Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 25364 del 09/06/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 25364 Anno 2015
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: DAVIGO PIERCAMILLO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Martelli Nino, nato a Montorio al Vomano il 03/09/1958;
avverso la sentenza del 08/05/2013 della Corte d’appello di L’Aquila;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Piercamillo Davigo;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Sante
Spinaci, che ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 26.10.2011 il Tribunale di Teramo dichiarò Martelli Nino
responsabile del reato di cui all’art. 640 comma 2 cod. pen. in danno dell’I.N.P.S.
e lo condannò alla pena di anni 1 di reclusione ed C 309,00 di multa, pena
sospesa.

2. L’imputato propose gravame e la Corte d’appello di L’Aquila, con sentenza
in data 8.5.2013, in parziale riforma della pronunzia di primo grado, dichiarò non
doversi procedere limitatamente ai fatti consumati fino all’ottobre 2005, perché
estinti per prescrizione e – concesse le circostanze attenuanti generiche
equivalenti all’aggravante – rideterminò la pena per la residua parte in mesi 6 di
reclusione ed C 200,00 di multa.

Data Udienza: 09/06/2015

3. Ricorre per cassazione l’imputato, tramite il difensore, deducendo:
1. violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla mancata
qualificazione del fatto ai sensi dell’art. 37 legge n. 689/1981; la sentenza
ha recepito la tesi del primo giudice;
2.

violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla sussistenza
dell’elemento soggettivo del reato; peraltro non vi è in atti prova
dell’invito e della diffida al pagamento;

3.

violazione di legge in relazione all’intervenuta prescrizione di ulteriori

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il primo motivo di ricorso è fondato nei termini di seguito precisati.
Questa Corte ha precisato che integra il delitto di truffa, e non il meno grave
reato di omissione o falsità in registrazione o denuncia obbligatoria (art. 37 della
legge 24 novembre 1981, n. 689), la condotta del datore di lavoro che, per
mezzo dell’artificio costituito dalla fittizia esposizione di somme corrisposte al
lavoratore, induce in errore l’istituto previdenziale sul diritto al conguaglio di
dette somme, invero mai corrisposte, realizzando così un ingiusto profitto e non
già una semplice evasione contributiva (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 42937 del
03/10/2012 dep. 07/11/2012 Rv. 253646, citata anche nella sentenza
impugnata. La Corte ha precisato che il meno grave reato di cui all’art. 37 citato
si differenzia dalla truffa sia per l’assenza di artifici e raggiri sia per la
finalizzazione del dolo specifico, diretto ad omettere il versamento in un tutto o
in parte di contributi e premi previsti dalle leggi sulla previdenza e assistenza
obbligatoria).
Peraltro, in tema di indebita percezione di erogazioni pubbliche, la produzione
all’ente erogatore di una falsa autocertificazione finalizzata a conseguire
indebitamente contributi previdenziali integra il reato di cui all’art. 316-ter cod.
pen., anziché quello di truffa aggravata, qualora l’ente assistenziale non venga
indotto in errore, in quanto chiamato solo a prendere atto dell’esistenza dei
requisiti autocertificati e non a compiere una autonoma attività di accertamento
(Cass. Sez. 2, Sentenza n. 49642 del 17/10/2014 dep. 28/11/2014 Rv. 261000).
Nel caso in esame si versa però, in ragione dell’entità della somma (C
1.140,00), in ipotesi di illecito amministrativo.

2.

La sentenza impugnata deve essere pertanto annullata senza rinvio

perché, riqualificato il fatto ai sensi dell’art. 316
previsto dalla legge come reato.

2

ter cod. pen. il fatto non è

condotte.

3. Il secondo ed il terzo motivo di ricorso sono assorbiti nella decisione
assunta.

P.Q.M.

Qualificato il fatto quale violazione dell’art. 316

ter cod. pen., annulla senza

rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non è previsto dalla legge come

Così deciso il 09/06/2015.

reato.

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