Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 25357 del 07/05/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 25357 Anno 2015
Presidente: PRESTIPINO ANTONIO
Relatore: RAGO GEPPINO

SENTENZA
su ricorso proposto da:
1.

BRUNICARDI PAOLO nato il 08/12/1970;

2.

STRANO PAOLO nato il 08/12/1957;

avverso la sentenza del 02/10/2014 della Corte di Appello di genova;
Visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;
udita la relazione fatta dal Consigliere dott. Geppino Rago;
udito il Procuratore Generale in persona del dott. Carmine Stabile che ha
concluso per l’inammissibilità di entrambi i ricorsi;
uditi i difensori avv.ti Pietro Luca Fatigante (per Brunicardi) e Luca
Pietrini (per Strano) che hanno concluso per l’accoglimento dei rispettivi
ricorsi;
FATTO
1. Con sentenza del 02/10/2014 la Corte di Appello di Genova
confermava la sentenza pronunciata in data 20/11/2012 dal Tribunale di
Massa – sez. distaccata di Carrara – nella parte in cui aveva ritenuto
BRUNICARDI Paolo e STRANO Paolo colpevoli dei reati di cui all’art. 640

1

Data Udienza: 07/05/2015

bis cod. pen., e dei reati di cui agli artt. 483 – 8/3 dlgs 74/2000 (lo
Strano) e 2/3 dlgs 74/2000 (il Brunicardi).

2. Avverso la suddetta sentenza, entrambi gli imputati, a mezzo

3. BRUNICARDI Paolo, ha dedotto:
3.1. VIOLAZIONE DELL’ART. 548/3 COD. PROC. PEN. per non essere stata
la sentenza di appello notificata all’imputato contumace. Erroneamente,
infatti, la Corte lo aveva dichiarato “assente” alla stregua della nuova
disciplina introdotta dalla L. 67/2014, non avendo considerato che, a
seguito della L. 118/2014, la suddetta normativa non si applicava.
3.2. VIOLAZIONE DELL’ART. 316

TER COD. PEN.

per non avere la Corte

ritenuto che, nella fattispecie contestata si applicasse l’art. 316 ter cod.
pen. e non invece l’art. 640 bis cod. pen. in quanto era carente il
requisito dell’induzione in errore;
3.3. VIOLAZIONE DELL’ART.

2/3 DLGS 74/2000 per avere la Corte

respinto il motivo di appello limitandosi a richiamare per relationem la
sentenza di primo grado.

4. STRANO Paolo, ha dedotto:
4.1. VIOLAZIONE DELL’ART. 548/3 COD. PROC. PEN.. Si tratta della stessa
doglianza dedotta dal Brunicardi;
4.2. VIOLAZIONE DELL’ART. 640

BIS COD. PEN.

per avere la Corte

ritenuto, da una parte, la configurabilità del suddetto reato nonostante
non sussistessero i requisiti degli artifizi e raggiri, e dell’induzione in
errore, e, dall’altra, con motivazione manifestamente illogica,
l’inesistenza delle prestazioni della Polaris s.a.s.
4.3. VIOLAZIONE DELL’ART. 522 COD. PROC. PEN. in quanto, in relazione
al delitto di truffa, il capo d’imputazione descrive una condotta diversa
rispetto a quella affermata in sentenza. In ogni caso, la condotta
contestata all’imputato avrebbe dovuto essere sussunta nella fattispecie
di cui all’art. 316

ter cod. proc. pen. in quanto l’erogazione del

contributo non fu frutto dell’induzione in errore determinata dalle fatture

2

dei rispettivi difensori, hanno proposto separati ricorsi per cassazione.

che si assumono false né dalla perizia né da altri falsi documenti
trattandosi di pratica soggetta a controllo da parte dell’ente erogatore;
4.4. VIOLAZIONE DELL’ART. 8/3 DLGD 74/2000 per avere la Corte
ritenuto che la condotta del ricorrente fosse stata improntata al dolo
specifico senza verificarne l’effettiva sussistenza;

Corte negato la concessione delle attenuanti generiche e la riduzione
della pena con motivazione illogica;
4.6. VIOLAZIONE DELL’ART. 76 COD. PROC. PEN.

per avere la Corte

ritenuto l’ammissibilità della costituzione della parte civile Regione
Toscana nonostante fosse intervenuta una transazione tra Brunicardi e
Equitalia Cerit.
DIRITTO
1. BRUNICARDI
1.1. VIOLAZIONE DELL’ART.

548/3 COD. PROC. PEN.:

la censura è

infondata per le ragioni di seguito indicate.
In punto di fatto, risulta dalla stessa intestazione della sentenza
che, entrambi gli imputati furono dichiarati “assenti” alla stregua del
novellato art. 420 bis cod. proc. pen. (come modificato dalla

L. n°

67/2014 in vigore dal 17/05/2014), applicabile, sicuramente, anche al
giudizio di appello.
Il ricorrente (ma anche il ricorrente Strano) sostiene che la Corte
avrebbe dovuto continuare ad applicare la previgente normativa e,
quindi, dichiarare la contumacia con la conseguenza che l’estratto della
sentenza avrebbe dovuto essere notificato all’imputato, secondo il
previgente art. 548/3 cod. proc. pen. (ora modificato, sul punto, a
seguito della cit. legge n° 67/2014) e ciò perché la legge n° 118/2014,
ha aggiunto alla legge 67/2014, l’art. 15 bis a norma del quale « 1. Le
disposizioni di cui al presente capo si applicano ai procedimenti in corso
alla data di entrata in vigore della presente legge, a condizione che nei
medesimi procedimenti non sia stato pronunciato il dispositivo della
sentenza di primo grado.

3

4.5. VIOLAZIONE DEGLI ARTI- . 62 BIS – 132-133 COD. PEN. per avere la

2. In deroga a quanto previsto dal comma 1, le disposizioni vigenti
prima della data di entrata in vigore della presente legge continuano ad
applicarsi ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della
presente legge quando l’imputato è stato dichiarato contumace e non e’
stato emesso il decreto di irreperibilità».

territoriale avesse dovuto applicare la nuova o la previgente normativa,
quello che, giuridicamente rileva è che la nuova normativa applicata
dalla Corte è sicuramente più garantista rispetto a quella previgente in
punto di conoscenza del procedimento, ex art. 420 quater cod. proc.
pen. e, quindi, ai fini della decorrenza dei termini per l’impugnazione: i
ricorrenti, pertanto, non possono dolersi (per carenza d’interesse) della
circostanza che è stato loro applicato un rito più favorevole.
Di conseguenza, poiché nulla è stato dedotto in merito al mancato
esperimento della procedura di cui all’art. 420 quater cod. proc. pen., la
censura va disattesa.

1.2.

VIOLAZIONE DELL’ART.

316

TER

COD. PEN.:

la censura è

manifestamente infondata per le ragioni di seguito indicate.
Il ricorrente è stato ritenuto responsabile – in concorso con lo
Strano – «del delitto p. e p. dagli artt. 110 e 640 bis c.p. per avere, in
concorso tra loro, Brunicardi quale beneficiario e istigatore Strano quale
professionista incaricato, con artifizi e raggiri consistiti nella
presentazione di una domanda di concessione di aiuto rimborsabile,
indirizzata all’Artigiancredito Toscano – società cooperativa a.r.I.attestante fatti non reali e corredata da documentazione contabile non
veritiera, inducendo in tal modo in errore la predetta società erogatrice
che erogava il finanziamento – partecipato dallo Stato e dalla Comunità
Europea, Docup ob.2 2000/2006 – procurato al medesimo Brunicardi un
ingiusto profitto costituito dalla erogazione del finanziamento per un
importo di C 117.222,00 con pari danno per lo Stato e la Comunità
europea. Fatto commesso in Carrara (MS) il 28.03.2008 (data di
sottoscrizione del contratto definitivo di erogazione dell’aiuto
rimborsabile tra l’Artigíancredito Toscano e la ditta Brunicardi Preziosi e

4

Al che va replicato che, al di là della questione se la Corte

data in cui viene accreditato il contributo pubblico sul c/c bancario di
quest’ultima impresa)».
Il ricorrente, come si è detto (cfr,

amplius secondo motivo del

presente ricorso), non contesta la configurabilità degli artifizi e raggiri
(tesi questa dedotta in appello ma ampiamente confutata dalla Corte a

prodotta era inidonea ad indurre in errore l’ente erogatore, in specie
quanto al riferimento alla ISO 14000 che era tipica delle industrie di
grosse dimensioni e non certo di un laboratorio di oreficeria per il quale
era richiesta la certificazione ISO 9001.
In realtà, si tratta della medesima questione dedotta davanti alla
Corte territoriale (cfr pag. 4 della sentenza impugnata), la quale ha
confutato la suddetta doglianza nei seguenti testuali termini

«Il

ragionamento si fonda sul fatto che non vi era alcun interesse da parte
del Brunicardi a far risultare una pratica per ottenere la certificazione
ISO 14000, potendo tranquillamente far riferimento all’ISO 9001 e ciò
dimostrerebbe un errore materiale. Questo non è vero. Infatti, tale
riferimento è contenuto in più atti del procedimento ed anche, oltre che
nel preventivo, nella successiva perizia giurata. E’ massima di comune
esperienza che un errore materiale si verifica una tantum e non con
ricorrente regolarità. Ma ciò che più conta è che un’immediata lettura
degli atti del procedimento mostra che l’ISO 14000 era utile per avere
un maggior punteggio per ottenere il finanziamento. Si veda pagina 12,
allegato C del regolamento C.E. 1260/99 prodotto all’udienza del
4/10/2011 ove è scritto che se il progetto prevede tale certificazione si
ottengono due punti. E di tale incremento (pari al 25 per cento del
punteggio totale di 8) si è avvalso il Brunicardi nella dichiarazione resa il
28/6/2007».
Non solo, ma la Corte, dopo avere spiegato le ragioni per cui il
comportamento dei ricorrenti doveva ritenersi truffaldino (a pag. 5 è
scritto:

«la natura truffaldina della domanda è anche ampiamente

esplicitata dall’allegato 3 alla domanda di aiuto rimborsabile, dove viene
inventata una motivazione che giustificherebbe la necessità della
certificazione ISO 14.000, certificazione non inerente la vera attività del

5

pag. 3 ss della motivazione), ma sostiene che la documentazione

Brunicardi»), così conclude (pag. 6):

«non era sufficiente una falsità

messa per iscritto circa l’esistenza dei presupposti, ma la bugia doveva
essere preparata prospettando un rapporto con Polaris per prestazioni
inesistenti, che potesse ingannare anche i successivi controlli. Sussiste,
pertanto, il reato di cui all’ad. 640 bis c.p. e non quello di cui all’art. 316

La Corte territoriale, quindi, ha puntualmente risposto alle
doglianze del ricorrente sicchè la censura riproposta in questa sede va
ritenuta null’altro che un modo surrettizio di ottenere una nuova
valutazione di quegli stessi elementi fattuali dai quali la Corte ha tratto
le corrette conseguenze giuridiche (art. 640 bis invece che art. 316 ter
cod. pen.) attenendosi ai consolidati principi di diritto enunciati, sul
punto, da questa Corte di legittimità.

1.3.

VIOLAZIONE DELL’ART.

2/3

DLGS

74/2000: la censura, sul punto, è

manifestamente infondata.
La Corte territoriale (pag. 8), infatti, non ha rinviato alla sentenza
di primo grado, ma a quella parte della propria motivazione con la quale
aveva ampiamente spiegato le ragioni per cui le operazioni indicate nelle
dichiarazioni annuali, erano fittizie (pag. 3 ss).

2. STRANO
2.1.

VIOLAZIONE DELL’ART.

548/3

COD. PROC. PEN.:

trattandosi della

stessa censura dedotta dal Brunicardi, la medesima va respinta.

2.2.

VIOLAZIONE DELL’ART.

640

BIS COD. PEN.:

il ricorrente, con un

lungo ed articolato motivo (da pag. 2 a pag. 8 del ricorso) ha cercato di
dimostrare che, nella fattispecie contestata, non erano ravvisabili gli
estremi degli elementi materiali del reato di truffa (artifizi, raggiri ed
induzione in errore).
Ma, è sufficiente la semplice lettura del suddetto motivo, per
avvedersi che si tratta di un motivo di puro merito con il quale il
ricorrente, ripercorrendo le tappe della vicenda processuale, non fa altro
che prospettare una versione alternativa dei fatti chiedendone, quindi,

6

ter c.p.».

in modo surrettizio, una nuova valutazione non consentita in sede di
legittimità.
Sennonché, sul punto, non resta che ribadire che la Corte ha
ricostruito la vicenda processuale in modo ampio e convincente sulla
base di puntuali elementi fattuali, sicchè nella motivazione non sono

ravvisabili né violazioni di legge né i vizi di cui all’art. 606 lett e) cod.
proc. pen.

2.3.

VIOLAZIONE DELL’ART.

522

COD. PROC. PEN.:

la censura è

manifestamente infondata.
Innanzitutto, non è ravvisabile alcuna violazione dell’art. 522 cod.
proc. pen. in quanto la condotta è ben descritta nel capo d’imputazione
ed il ricorrente è stato condannato per quello specifico fatto sul quale ha
avuto ampio modo di difendersi su tutti gli aspetti fattuali.
Quanto, poi, alla censura secondo la quale la condotta avrebbe
dovuto essere sussunta nell’ambito dell’art. 316 ter cod. pen., non resta
che rinviare a quanto già detto in relazione alla medesima doglianza
dedotta dal Brunicardi.

2.4.

VIOLAZIONE DELL’ART.

8/3

DLGD

74/2000: anche la suddetta

doglianza, è manifestamente infondata.
Sul punto, infatti, è sufficiente il rinvio alla lettura della pag. 10
della sentenza impugnata dove la Corte, dopo avere ribadito la falsità
delle fatture, testualmente scrive:

«Ed è chiaro che sia Brunicardi, sia

Strano agivano per finalità di evasione di imposta, che, nel caso di
specie, aveva un’appetibilità economica ulteriore rispetto alla finalità
truffaldina».

2.5.

VIOLAZIONE DEGLI ARTT.

62

BIS –

132-133

COD. PEN.: La

suddetta

censura va ritenuta manifestamente infondata in quanto la motivazione
addotta dalla Corte territoriale [pag. 10] deve ritenersi ampia, congrua
e logica e, quindi, non censurabile in questa sede di legittimità, essendo
stato correttamente esercitato il potere discrezionale spettante al
giudice di merito in ordine al trattamento sanzionatorio ed al diniego

7

/

delle attenuanti generiche atteso che la Corte ha anche motivato in
ordine ai pretesi elementi a favore dell’imputato.

2.6. VIOLAZIONE DELL’ART. 76 COD. PROC. PEN.: anche la suddetta
doglianza è manifestamente infondata essendo del tutto generica ed

territoriale (pag. 1-2).

3. In conclusione entrambi i ricorsi, stante la non manifesta
infondatezzet, del solo primo motivo di doglianza (violazione dell’art.
548/3 cod. proc. pen.) vanno rigettati con conseguente condanna dei
ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.
RIGETTA
i ricorsi e
CONDANNA
i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Roma 07/05/2015

aspecifica rispetto all’ampia motivazione addotta sul punto dalla Corte

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