.
L’ordinanza impugnata deve dunque essere annullata con rinvio con riguardo al
capo b): al giudice di rinvio viene affidato il compito di verificare “se a
prescindere dalla partecipazione di Parisi all’associazione a delinquere di stampo
mafioso di cui al capo a), gli elementi esistenti agli atti siano tali da integrare
gravi indizi di colpevolezza in ordine alla partecipazione all’ulteriore distinta
associazione finalizzata alla commissione di attività di spaccio nella provincia di
Reggio Calabria ed in altre zone d’Italia, attività che nell’ipotesi d’accusa

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b) di imputazione, ovvero alla contestazione di partecipazione ad associazione

sarebbe finalizzata anche a reperire le risorse per mantenere le famiglie dei
sodali in stato di detenzione dell’associazione di cui al capo a)”.
3. I motivi di ricorso che tendono alla svalutazione del quadro indiziario in
relazione al reato di partecipazione alla associazione mafiosa devono invece
essere respinti.
3.1. Il motivo di ricorso che deduce la non veridicità dei contenuti delle
intercettazioni è infondato. In materia il collegio aderisce all’orientamento
secondo il quale gli elementi di prova raccolti nel corso delle intercettazioni di

prova diretta soggetta al generale criterio valutativo del libero convincimento
razionalmente motivato, previsto dall’art. 192 comma primo, cod.proc.pen.,
senza che sia necessario reperire dati di riscontro esterno; qualora, tuttavia, tali
elementi abbiano natura indiziarla, essi dovranno possedere i requisiti di gravità,
precisione e concordanza in conformità del disposto dell’art. 192, comma
secondo cod.proc.pen. (Cass. sez.. 1, n. 37588 del 18/06/2014, Rv. 260842;
Cass. sez. 1, n. 40006 del 11/04/2013, Rv. 257398; Cass. sez. 6, n. 3882 del
04/11/2011, dep 2012 Rv. 251527).
La valutazione dei contenuti accusatori provenienti da una conversazione
intercettata si sottrae dunque alla regola di valutazione che governa
l’apprezzamento della prova dichiarativa in quanto, nonostante i contenuti
intercettati non possano che essere inseriti nell’ampio genere della
“dichiarazione”, gli stessi hanno la caratteristica di essere emersi non in seguito
alla sollecitazione di una autorità certificante, come avviene nel caso della
raccolta della testimonianza o delle dichiarazioni predibattimentali, ma di essere
spontanei.
La spontaneità è un indice di credibilità che, per quanto insufficiente a garantire
in modo assoluto la veridicità dei contenuti dichiarativi, consente tuttavia di
estrarre la dichiarazione intercettata dall’area della testimonianza, ovvero della
prova dichiarativa “sollecitata” che necessita, ogni volta che il propalante sia un
chiamante in correità, di riscontri di natura individualizzante.
Il fatto che le dichiarazioni intercettate siano spontanee non integra una
presunzione di credibilità, e non esime dalla necessità di compiere una
approfondita analisi della veridicità dei contenuti, essendo il “dichiarato” per sua
natura manipolabile.
Può dunque essere affermato che la riconducibilità della intercettazione al più
ampio genere della dichiarazione impone un vaglio penetrante diretto a
verificare la veridicità dei contenuti registrati, attraverso la valutazione del
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conversazioni alle quali non abbia partecipato l’imputato, costituiscono fonte di

contesto in cui gli stessi emergono, delle relazioni tra i conversanti e della
compatibilità con gli altri elementi di prova raccolti, ove presenti.
Nel caso di specie il collegio effettuava la valutazione della veridicità dei
contenuti dichiarativi intercettati in accordo con le indicate linee interpretative:
Veniva valorizzata la intraneità delle persone intercettate alla organizzazione
criminale, dalla quale derivava «un rapporto di intimità e condivisione
relazionale con i principali protagonisti della consorteria» che garantiva una
affidabile conoscenza delle dinamiche associative (pag. 18 della ordinanza

dichiarazioni, l’omogeneità e coerenza della progressione dichiarativa (pag 19
del provvedimento impugnato).
La valutazione della veridicità dei contenuti dichiarativi riconducibili alle
intercettazioni risulta ostesa con motivazione priva di fratture logiche ed
aderente alle emergenze processuali che, in quanto tale, si sottrae al sindacato
in sede di legittimità.
4. Il motivo di ricorso che tende a svalutare la tenuta del compendio indiziario
in ordine al fatto di partecipazione alla associazione mafiosa contestato deve
essere, infine, dichiarato manifestamente infondato.
Il ricorrente propone, al riguardo, una lettura alternativa delle emergenze
processuali inammissibile in sede di legittimità. In particolare la mancata
considerazione del disinteresse del Parisi per la assunzione di incarichi
associativi, la asserita inverosimiglianza della attivazione del sostegno economico
alla famiglia del Ventura in relazione al suo recente stato di detenzione e la
asserita incompatibilità della appropriazione del denaro destinato alla famiglia del
detenuto con la adesione al sodalizio mafioso sono argomenti implicitamente
disattesi dalla Corte territoriale che ritiene sicuramente inquadrabile come
manifestazione di appartenenza alla associazione mafiosa la attività di raccolta
di denaro a favore delle famiglie dei sodali detenuti, senza che l’eventuale
attività “distrattiva”, o il disinteresse per l’ascesa nelle gerarchie mafiose, possa
essere in alcun modo considerata come fatto esimente idoneo ad annullare la
intensa capacità dimostrativa delle prove che dimostrano l’attivazione della
attività di raccolta di denaro per i detenuti (Cass.

Sez. 5, n. 35997 del

05/06/2013, Rv. 256947).
5. Poiché dalla presente decisione non consegue la rimessione in libertà del
ricorrente, deve disporsi – ai sensi dell’articolo 94, comma 1 ter delle disposizioni
di attuazione del codice di procedura penale, che copia della stessa sia trasmessa

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impugnata); del pari: veniva valorizzata la reiterazione e precisione delle

al direttore dell’istituto penitenziario in cui l’indagato si trova ristretto, perché
provveda a quanto stabilito dal comma 1 bis del citato articolo 94.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata limitatamente al reato di cui all’art. 74 D.p.r. n.
309 del 1990 con rinvio al tribunale di Reggio Calabria; rigetta nel resto il
ricorso.
Si provveda a norma dell’art. 94 disp att. cod. proc. pen.

L’estensore

Il Presidente

Così deciso in Roma, il giorno 6 maggio 2015

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