Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 25328 del 13/05/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 25328 Anno 2015
Presidente: FRANCO AMEDEO
Relatore: PEZZELLA VINCENZO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE
DI BARI
nei confronti di:
DE BENEDICTIS SALVATORE N. IL 21/01/1961
avverso l’ordinanza n. 12/2015 TRIB. LIBERTA’ di BARI, del
05/02/2015
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. VINCENZO
PEZZELLA;
~sentite le conclusioni del PG Dott. ‘Slzeo ect,„£2.12Q(2,t: Csk
fldepstko

coza or-k •

Udit • • ifensor Avv.;

Data Udienza: 13/05/2015

RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 5.2.2015 il Tribunale di Bari, pronunciando sulla richiesta di riesame, presentata da De Benedictis Salvatore avverso il decreto di
sequestro preventivo emesso in data 7.1.2015 con la quale il GIP del Tribunale di
Bari applicava la misura del sequestro preventivo, nei confronti di MARSICO
Nunzia, TUCCI Tiziana, e DE BENEDICTIS Salvatore, dell’unità immobiliare ubicata in Gravina in Puglia, con accesso in Corso Giuseppe Di Vittorio nr. 30, 32,
32/A ed identificata in Catasto al foglio di mappa 103, particella 2206, in parziale

immobiliare, ordinava il dissequestro e la restituzione agli aventi diritto della restante parte dell’immobile.
L’incolpazione provvisoria vede contestati agli imputati di cui sopra i seguenti reati:
A) art. 110 c.p. ed art. 44 lett. b) DPR 380/01, perché, in concorso tra loro, il primo ed il secondo in qualità di progettisti e direttori di lavoro ed il terzo,
in qualità di amministratore unico della società denominata “Caporale Srl”, realizzavano opere edilizie difformi dal PdC formatosi in seguito a silenzio – assenso
su istanza del 15/7/2013 e dalle norme tecniche di attuazione del piano regolatore vigente presso l’immobile sito in Gravina in Puglia con accesso in C.so G. Di
Vittorio nr. 30, 32, 32/A ed identificato in catasto la foglio di mappa 103 particella 2206, consistenti in:
1. realizzazione dell’ultimo piano in maniera difforme dal progetto, con
una copertura prevalentemente piana anziché a falda inclinata, con una altezza
media netta interna di 2,82 metri e con tutte le caratteristiche di abitabilità nonchè un terrazzo a livello, che comporta la maggiore altezza del fabbricato e quindi la maggiore altezza sui frontidelle due strade pubbliche di Corso Di Vittorio
(mt 16,22) e di Via D’Alonzo (nnt19,13).
2. realizzazione, di una serra solare con superficie maggiore di 17,85 mq
rispetto a quella consentita dalle norme regionali;
3. realizzazione sul fabbricato sito in Via Canale D’Alonzo di balconi con
Indice di Visuale Libera inferiore a quello consentito dalle NTA;
4. realizzazione di balconi su Corso de Vittorio, con una larghezza maggiore di 12 cm. rispetto a quanto consentito dall’NTA
5. realizzazione di balconi in Via canale D’Alonzo in quanto non potevano
essere realizzati perché la larghezza stradale è inferiore agli 8 metri.
Accertato in Gravina in Puglia il 26 marzo 2013 con condotta perdurante.
B) Art. 81 cpv., 110-483 c.p., perché, in esecuzione del medesimo disegno criminoso, in concorso tra loro, nelle qualità di cui capo che precede, attestavano falsamente negli elaborati grafici del progetto di demolizione l’altezza del

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accoglimento dell’istanza, limitava il sequestro solo all’ultimo piano dell’unità

primo piano e negli elaborati grafici del fabbricato in progetto, le distanze tra
l’immobile di cui al capo a) e quelli prospicienti via G. Di Vittorio e via D’Alonzo,
al fine di ottenere una maggiore volumetria.
In Gravina in Puglia, il 4 marzo 2013.

2. Ricorre il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Bari, deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173, comma 1, disp. att., cod. proc. pen.:

380/2001 Violazione ed erronea applicazione degli artt. 321 c.p.p., 44 lett. b)
DPR 380/2001.
Il Tribunale pur confermando l’esistenza del fumus boni iuris avrebbe ritenuto non palesate le esigenze cautelari giustificative del vincolo in quanto, essendo stato ultimato l’edificio ad eccezione dell’ultimo piano, sarebbe stato necessario individuare in modo stringente il periculum in mora.
L’ordinanza applicativa del sequestro, invece – ritiene il Procuratore ricorrente – descriverebbe dettagliatamente l’aggravamento del carico urbanistico derivante dalla strutturale difformità dell’edificazione rispetto al permesso di costruire formatosi per silenzio-assenso (o dai progetti tecnici a questo allegati).
La macroscopica violazione edilizia sotto il profilo quantitativo e qualitativo altera l’assetto urbanistico e lo sviluppo ordinato del territorio.
Il Tribunale richiederebbe l’individuazione di non meglio precisati ed ulteriori profili cautelari specifici rispetto all’emergente aggravio del carico urbanistico e al turbamento dell’assetto territoriale. Tali circostanze discendono direttamente dall’utilizzo degli immobili – siti in un edificio costruito in ampia difformità
dallo strumento urbanistico vigente – quali civili abitazioni.
b. Art 606 c.I lett. b) in relazione agli artt. 321 c.p.p., 92, 104 Divo
271/1989 Violazione ed erronea applicazione degli artt. 321 c.p.p.. 92. 104 D.Ivo
271/1989
L’applicazione delle norme suindicate sarebbe erronea.
Il Tribunale puntualizza che lo stesso PM “in fase di esecuzione del provvedimento cautelare ha autorizzato la facoltà d’uso degli appartamenti agli inquilini e/o proprietari degli stessi” al fine di corroborare l’insussistenza delle esigenze cautelarí.
In realtà si tratta di due questioni diverse: da un lato il periculum in mora
che costituisce uno dei presupposti fondanti l’ablazione, e dall’altro la facoltà d’uso che manifesta una regolamentazione delle modalità esecutive.
Gli aspetti propriamente attuativi dell’applicazione del vincolo dipendono
da considerazioni di tipo pratico e servono, spesso per un limitato periodo di
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a. Art 606 c. I lett. b) in relazione agli artt. 321 c.p.p., 44 lett.b ) DPR

tempo, ad agevolare la concreta e fattibile progressione nell’applicazione del sequestro. Nell’ipotesi di ablazione di abitazioni, ad esempio, per consentire agli
occupanti di trovare una dimora alternativa, non essendo immaginabile ex abrupto (e dunque in violazione dei principi inderogabili sul rispetto della persona
e della dignità umana) l’allontanamento immediato dalla propria abitazione.
L’attenuazione applicativa – limitata temporalmente – del vincolo reale dipendente dalla facoltà d’uso non implica assolutamente, né potrebbe, svilimento
delle esigenze cautelari o addirittura totale esautorannento delle stesse come ri-

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso del PM è manifestamente infondato e, pertanto, ne va dichiarata l’inammissibilità.

2. Preliminarmente, va ricordato, in punto di diritto che, ai sensi dell’art.
321 cod. proc. pen., la concessione del sequestro preventivo è subordinata alla
sussistenza del pericolo che la libera disponibilità della cosa pertinente al reato
possa aggravare o protrarre le conseguenze di esso ovvero agevolare la commissione di altri reati.
L’art. 325 cod. proc. pen. prevede contro le ordinanza in materia di appello e di riesame di misure cautelari reali che il ricorso per cassazione possa essere
proposto per sola violazione di legge.
La giurisprudenza di questa Suprema Corte, anche a Sezioni Unite, ha più
volte ribadito come in tale nozione debbano ricomprendersi sia gli “errores in iudicando” o “in procedendo”, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o dei tutto
mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza
e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice
(vedasi Sez. U, n. 25932 del 29.5.2008, Ivanov, rv. 239692; conf. Sez. 5, n.
43068 del 13.10.2009, Bosi, rv. 245093).
Ancora più di recente è stato precisato che è ammissibile il ricorso per
cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo, pur consentito solo per violazione di legge, quando la motivazione del provvedimento
impugnato sia del tutto assente o meramente apparente, perché sprovvista dei
requisiti minimi per rendere comprensibile la vicenda contestata e Inter” logico
seguito dal giudice nel provvedimento impugnato. (così sez. 6, n. 6589 del
10.1.2013, Gabriele, rv. 254893 nel giudicare una fattispecie in cui la Corte ha
annullato il provvedimento impugnato che, in ordine a contestazioni per i reati
previsti dagli artt. 416, 323, 476, 483 e 353 cod. pen. con riguardo all’affida4

tiene incongruamente il Tribunale.

mento di incarichi di progettazione e direzione di lavori pubblici, non aveva specificato le violazioni riscontrate, ma aveva fatto ricorso ad espressioni ambigue,
le quali, anche alla luce di quanto prospettato dalla difesa in sede di riesame,
non erano idonee ad escludere che si fosse trattato di mere irregolarità amministrative).
Di fronte all’assenza, formale o sostanziale, di una motivazione, atteso
l’obbligo di motivazione dei provvedimenti giurisdizionali, viene dunque a mancare un elemento essenziale dell’atto.

rito non richiede che sia acquisito un quadro probatorio pregnante come per le
misure cautelari personali, non è però sufficiente prospettare un fatto costituente
reato, limitandosi alla sua mera enunciazione e descrizione, ma è invece necessario valutare le concrete emergenze istruttorie per ricostruire la vicenda anche
in semplici termini di “fumus”.

3. Nel caso in esame, si è senz’altro al di fuori di tali ipotesi.
La doglianza proposta dal PM ricorrente appare generica, non risultando in
alcun modo chiaro quale sia la lamentata violazione di legge e apparendo, anzi,
assolutamente apodittico il passaggio in cui si afferma che “la macroscopica violazione edilizia sotto il profilo quantitativo e qualitativo – ricorrente nel caso di
specie- altera l’assetto urbanistico e lo sviluppo ordinato del territorio…”.
Per contro il Tribunale di Bari mostra di seguire un percorso motivazionale
del tutto coerente laddove, ribadita la sussistenza del fumus, ritiene parzialmente fondate le censure propostegli con riferimento alla sussistenza del periculum
in mora.
Ed invero, corretto e pertinente appare il richiamo agli arresti giurisprudenziali di questa Corte di legittimità costituiti dalle pronunce di cui a SSUU
12878/2003, sez. 3, n. 4745/2008 e sez. 2 n. 17170/2010, come pure la conseguenza che ne viene fatta discendere per cui è necessario che il giudice motivi in
concreto circa la sussistenza delle esigenze cautelari nel caso in cui il bene immobile sia ultimato.
Ebbene, sul punto il tribunale barese, offre una motivazione congrua difettando pertanto la denunciata violazione di legge- laddove evidenzia che non
ci si trova di fronte ad una costruzione totalmente abusiva, bensì alla contestazione di difformità rispetto al progetto iniziale, facendone discendere la riduzione
del sequestro preventivo alla sola parte dell’immobile non ancora compleatata e cioè quealla relativa al sottotetto, all’ultimo piano dell’edificio.
Ininfluente, evidentemente, in tal senso è il riferimento ad una circostanza, qual è quella della facoltà d’uso degli appartamenti da parte di inquilini e
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Va aggiunto che, anche se in materia di sequestro preventivo il codice di

proprietari, che lo stesso tribunale, peraltro, evidenzia appartenere alla fase di
esecuzione del provvedimento cautelare.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso del PM.
Così deciso in Roma il 13 maggio 2015
Il Presidente

Ci_9
Ilsigliere
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