Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 25352 del 03/06/2015


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 3 Num. 25352 Anno 2015
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: SCARCELLA ALESSIO

SENTENZA

Sul ricorso proposto da:
– MONTICELLI ANTONIO, n. 10/09/1951 ad Oria

avverso l’ordinanza del tribunale del riesame di BRINDISI in data 19/11/2014;
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Alessio Scarcella;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. G. Corasaniti, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso;

Data Udienza: 03/06/2015

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza emessa in data 19/11/2014, depositata in data 21/11/2014, il
tribunale del riesame di BRINDISI rigettava la richiesta di riesame presentata
nell’interesse di MONTICELLI ANTONIO, richiesta proposta avverso il
provvedimento 29/09/2014 con cui il GIP presso il medesimo tribunale aveva

costituito da una struttura intelaiata di c.a. e muratura in laterizio, su due livelli,
delle dimensioni c.ca mq. 70/80, in assenza di titolo abilitativo, procedendosi nei
confronti del ricorrente per il reato di cui all’art. 44, lett. b), d.P.R. n. 380 del
2011 (fatto accertato in data 6/06/2014).

2.

Ha proposto personalmente ricorso MONTICELLI ANTONIO, impugnando

l’ordinanza predetta con cui deduce due motivi, di seguito enunciati nei limiti
strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.

2.1. Deduce, con il primo motivo, il vizio di cui all’art. 606, lett. b), c) ed e) cod.
proc. pen., per violazione dell’art. 321 e dell’art. 125, comma terzo, cod. proc.
pen.
In sintesi, la censura investe l’impugnata ordinanza per aver il tribunale del
riesame errato nel non ritenere affetto da vizi il provvedimento impugnato; in
particolare, sostiene il ricorrente, il provvedimento di sequestro sarebbe affetto
da nullità non essendo stata eseguita, al momento dell’esecuzione del sequestro,
la redazione del relativo verbale di sottoposizione e nomina del custode del bene
sequestrato; né, si aggiunge, potrebbe esplicare efficacia sanante la tardiva
notificazione del verbale di sequestro datata 25/10/2014, in quanto il 9/10/2014
la PG ebbe a limitarsi alla sola notifica del solo decreto di sequestro preventivo,
senza redigere verbale di tutte le operazioni effettuate.

2.2. Deduce, con il secondo motivo, il vizio di cui all’art. 606, lett. b) ed e) cod.
proc. pen., per violazione degli artt. 321, 325 e 125, comma terzo, cod. proc.
pen. anche in relazione agli artt. 10, lett. a), 31 e 44, lett. b), d.P.R. n. 380 del
2001; in particolare, per erronea applicazione della legge penale ed illogicità
della motivazione rispetto alla valutazione dei requisiti in concreto ritenuti
sussistenti ai fini della permanenza del sequestro preventivo, sia quanto al
fumus che al periculum in mora.
In sintesi, la censura investe l’impugnata ordinanza per aver il tribunale del
riesame ritenuto configurabile il reato in esame, nonché il relativo periculum ai
2

disposto il sequestro preventivo di un immobile in corso di realizzazione,

fini del sequestro, in assenza di elementi di prova; in particolare, quanto al
fumus, premesso che il sequestro segue ad un precedente sopralluogo eseguito
dalla PG in data 4/06/2014 nel corso del quale al ricorrente venne intimato di
non proseguire i lavori di edificazione del fabbricato in assenza di titolo
abilitativo, sostiene il ricorrente che il giudice del riesame avrebbe dovuto
considerare l’inesistenza della prosecuzione dei lavori, non risultando provato

verbale delle operazioni compiute dalla PG il precedente 4 giugno e dai rilievi
fotografici non si rinviene che il ricorrente abbia proseguito le attività edificando,
sul primo piano già esistente, un secondo livello; quanto, poi, in relazione al
periculum, difetterebbe nell’impugnato provvedimento la specificazione della
finalità di verifica dello stato attuale dell’immobile per compararlo con quello
accertato, al fine di evidenziare eventuali ulteriori violazioni o l’epoca della loro
commissione; nella specie, si evidenzia in ricorso, il manufatto realizzato
costituisce un ampliamento di una costruzione già da tempo esistente, donde la
ricorrenza degli effetti permanenti dell’illecito penale non configurerebbero
alcuna situazione di pericolo concreto tale da giustificare il provvedimento
cautelare; si sostiene, poi, che le conseguenze che il sequestro preventivo tende
ad impedire non sarebbero rappresentate da un qualsiasi effetto, ma solo da
quello attinente agli elementi strutturali tipici dell’illecito, o strettamente
collegato a questi ultimi, costituendone uno sviluppo ulteriore; l’immobile, in
quanto opera abusiva, non sarebbe di per sé idoneo a proiettare le sue
conseguenze negative sul territorio, attesa la sua realizzazione come
ampliamento di costruzione già esistente; ne conseguirebbe, conclusivamente,
l’assenza di una lesione del regolare assetto del territorio né di aggravio del
carico urbanistico, laddove si consideri peraltro che gli interessi da tutelare ben
avrebbero potuto essere salvaguardati con gli strumenti amministrativi di
competenza dell’ente locale (art. 7, legge n. 47 del 1985); difetterebbero,
dunque, sia la concretezza che l’attualità del pericolo, escludendosi l’aggravio del
carico urbanistico sotto il profilo della reale consistenza ed intensità del
pregiudizio paventato, tenendo conto della situazione esistente al momento
dell’adozione del provvedimento cautelare; infine, si osserva, si deve tener conto
anche della possibile sanatoria della costruzione abusiva, ciò che potrebbe
comportare il venir meno del periculum.

2.3. Con memoria depositata presso la cancelleria di questa Corte in data
19/05/2015, il difensore di ufficio del ricorrente ha depositato memoria con cui,

che questi non avesse ottemperato all’intimazione del precedente 4/06; dal

richiamando i motivi di doglianza esposti nell’originario ricorso, insiste per
l’annullamento dell’impugnata ordinanza.

CONSIDERATO IN DIRITTO

4.

Occorre premettere che, nel caso in esame, le censure avverso il

provvedimento impugnato sono esperibili nei ristretti limiti indicati dall’art. 325
cod. proc. pen. che, com’è noto prevede che «Contro le ordinanze emesse a
norma degli articoli 322-bis e 324, il pubblico ministero, l’imputato e il suo
difensore, la persona alla quale le cose sono state sequestrate e quella che
avrebbe diritto alla loro restituzione possono proporre ricorso per cassazione per
violazione di legge».
L’art. 325, comma primo, cod. proc. pen., dunque, prevede che il ricorso in
cassazione avvenga per violazione di legge. In proposito, le Sezioni Unite di
questa Corte hanno affermato che nel concetto di violazione di legge non
possono essere ricompresi la mancanza o la manifesta illogicità della
motivazione, separatamente previste dall’art. 606, lett. e), quali motivi di ricorso
distinti e autonomi dalla inosservanza o erronea applicazione di legge (lett. e) o
dalla inosservanza di norme processuali (lett. c) (Sez. U, n. 5876 del 28/01/2004
– dep. 13/02/2004, P.C. Ferazzi in proc.Bevilacqua, Rv. 226710). Pertanto, nella
nozione di violazione di legge per cui soltanto può essere proposto ricorso per
cassazione a norma dell’art. 325, comma primo, cod. proc. pen., rientrano sia gli
errores in iudicando o in procedendo sia quei vizi della motivazione così radicali
da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del
tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e
ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico
seguito dal giudice (Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008 – dep. 26/06/2008,
Ivanov, Rv. 239692), ma non l’illogicità manifesta, che può denunciarsi in sede
di legittimità soltanto tramite lo specifico ed autonomo motivo di ricorso di cui
all’art. 606, 1° co., lett. e), cod. proc. pen. (v., tra le tante: Sez. 6, n. 7472 del
21/01/2009 – dep. 20/02/2009, P.M. in proc. Vespoli e altri, Rv. 242916).

5. Il controllo della Corte di Cassazione è, dunque, limitato ai soli profili della
violazione di legge. La verifica in ordine alle condizioni di legittimità della misura
cautelare è necessariamente sommaria e non comporta un accertamento sulla
fondatezza della pretesa punitiva e le eventuali difformità tra fattispecie legale e
4

3. Il ricorso è inammissibile per genericità e per manifesta infondatezza.

caso concreto possono assumere rilievo solo se rilevabili ictu °cui/ (per tutte:
Sez. U, n. 6 del 27/03/1992 – dep. 07/11/1992, Midolini, Rv. 191327; Sez. U, n.
7 del 23/02/2000 – dep. 04/05/2000, Mariano, Rv. 215840). La delibazione non
può estendersi neppure all’elemento psicologico del reato e alla ricostruzione in
concreto delle possibili e prevedibili modalità con le quali la condotta contestata
si sarebbe dovuta manifestare; in altri termini, quindi, non è possibile che il

incidentale, il merito dell’impugnazione.
Ciò, peraltro, non significa che il giudice debba acriticamente recepire
esclusivamente la tesi accusatoria senza svolgere alcun’altra attività. Alla Corte
di Cassazione è, infatti, attribuito, il potere-dovere di espletare il controllo di
legalità, sia pure nell’ambito delle indicazioni di fatto offerte dal pubblico
ministero. L’accertamento della sussistenza del

fumus commissi delicti va

compiuto sotto il profilo della congruità degli elementi rappresentati, che non
possono essere censurati in punto di fatto per apprezzarne la coincidenza con le
reali risultanze processuali, ma che vanno valutati così come esposti, al fine di
verificare se essi consentono di sussumere l’ipotesi formulata in quella tipica.
Pertanto, il tribunale non deve instaurare un processo nel processo, ma svolgere
l’indispensabile ruolo di garanzia, tenendo nel debito conto le contestazioni
difensive sull’esistenza della fattispecie dedotta ed esaminando l’integralità dei
presupposti che legittimano il sequestro (per tutti: Sez. U, n. 23 del 20/11/1996
– dep. 29/01/1997, Bassi e altri, Rv. 206657).
E, in tale contesto, la più recente giurisprudenza di legittimità, ha precisato che
in sede di riesame dei provvedimenti che dispongono misure cautelari reali, il
giudice, benché gli sia precluso l’accertamento del merito dell’azione penale ed il
sindacato sulla concreta fondatezza dell’accusa, deve operare il controllo, non
meramente cartolare, sulla base fattuale nel singolo caso concreto, secondo il
parametro del “fumus” del reato ipotizzato, con riferimento anche all’eventuale
difetto dell’elemento soggettivo, purché di immediato rilievo (v. Corte cost., ord.
n. 153 del 2007; Sez. 6, n. 16153 del 06/02/2014 – dep. 11/04/2014, Di Salvo,
Rv. 259337).

6. Così definito il perimetro del sindacato di questa Corte in materia di
provvedimenti di cautela reale, è dunque evidente come, nel caso in esame, non
sia possibile da parte del Collegio esercitare il sindacato richiesto dal ricorrente
avverso l’impugnata ordinanza.
Ed infatti, le censure della difesa, più che prospettare un vizio di “violazione di
legge” inteso nei limiti indicati dalla giurisprudenza di legittimità, si risolvono in
5

controllo di cassazione si traduca in un controllo che investe, sia pure in maniera

una critica, oltremodo generica, al procedimento valutativo attraverso il quale il
tribunale del riesame ha ritenuto come – rebus sic stantibus

non sussistessero

elementi sufficienti per poter accogliere le doglianze difensive.

6.1. Deve, anzitutto, premettersi l’inammissibilità per genericità del ricorso
attesa l’identità delle doglianze esposte nella richiesta di riesame con quelle di

ricorrente abbia sostanzialmente trasfuso nel ricorso per cassazione i medesimi
motivi già sollevati, e congruamente confutati, davanti al tribunale del riesame.
E’ pacifico nella giurisprudenza di questa Corte che l’impugnazione è
inammissibile per genericità dei motivi se manca ogni indicazione della
correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste
a fondamento dell’atto di impugnazione, che non può ignorare le affermazioni del
provvedimento censurato, senza cadere nel vizio di aspecificità (v., tra le tante:
Sez. 4, n. 34270 del 03/07/2007 – dep. 10/09/2007, Scicchitano, Rv. 236945).

6.2. In ogni caso, osserva il Collegio, il ricorso è inammissibile anche perché
manifestamente infondato.

6.2.1. Ed invero, quanto al primo motivo, il provvedimento del tribunale del
riesame chiarisce in maniera evidente che non fosse ravvisabile alcuna nullità
per la mancata redazionale del verbale di sequestro alla data del sopralluogo del
9/10/2014, in occasione del quale la PG procedette solo alla notifica del decreto
di sequestro preventivo emesso il 29/09/2014, senza redigere il relativo verbale
di esecuzione, in quanto ciò non era sufficiente ad invalidare la piena efficacia del
sequestro preventivo, del tutto indipendente da altri aspetti eventualmente
correlati alla fase esecutiva, peraltro evidenziandosi la presenza in atti del
verbale, successivamente redatto, in data 25/10/2014, di esecuzione del decreto
di sequestro del GIP, relativo all’immobile in questione ed alla contestuale
nomina di custode giudiziario nella persona dell’indagato.
Il motivo è privo di pregio, atteso che, in materia la validità dell’atto oggetto di
impugnazione, ossia il decreto di sequestro preventivo, dev’essere distinta dalle
formalità che riguardano la sua esecuzione, previste dall’art. 104 disp. Att. Cod.
proc. pen.
Ed è pacifico nella giurisprudenza di questa Corte che non dà luogo a nullità la
violazione delle modalità di esecuzione del sequestro preventivo, previste
dall’art. 104 disp. att. cod. proc. pen., come modificato dalla L. 15 luglio 2009,
n. 94 (v., in termini: Sez. 3, n. 37842 del 29/09/2010 – dep. 25/10/2010,
6

cui al presente ricorso; la semplice comparazione tra i due atti evidenzia come il

Caneva e altri, Rv. 248488). Ciò, del resto, si aggiunge il rilievo, già evidenziato
dal tribunale del riesame, dell’intervenuta redazione, seppur successiva, del
verbale di esecuzione del decreto di sequestro disposto dal GIP, ciò che vale ad
escludere in radice qualsiasi irregolarità procedurale che abbia rilevanza
sull’efficacia del disposto provvedimento cautelare (si noti, del resto, che la
circostanza dell’omessa redazione del verbale di esecuzione, non rileverebbe

tante, Sez. 3, n. 42951 del 29/10/2002 – dep. 19/12/2002, Accongiagioco, Rv.
223035), a comprova dell’irrilevanza della questione.

6.2.2. Non migliore sorte merita il secondo motivo, del tutto inammissibile.
Ed invero, quanto al fumus del reato per cui si procede, il tribunale da atto che
dall’esame degli atti sottoposti al proprio giudizio di merito era emerso che il
ricorrente non aveva ottemperato all’invito rivoltogli in data 4/0672014 dalla PG
procedente di sospendere i lavori di edificazione del fabbricato in assenza di
titolo abilitativo, laddove, a seguito del sopralluogo eseguito a distanza di
qualche giorno, era invece emerso che questi avesse proseguito l’attività di
edificazione, realizzando, sul primo piano già esistente, un secondo livello.
A fronte di tali elementi fattuali, che danno atto dell’esistenza di lavori
abusivamente eseguiti e della loro prosecuzione nonostante la diffida verbale
della PG a non proseguirli, il ricorrente solleva censure puramente contestative,
che si risolvono in una critica generica alla ricostruzione del fatto ed alla
valutazione degli elementi probatori operata dai giudici del riesame, operazione
del tutto inibita davanti alla Corte di legittimità. E’ provato che i lavori di
ampliamento del fabbricato (la cui consistenza era tale da non dare adito a dubbi
in ordine alla necessità del permesso di costruire, trattandosi di struttura
intelaiata in cemento armato e muratura in laterizio su due livelli di circa mq.
70/80), non fossero assistiti da alcun titolo abilitativo e che gli stessi al momento
del sopralluogo erano in corso, ciò che rendeva palese l’esistenza del fumus del
reato per cui si procede, trattandosi di esecuzione di lavori in ampliamento di
immobile preesistente. Non v’è dubbio, del resto, che integra il reato di
costruzione edilizia abusiva (art. 44, comma primo, lett. b), d.P.R. 6 giugno
2001, n. 380)I’esecuzione di un intervento di ampliamento in sopraelevazione di
un fabbricato preesistente, non potendo il medesimo ricondursi agli interventi di
manutenzione straordinaria (Sez. 3, n. 25017 del 23/03/2011 – dep.
22/06/2011, Garofalo e altro, Rv. 250602).

7

nemmeno nel caso in cui si fosse verificata una violazione dei sigilli: v., tra le

6.2.3. Quanto, poi, al periculum, il tribunale del riesame chiarisce, da un lato,
come si tratti di un fabbricato ancora in costruzione e, dall’altro, che il ricorrente,
seppure diffidato dal proseguire i lavori, a distanza di pochi giorni, noncurante
dell’intervento dell’Autorità, li aveva proseguiti procedendo all’intervento di
ampliamento del secondo livello dell’immobile, rendendo quindi evidente la
necessità di impedire il protrarsi dell’attività criminosa. I giudici del riesame, sul

impedire la prosecuzione dei lavori di edificazione di un immobile abusivo ancora
in corso è, di per sè, condizione sufficiente per disporne e mantenerne il
sequestro preventivo, indipendentemente dalla natura ed entità degli interventi
da eseguire per ultimarlo (Sez. 3, ord. n. 49220 del 06/11/2014 – 26/11/2014,
Santovito, Rv. 261215; Sez. 3, n. 38216 del 28/09/2011 – dep. 24/10/2011,
P.M. in proc. Mastrantonio, Rv. 251302).
Infine, i giudici del riesame confutano del tutto logicamente il rilievo difensivo
secondo cui l’opera sarebbe suscettibile di sanatoria, evidenziando come si tratti
aspetto al momento irrilevante in quanto oggetto di successiva valutazione, e
comunque irrilevante al fine della sussistenza del periculum (a tacer d’altro,
osserva il Collegio, non risulta dal provvedimento impugnato, nemmeno che una
domanda di sanatoria sia stata nemmeno proposta). Trattasi di affermazioni del
tutto corrette in diritto, avendo infatti questa Sezione più volte affermato che la
mera presentazione della richiesta di permesso di costruire in sanatoria non è, di
per sè, idonea ad escludere il pericolo che la libera disponibilità dell’immobile
abusivamente realizzato possa aggravare o protrarre le conseguenze dell’illecito
ovvero agevolarne la commissione di altri (Sez. 3, n. 39731 del 28/09/2011 dep. 03/11/2011, P.M. in proc. Rainone e altro, Rv. 251304).

7. Il ricorso dev’essere, pertanto, dichiarato inammissibile. Segue, a norma
dell’articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del
procedimento e, non emergendo ragioni di esonero, al pagamento a favore della
Cassa delle ammende, a titolo di sanzione pecuniaria, di una somma che si stima
equo fissare, in euro 1000,00 (mille/00).

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di C 1.000,00 in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, nella sede della S.C. di Cassazione, il 03/06/2015

punto, mostrano di far buongoverno del principio secondo cui l’esigenza di

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA