Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 25369 del 09/06/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 25369 Anno 2015
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: DAVIGO PIERCAMILLO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Moffa Michele Antonio, nato a Holzeim (Germania) il 07/06/1971;
avverso la sentenza del 16/01/2014 della Corte d’appello di Bari;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Piercamillo Davigo;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Sante
Spinaci, che ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile;
udito per l’imputato l’Avv. Errnenegildo Russo in sostituzione dell’Avv. Michele
Curtotti il quale ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 21.1.2011 il Tribunale di Lucera dichiarò Moffa Michele
Antonio responsabile del reato di truffa e lo condannò alla pena di anni 1 di
reclusione ed C 200,00 di multa, nonché al risarcimento dei danni ed alla
rifusione delle spese di giudizio a favore della parte civile Cordisco Antonio.

2. L’imputato propose gravame ma la Corte d’appello di Bari, con sentenza
del 16.1.2014, confermò la pronunzia di primo grado e condannò l’imputato alla
rifusione delle ulteriori spese di giudizio sostenute dalla parte civile.

3. Ricorre per cassazione l’imputato, tramite il difensore, deducendo:

L

Data Udienza: 09/06/2015

1.

violazione di legge e vizio di motivazione in quanto si sarebbe in presenza
di un illecito civile e non di una truffa; l’induzione in errore del contraente
è stata fondata solo su base di verosimiglianza;

2.

violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al mancato
riconoscimento dello stato di necessità essendo Moffa vittima di usura e
sottoposto ad imminente e grave pericolo.

1. Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato e svolge censure di
merito.
La Corte territoriale ha ravvisato i raggiri nel silenzio serbato sulla reale
situazione dell’autovettura e la conseguente impossibilità di adempiere.
In tale motivazione non si ravvisa alcuna manifesta illogicità che la renda
sindacabile in questa sede.
Infatti, nel momento del controllo di legittimità, la Corte di cassazione non
deve stabilire se la decisione di merito proponga effettivamente la migliore
possibile ricostruzione dei fatti né deve condividerne la giustificazione, ma deve
limitarsi a verificare se questa giustificazione sia compatibile con il senso comune
e con “i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento”, secondo una
formula giurisprudenziale ricorrente. (Cass. Sez. 5^ sent. n. 1004 del
30.11.1999 dep. 31.1.2000 rv 215745, Cass., Sez. 2^ sent. n. 2436 del
21.12.1993 dep. 25.2.1994, rv 196955).
Del resto va ricordato che il vizio di motivazione implica o la carenza di
motivazione o la sua manifesta illogicità.
Sotto questo secondo profilo la correttezza o meno dei ragionamenti
dipende anzitutto dalla loro struttura logica e questa è indipendente dalla verità
degli enunciati che la compongono.

2. Il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato e svolge censure
di merito.
L’esimente di cui all’art. 54 cod. pen. implica che il pericolo non sia
altrimenti evitabile, mentre nel caso in esame la Corte territoriale ha ritenuto che
l’imputato ben avrebbe potuto rivolgersi alle autorità.

3. Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile.

4. Non possono trovare applicazione le norme sulla prescrizione del reato,
pur essendo maturati i relativi termini dopo la pronunzia della sentenza di
appello, dal momento che – secondo la giurisprudenza delle Sezioni Unite di
2

_\._

CONSIDERATO IN DIRITTO

questa Corte – l’inammissibilità del ricorso per cassazione dovuta alla mancanza,
nell’atto di impugnazione, dei requisiti prescritti dall’articolo 581 cod. proc. pen.,
ovvero alla manifesta infondatezza dei motivi non consente il formarsi di un
valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e
dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’articolo 129 cod. proc. pen.
(cfr.: Cass. Sez. Un., sent. n. 21 del 11.11.1994 dep. 11.2.1995 rv 199903;
Cass. Sez. Un., sent. n. 32 del 22.11. 2000 dep. 21.12.2000 rv 217266).

inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al
pagamento delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi profili di colpa
nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della
Cassa delle ammende della somma di mille euro, così equitativannente fissata in
ragione dei motivi dedotti.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro mille alla Cassa delle ammende.

Così deciso il 09/06/2015.

5. Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara

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