Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 25321 del 18/02/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 25321 Anno 2015
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: DI NICOLA VITO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Cannmariere Daniele, nato a Corleone il 21-07-1981
avverso la sentenza del 27-03-2014 della Corte di appello di Palermo;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Vito Di Nicola;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Gioacchino Izzo che ha
concluso per l’inammissibilità del ricorso;
udito per la ricorrente l’avvocato Viaggio Maurizio La Venuta che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso;

Data Udienza: 18/02/2015

RITENUTO IN FATTO

1. Daniele Cammariere ricorre per cassazione impugnando la sentenza con
la quale la Corte di appello di Palermo ha confermato quella emessa dal tribunale
di Termini Irnerese in data 2 ottobre 2012 che aveva condannato il ricorrente
alla pena di mesi uno di arresto per il reato previsto dall’articolo 95 d.p.r. 6
giugno 2001, numero 380 in relazione all’articolo 93 stesso d.p.r. perché
realizzava opere edili abusive in zona sottoposta a vincolo sismico omettendo di

previsto dall’articolo 95 d.p.r. 380 del 2001 in relazione all’articolo 94 stesso
d.p.r. perché realizzava opere edili in zona sottoposta a vincolo sismico senza
avere ottenuto la prescritta autorizzazione scritta da parte dell’ufficio tecnico
regionale (capo d); per il reato previsto dall’articolo 71 d.p.r. numero 380 del
2001 in relazione all’articolo 64 stesso d.p.r. perché realizzava le opere abusive
senza il progetto esecutivo e la direzione di un professionista abilitato (capo e)
ed infine per il reato previsto dall’articolo 72 d.p.r. 380 del 2001 in relazione
all’articolo 65 stesso d.p.r. perché realizzava opere edili abusive senza la
prescritta denuncia di inizio lavori all’ufficio del Genio Civile (capo f): reati
accertati in Corleone in data 6 ottobre 2008.

2.

Per la cassazione dell’impugnata sentenza la ricorrente, tramite il

difensore, affida il ricorso a tre motivi, qui enunciati, ai sensi dell’art. 173 disp.
att. cod. proc. pen., nei limiti strettamente necessari per la motivazione.
2.1. Con il primo motivo il ricorrente deduce la violazione dell’articolo 125
codice di procedura penale per omessa motivazione su punti decisivi per il
giudizio non avendo la Corte territoriale adeguatamente e sufficientemente
motivato le ragioni per le quali l’effetto estintivo della concessione in sanatoria è
limitato ai soli reati edilizi e non si estende anche ai reati satelliti previsti dallo
stesso d.p.r. 380 del 2001.
2.2. Con il secondo motivo lamenta la violazione dell’articolo 45, comma 3,
d.p.r. 380 del 2001 sul rilievo che la Corte di appello avrebbe dovuto emettere la
pronuncia di non doversi procedere per essere i reati estinti per i intervenuta
oblazione sul rilievo che, a seguito del rilascio della concessione in sanatoria,
dovevano considerarsi estinti tutti i reati contestati al ricorrente, estendendosi la
causa estintiva tutti i reati relativi alla violazione delle norme urbanistiche e
quindi anche ai reati satelliti nell’ipotesi di rilascio, come nella specie, della
concessione in sanatoria.
2.3. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia la violazione e l’erronea
applicazione degli articoli 157 e 161 codice penale, non avendo la corte di
appello dichiarato prescritti i reati di cui ai capi c), d), e) ed f) della rubrica pur

2

denunciare l’inizio dei lavori alle competenti autorità (capo c); per il reato

essendo ampiamente maturato, alla data della pronuncia della sentenza di
appello, il termine massimo di prescrizione, tenuto conto che i fatti sono stati
accertati in data 6 ottobre 2008 e che, alla data della pronuncia della sentenza di
appello (27 marzo 2014), erano trascorsi 5 anni, 5 mesi e 21 giorni.

CONSIDERATO IN DIRITTO

2. I primi due motivi di gravame, essendo tra loro strettamente connessi,
possono essere congiuntamente esaminati.
Questa Corte ha affermato che, in tema di reati edilizi, il conseguimento del
permesso di costruire in sanatoria ai sensi dell’art. 36 del d.P.R. 6 giugno 2001,
n. 380, comporta l’estinzione dei soli reati contravvenzionali previsti dalle norme
urbanistiche vigenti, nella cui nozione non rientra la disciplina per le costruzioni
da eseguirsi nelle zone sismiche, che ha una oggettività giuridica diversa da
quella riguardante il corretto assetto del territorio (Sez. F, n. 44015 del
04/09/2014, Conforti, Rv. 261099).
Infatti, il 3 0 comma dell’articolo 45 d.p.r. n. 380 del 2001 recita che “il
rilascio in sanatoria del permesso di costruire estinguere i reati contravvenzionali
previste dalle norme urbanistiche vigenti”.
La costante giurisprudenza di questa Corte (tra tutte, Sez. 3, n. 2114 del
26/11/2002, dep. 17/01/2003, PG in proc. Frascani e altro, Rv. 223145) reputa
che nella nozione di norme urbanistiche non rientra la disciplina per le
costruzioni da eseguirsi nelle zone sismiche, che ha un’oggettività giuridica
diversa da quella attinente all’assetto del territorio sotto il profilo edilizio.
Tale interpretazione ha trovato in passato conferma in materia di c.d.
condono edilizio che, a differenza dell’art. 45 d.p.r. n. 380 del 2001, ha
espressamente previsto l’estinzione dei reati in esame (art. 38 legge 28 febbraio
1985, n.47).
Ne consegue che la causa estintiva ex art. 45 d.p.r. n. 380 del 2001 non
opera per le violazioni in materia di costruzioni in zona sismica, di costruzioni in
conglomerato cementizio e di tutela delle zone di particolare interesse
ambientale: esso, consistendo nell’accertamento della mancanza del danno
urbanistico e risolvendosi in una causa di estinzione del reato in senso stretto, si
riferisce esclusivamente alle contravvenzioni concernenti la materia che
disciplina l’assetto del territorio sotto il profilo edilizio e non quelle che
riguardano altri aspetti delle costruzioni, aventi un’oggettività giuridica diversa
rispetto alla mera tutela urbanistica del territorio.

3

1. Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza.

3. Anche il terzo motivo è manifestamente infondato.
Il ricorrente non considera infatti le sospensioni del termine di prescrizione
verificatasi nel corso del 1 0 grado di giudizio (dal 18 maggio al 9 novembre 2010
ed 23 marzo 8 novembre 2011 per complessivi anni 1, mesi 1 giorni 8) e nel
corso del giudizio di appello (dall’Il luglio 2013 al 27 marzo 2014 per mesi 8 e
giorni 16 complessivi), tutte le sospensioni adottate a richiesta dalla difesa (in
attesa del rilascio della sanatoria) o per impedimento dovuto alla astensione
collettiva degli avvocati dalle udienze proclamata dagli ordini professionali

Ne consegue che non è mai decorso il termine massimo di prescrizione,
maturando lo stesso in data 4 luglio 2016.

4. Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto
che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per
il ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del
procedimento.
Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data del 13
giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso
sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via
equitativa, di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.
Così deciso il 18/02/2015

forensi.

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