Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 25326 del 13/05/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 25326 Anno 2015
Presidente: FRANCO AMEDEO
Relatore: MENGONI ENRICO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
De Sessa Vincenzo, nato a Genova il 1°/6/1946

avverso l’ordinanza pronunciata dal Tribunale del riesame di Genova in data
24-27/11/2014;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
sentita la relazione svolta dal consigliere Enrico Mengoni;
sentite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto
Procuratore generale Paolo Canevelli, che ha chiesto dichiarare l’inammissibilità
del ricorso;

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 24-27/11/2014, il Tribunale del riesame di Genova
rigettava il ricorso proposto da Vincenzo De Sessa e, per l’effetto, confermava il
decreto di sequestro preventivo emesso dal Giudice per le indagini preliminari
presso lo stesso Ufficio il 5/9/2014; all’indagato era contestata la violazione
dell’art. 256, commi 1, lett. a) e 2), d. Igs. 3 aprile 2006, n. 152.

Data Udienza: 13/05/2015

2.

Propone ricorso per cassazione il De Sessa, a mezzo del proprio

difensore, deducendo – con unico motivo – la violazione dell’art. 256 cit. e
l’illogicità della motivazione. Il Tribunale avrebbe confermato la misura sebbene
1) il ricorrente avesse scaricato nell’area del mercato di piazza Terralba, a
Genova, scaffali di una libreria di sua proprietà, appoggiandoli ad un
compattatore di 4 metri; 2) lo stesso – anziano ed invalido civile al 90% – non
svolga più attività di traslocatore, né qualsiasi attività imprenditoriale, da almeno
tre anni, ed il quadriciclo sequestrato costituisca l’unico mezzo nella disponibilità

abbandono e deposito incontrollato di rifiuti ex art. 255, d. Igs. n. 152 del 2006,
peraltro verificatosi in una sola occasione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3.

Osserva preliminarmente questa Corte che, in tema di ricorso per

cassazione proposto avverso provvedimenti cautelari reali, l’art. 325 cod. proc.
pen. ammette il sindacato di legittimità soltanto per motivi attinenti alla
violazione di legge. Nella nozione di “violazione di legge” rientrano, in
particolare, gli “errores in iudicando” o “in procedendo”, al pari dei vizi della
motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo a sostegno del
provvedimento del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza,
completezza e ragionevolezza, come tale apparente e, pertanto, inidoneo a
rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal Giudice (Sez. 5, n. 43068 del
13/10/2009, Bosi, Rv. 245093); per contro, non può esser dedotta l’illogicità
manifesta della motivazione, la quale può denunciarsi nel giudizio di legittimità
soltanto tramite lo specifico ed autonomo motivo di cui alla lett. e) dell’art. 606,
stesso codice (v., per tutte: Sez. U, n. 5876 del 28/01/2004, P.C. Ferazzi in
proc. Bevilacqua, Rv. 226710; Sez. U, n. 25080 del 28/05/2003, Pellegrino S.,
Rv. 224611).
Ciò premesso, il ricorso è manifestamente infondato.
Ed invero il De Sessa, pur contestando un’apparente violazione di legge (al
pari, però, dell’illogicità della motivazione), di fatto invoca a questa Corte una
nuova e diversa valutazione delle medesime risultanze già esaminate dai Giudici
di merito (attività svolta dal ricorrente e sue condizioni di salute, quantità dei
rifiuti abbandonati e frequenza della condotta, esatta collocazione degli stessi
nella piazza Terralba di Genova), sollecitandone una lettura alternativa e più
favorevole; il che non è consentito in questa sede, come appena richiamato.
A ciò si aggiunga, peraltro, che il gravame oblitera del tutto la motivazione
stesa dal Tribunale del riesame, il quale – con argomento logico e privo di

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del nucleo familiare. La condotta contestata, pertanto, integrerebbe soltanto un

contraddizioni – ha ravvisato a carico del De Sessa il

fumus del delitto

contestato; in particolare, l’ordinanza ha evidenziato che il ricorrente, in più
occasioni, aveva abbandonato rifiuti in assenza di ogni autorizzazione e
nell’ambito di un’attività di sgombero e traslochi, «come indicato sullo stesso
quadriciclo sequestrato». In tal modo, quindi, il provvedimento ha aderito al
costante indirizzo di legittimità in forza del quale il reato di cui all’art. 256,
comma secondo, cit., è configurabile nei confronti di qualsiasi soggetto che
abbandoni rifiuti nell’esercizio, anche di fatto, di una attività economica,

tutte. Sez. 3, n. 38364 del 27/6/2013, Beltipo, Rv. 256387).
Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile. Alla luce della
sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella
fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il
ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a
norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché
quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende,
equitativamente fissata in euro 1.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, il 13 maggio 2015

onsigliere estensore

Il Presidente

indipendentemente dalla qualifica formale sua o dell’attività medesima (per

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