Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 25332 del 14/05/2015


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 3 Num. 25332 Anno 2015
Presidente: FRANCO AMEDEO
Relatore: ANDREAZZA GASTONE

SENTENZA

sulla richiesta proposta da : Meligrana Cosimo, n. a Santeramo in Colle il
30/09/1971;

avverso l’ordinanza della Corte d’Appello di Bari in data 01/04/2014;
udita la relazione svolta dal consigliere Gastone Andreazza;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale F. Salzano, che ha concluso per il rigetto;

RITENUTO IN FATTO

1.Meligrana Cosimo ha proposto attraverso i propri difensori due distinti ricorsi
avverso l’ordinanza in data 01/04/2014 della Corte d’Appello di Bari che,
pronunciando a seguito di rinvio dalla Corte di cassazione in data 28/9/2010, ha
rigettato la domanda di riparazione per ingiusta detenzione presentata dallo
stesso.

2. Con un primo ricorso lamenta che la Corte d’Appello abbia fondato il rigetto
sul fatto che il ricorrente avrebbe con le proprie condotte dato causa alla

Data Udienza: 14/05/2015

detenzione mentre, in realtà, la difesa ha sempre rappresentato l’ipotesi della
legittima difesa con argomentazioni tuttavia erroneamente valutate dai giudici;
in particolare l’avere ripetutamente colpito gli avversari anche quando costoro
non rappresentavano più un pericolo, elemento questo evidenziato dei giudici per
escludere la riparazione, altro non rappresenterebbe che un esempio scolastico
di eccesso colposo di legittima difesa, eccesso da sempre rappresentato dalla

dibattimento; d’altra parte se tale ragionamento fosse corretto, in tutti i casi di
eccesso colposo non si potrebbe mai chiedere ed ottenere il risarcimento danni
per una ingiusta detenzione cautelare.

3. Con un secondo ricorso lamenta la violazione dell’art. 314, comma 2, c.p.p.
nonché la mancanza e manifesta illogicità della motivazione. Deduce come
contrastante con il principio di diritto affermato dalla sentenza di annullamento
con rinvio della Corte di cassazione l’argomentazione che ha individuato la colpa
grave nella genesi della restrizione della libertà personale in ragione della
reiterazione di colpi oltre la necessità di difesa. Infatti la Corte di cassazione, sia
nella sentenza di annullamento in oggetto che in pronunce consimili, ha
evidenziato come, ai fini del riconoscimento della riparazione, sia rilevante
appurare se l’accertamento della insussistenza in origine delle condizioni di
applicabilità della misura sia avvenuto sulla base degli stessi precisi elementi che
aveva a disposizione il giudice della cautela ovvero alla stregua di un materiale
diverso posto che la possibilità di una condotta colposa ostativa alla riparazione
verrebbe in rilievo solo nel secondo caso e non anche nel primo. Nella specie,
l’accertamento della insussistenza della condizione di applicabilità è avvenuto da
parte della Corte d’assise d’appello di Bari sulla base degli stessi elementi che
aveva a disposizione il G.i.p. e in ragione di una diversa valutazione degli
elementi stessi compreso quello della reiterazione di colpi oltre la necessità di
difesa; del resto, il giudizio si è svolto con rito abbreviato allo stato degli atti
ovvero sulla base degli stessi elementi che aveva a disposizione il G.i.p.. E a tali
elementi sono state date due diverse interpretazioni, ovvero quella del G.i.p.
che ha emesso e mantenuto la misura cautelare ritenendo configurabili i reati di
omicidio volontario e tentato omicidio, e quella della corte d’Assise d’appello di
Bari che, successivamente a sentenza di annullamento della corte di cassazione,
ha accertato l’esistenza ab origine della causa di giustificazione della legittima
difesa seppure con eccesso colposo. Denuncia quindi l’errore di diritto in cui è
incorsa ordinanza impugnata che ha ritenuto sussistente la colpa grave ostativa
al riconoscimento del diritto alla riparazione per ingiusta detenzione.
2

difesa anche in tutte le istanze di revoca della misura cautelare e nel corso del

CONSIDERATO IN DIRITTO

4. Il ricorrente lamenta sostanzialmente che la Corte di Appello abbia fatto, in
contrasto con il principio enunciato dalla sentenza di questa Corte del

dell’art. 314, comma 2, c.p.p., laddove si prevede che il diritto alla riparazione
per l’ingiusta detenzione spetta al condannato che nel corso del processo sia
stato sottoposto a custodia cautelare quando con decisione irrevocabile risulti
accertato che il provvedimento che ha disposto la misura è stato emesso o
mantenuto senza che sussistessero le condizioni di applicabilità previste dagli
artt. 273 e 280. Si contesta, infatti, che, essendo l’insussistenza ab origine di tali
condizioni stata accertata sulla base dei medesimi elementi di cui poteva
disporre il giudice della cautela, soltanto diversamente valutati, la misura
potesse essere emessa, nessun rilievo ostativo al diritto alla riparazione potendo
avere la condotta sinergica nel senso dell’adozione della misura da parte del
soggetto interessato contemplata dal comma 1 dell’art. 273 cit.
Ora, in effetti, indiscusso ed indiscutibile che nella specie debba trovare
applicazione l’ipotesi della cosiddetta “ingiustizia formale” di cui al comma 2 della
norma già richiamata, se non altro perché la sentenza di annullamento con rinvio
di questa Corte muove, nella propria decisione, da tale, non più controvertibile,
presupposto giuridico,questa Corte a Sezioni Unite, ponendo fine al contrasto che
si era venuto formando proprio sulla applicabilità, in tale ipotesi, della rilevanza
ostativa di condotte dolose o gravemente colpose da parte dell’imputato quali
fattori condizionanti l’adozione del provvedimento cautelare, ha affermato che la
circostanza di avere dato o concorso a dare causa alla custodia cautelare per
dolo o colpa grave opera anche in relazione ai casi di ingiustizia formale salvo
che l’accertamento dell’insussistenza ab origine delle condizioni di applicabilità
della misura avvenga sulla base dei medesimi elementi a suo tempo trasmessi al
giudice che ha reso il provvedimento cautelare, in ragione unicamente di una
loro diversa valutazione (Sez. U. n. 32383 del 27/05/2010, D’Ambrosio, Rv.
247663). La Corte ha infatti specificato che in tale ipotesi è lo stesso
meccanismo causale che governa l’operatività della condizione ostativa a
precludere la possibilità del diniego posto che, riconoscendosi che il G.i.p. era
oggettivamente nelle condizioni di negare o revocare la misura, “con ciò stesso si
esclude la ravvisabilità di una coefficienza causale nella sua determinazione da
parte del soggetto passivo”.
3

28/09/2010 di annullamento con rinvio, non corretta applicazione del disposto

5. Ciò posto, tale principio era stato in primis espressamente richiamato dalla
sentenza di annullamento che, investendo sentenza della Corte territoriale che,
anteriormente all’arresto delle Sezioni Unite, aveva aderito all’impostazione
giurisprudenziale “massimalista” (ovvero quella per cui la riparazione per
ingiustizia formale era tout court non compatibile con la rilevanza di condotte

della Corte e, in forza di tale “sopravvenienza”, aveva poi annullato l’ordinanza
impugnata ai fini della valutazione di eventuali condotte colpose o dolose
causalmente efficienti nel senso ricordato sopra.
Era quindi necessario, tale dovendo essere la corretta lettura da dare alla
sentenza del 28/09/2010, che il giudice del rinvio, tenendo conto del
complessivo contenuto del provvedimento di annullamento, considerasse, in
primo luogo, se potesse applicarsi nella specie, alla luce del “distinguo” formulato
dalle Sezioni Unite, il limite alla riparazione rappresentato da condotte causali
poste in essere dall’interessato e, in secondo luogo, se condotte di tal fatta
potessero in concreto rinvenirsi.
La ordinanza impugnata, invece, come fondatamente lamentato dal ricorrente,
ha trascurato di valutare il primo imprescindibile profilo analizzando unicamente
il secondo, in tal modo omettendo di verificare se l’accertamento
dell’insussistenza ab origine delle condizioni di applicabilità della misura sia
avvenuto sulla base dei medesimi elementi a suo tempo a disposizione del G.i.p.,
ed in ragione unicamente di una loro diversa valutazione (ciò che, per vero
parrebbe, per incidens, confermato dal passaggio finale della stessa ordinanza
ove si è spiegato che i dati a disposizione per la valutazione della vicenda “sono
sempre stati gli stessi”, essendo alcuni dati fattuali, tra cui la reiterazione di colpi
oltre la necessità di difesa, “sempre apparsi suscettibili di un diverso
inquadramento”).

6. In accoglimento del ricorso, l’ordinanza impugnata va dunque annullata con
rinvio alla Corte d’appello di Bari che giudicherà della richiesta di riparazione
tenendo conto dei principi qui riaffermati.

P.Q.M.

causali dell’interessato), aveva appunto posto in rilievo l’intervento risolutore

Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio alla Corte d’Appello di Bari riservando al
definitivo di merito il regolamento tra le parti delle spese.

Così deciso in Roma il 14 maggio 2015

Il Presidente

Il Consi ‘ere est sore

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA