Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 25314 del 10/12/2014


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 3 Num. 25314 Anno 2015
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: GENTILI ANDREA

SENTENZA
Sui ricorsi proposti da:

BERTINI Ermanno, nato a Melzo (Mi) il 16 maggio 1959;
LOMBARDI Luigi, nato a Angri (Sa) il 20 dicembre 1948;
TOMULIC Zorka, nata in Croazia il 25 gennaio 1950;

avverso la sentenza della Corte di appello di Milano n. 4502, del 25 giugno 2013;

letti gli atti di causa, la sentenza impugnata e i ricorsi introduttivi;

sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Andrea GENTILI;

sentito il PM, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott., Giulio ROMANO il
quale ha concluso chiedendo la dichiarazione di inammissibilità dei ricorsi.
1

Data Udienza: 10/12/2014

RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Milano, con sentenza del 25 giugno 2013, in
parziale riforma della sentenza emessa dal Tribunale di Milano del 24 maggio
2012, pur confermata la dichiarazione di penale responsabilità di Bertini
Ermanno, Lombardi Luigi e Tomulic ZorKa in ordine ai reati loro contestati,
consistenti, quanto al Bertini nella violazione dell’art. 416 cod. pen, per avere
promosso, costituito ed organizzato, una associazione volta alla perpetrazione

2000, costituenti i reati fine della associazione, e, quanto agli altri due, nella
violazione dell’art. 10 del medesimo dlgs per avere, nella rispettiva qualità di
liquidatore formale e di liquidatore reale di talune società, occultato ovvero
distrutto, al fine di evadere le imposte sui redditi e sul valore aggiunto, le
scritture contabili obbligatorie tenute da tali società, ha ridotto la pena nei
confronti del Bertini, rilevando che una parte dei reati fiscali a lui contestati si
erano estinti per prescrizione.
Hanno proposto ricorso per cassazione, assistiti dai loro rispettivi
difensori, avverso tale sentenza sia il Bertini che il Lombardi che il Tomulic,
questi ultimi due con ricorsi in ampia parte coincidenti.
In particolare il Bertini ha censurato la sentenza della Corte territoriale
nella parte in cui in essa si è ritenuto di poter configurare a suo carico la
condotta propria del reato associativo e non il mero concorso di persone nei
singoli reati.
Il ricorrente ha, altresì, dedotto il travisamento della prova quanto alla
condanna avente ad oggetto la condotta di cui al punto 6 del capo di
imputazione, atteso che le risultanze istruttorie acquisite in atti nulla riportano
in ordine alla vicenda interessata da tale capo di imputazione.
Da ultimo ha contestato la mancata applicazione in suo favore della legge
n. 241 del 2006 con la quale è stato concesso l’indulto per i reati commessi
anteriormente alla data del 2 maggio 2006.
Degli altri ricorrenti, il solo Lombardi deduce la violazione dell’art. 597,
comma 1, cod. proc. pen., per non avere la Corte di appello esaminato i
motivi di impugnazione inerenti il trattamento sanzionatorio, in quanto
formulati solo in sede di indicazione dei motivi nuovi.
Diversamente da quanto ritenuto dalla Corte di appello il ricorrente
afferma che le argomentazioni concernenti il detto trattamento debbono
essere intese in un rapporto di continenza con quelle presentate in sede di
ordinario gravame ed aventi ad oggetto la assoluzione del prevenuto nel
merito. Aggiunge che una diversa interpretazione dei motivi nuovi farebbe

di numerosi reati fiscali, ed in più violazioni degli artt. 2 e 8 del dlgs n. 74 del

dedradare l’atto con il quale gli stessi possono essere presentati quale mero
doppione delle memorie illustrative.
I restanti due motivi di ricorso sono comuni sia al Lombardi che alla
Tomulic ed hanno ad oggetto, per un verso la assenza dell’elemento oggettivo
proprio del reato loro contestato, in quanto non sarebbe stata raggiunta la
prova della originaria esistenza della documentazione contabile di cui è
contestato l’occultamento o la distruzione, e per altro verso la violazione di
legge relativamente alla affermazione della natura di reato permanente
dell’illecito loro contestato, qualificazione che ha avuto conseguenze in ordine
al regime della prescrizione, per tale motivo, negata dalla corte territoriale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Mentre il ricorso del Bertini è risultato inammissibile, quelli presentati
dagli altri due prevenuti, Lombardi e Tomulic sono risultati parzialmente
fondati, sicché la sentenza emessa nei loro confronti deve essere annullata
con rinvio.
Prendendo le mosse dal ricorso proposto dal Bertini, osserva la Corte che
il primo dei motivi di impugnazione in esso formulati, ed avente ad oggetto la
riconducibilità della sua condotta non alla fattispecie a lui contestata di
associazione per delinquere essendo la stessa solamente inquadrabile
nell’ambito di un ordinario concorso di persone nel reato, è la mera
riproposizione di uno dei motivi di gravame dedotti di fronte alla Corte di
appello e dalla Corte territoriale già motivatamente disatteso.
A tale proposito rammenta questa Corte che in tema di ricorso per
cassazione, sono inammissibili i motivi che si limitano a riprodurre le censure
dedotte in appello, anche se con l’aggiunta di frasi incidentali di censura alla
sentenza impugnata meramente assertive ed apodittiche, laddove difettino di
una critica argomentata avverso il provvedimento oggetto di impugnazione e
l’indicazione delle ragioni della loro decisività rispetto al percorso logico
seguito dal giudice di merito (Corte di cassazione, Sezione VI penale, 21
febbraio 2013, n. 8700), essendo stato, altresì, precisato dalla giurisprudenza
di legittimità che sebbene i motivi di ricorso per cassazione possono riprodurre
totalmente o parzialmente quelli di appello ciò consente l’ammissibilità del
gravame solo entro i limiti in cui tanto serva a documentare il vizio della
sentenza impugnata enunciato e dedotto con autonoma, specifica ed
esaustiva argomentazione (Corte di cassazione, Sezione VI penale, 8 agosto
2013, n. 34521).
Nel caso in questione l’assenza di tale necessaria specifica contestazione
delle argomentazioni proprie della sentenza di appello comporta la
inammissibilità del motivo di ricorso.
3

,

• Col secondo motivo il Bertini si duole della sua condanna in relazione alla
imputazione di cui al punto 6).
Trattasi di censura in fatto con la quale il ricorrente lamenta la puntuale
ricostruzione della vicenda operata sia dal Tribunale di Milano che dalla
competente Corte di appello; essa, come tale, afferendo a valutazioni di
merito, peraltro suffragate dalla stesse dichiarazioni di contenuto confessorio
del Bertini, non è suscettibile di essere riesaminata in questa sede di

Quanto al terzo motivo dedotto dal Bertini, riguardante la mancata
concessione da parte della Corte di appello dell’indulto di cui alla legge n. 241
del 2006, è sufficiente, onde evidenziarne la sua manifesta infondatezza,
ribadire il principio, radicato nella giurisprudenza di questa Corte, secondo il
quale il ricorso per cassazione avverso la mancata applicazione dell’indulto è
ammissibile solo qualora il giudice di merito abbia esplicitamente escluso
detta applicazione, mentre nel caso in cui abbia omesso di pronunciarsi deve
essere adito il giudice dell’esecuzione (per tutte si veda: Corte di cassazione
Sezione IV penale, 19 febbraio 2014, n. 7944).
Poiché nel caso che interessa la sentenza impugnata non presenta
alcuna motivazione in punto di applicabilità dell’indulto, è evidente che di tale
tema dovrà, semmai, occuparsene il giudice dell’esecuzione.
Passando, a questo punto, ad esaminare i motivi di ricorso proposti da
Lombardi e dalla Tomulic, rileva questa Corte, quanto al primo motivo di
ricorso formulato dal solo Lombardi – e con il quale egli lamenta il fatto che la
Corte territoriale non abbia esaminato, in quanto implicitamente dichiarato
inammissibile poichè tardivamente proposto, il motivo di gravame avverso la
sentenza del giudice di prime cure specificamente relativo al trattamento
sanzionatorio – che lo stesso è manifestamente infondato.
Posto, infatti, che non è in discussione la circostanza che siffatto motivo di
doglianza sia stato introdotto nel giudizio quale motivo aggiunto,
successivamente alla proposizione da parte del Lombardi del suo appello
principale, cioè quando oramai l’ordinario termine di impugnazione era
ampiamente decorso, rileva questa Corte che, per essere ammissibili i motivi
aggiunti di impugnazione, secondo la sua costante giurisprudenza, essi
devono essere inerenti ai temi specificati nei capi e punti della decisione
investiti dall’impugnazione principale già presentata, essendo necessaria la
sussistenza di una connessione funzionale tra i motivi nuovi e quelli originari
(Corte di cassazione, Sezione VI, 30 ottobre 2014, n. 45075; idem Sezione I
penale, 1 febbraio 2013, n. 5182) .

4

legittimità.

’Nel caso ora in esame siffatta inerenza fra motivi originari e motivi nuovi
riferiti al quantum della pena non è ravvisabile, non potendosi certamente
convenire con il ricorrente, secondo il quale la avvenuta radicale contestazione
della propria penale responsabilità sarebbe legata da un rapporto di
continenza con la contestazione della adeguatezza della sanzione penale
irrogata, dovendosi semmai ritenere esattamente il contrario, posto che la
affermazione della irrilevanza penale della propria condotta, si pone in

penale.
Correttamente, pertanto, la Corte milanese, ritenuto inammissibile, stante
la tardività della sua introduzione nel giudizio, il motivo aggiunto di
impugnazione proposto dal Lombardi ed inerente al trattamento sanzionatorio
applicatogli, non ne ha tenuto conto.
Relativamente ai restanti motivi, essendo gli stessi comuni sia al
Lombardi che alla Tomulic, essi possono essere esaminati congiuntamente.
Il primo è inammissibile nella parte in cui si contesta la esistenza stessa
delle scritture contabili oggetto di distruzione od occultamento, ritenuta
invece, almeno per una parte di essi, dalla Corte territoriale con
argomentazioni in fatto che, per essere del tutto plausibili, non sono
suscettibili di essere rimesse in discussione in questa sede di legittimità,
mentre è infondato laddove con esso si contesta la sussistenza del reato
ogniqualvolta, pur non essendo state rinvenute le scritture contabili
obbligatorie è stato possibile ricostruire ai fini fiscali, attraverso
documentazione reperita altrove, con sufficiente attendibilità, la contabilità del
contribuente.
Questa Corte è, infatti, salda nel ritenere che il delitto di distruzione od
occultamento di scritture contabili o documenti obbligatori, non richiede, per
la sua integrazione, che si verifichi in concreto una impossibilità assoluta di
ricostruire il volume d’affari o dei redditi, essendo sufficiente anche una
impossibilità relativa, non esclusa quando a tale ricostruzione si possa
pervenire aliunde (Corte di cassazione, Sezione III penale, 21 settembre
2012, n. 36624; idem Sezione III penale, 12 ottobre 2009, n. 39711; idem
Sezione III penale, 6 febbraio 2008, n. 5791).
E, viceversa, fondato l’ultimo motivo di impugnazione.
Con esso i due ricorrenti si lagnano della asserita erronea applicazione
dell’art. 10 del dlgs n. 74 del 2000, in relazione alla disciplina della
prescrizione.
In particolare i ricorrenti segnalano che avrebbe violato la corretta
applicazione della norma la Corte di appello di Milano nel ritenere la natura di
5

radicale contrasto logico con l’accettazione di una, sia pur mitigata, sanzione

reato permanente ascrivibile alla violazione dell’art. 10 del citato dlgs n. 74 e
nel ritenere, conseguentemente, che il termine prescrizionale del reato
predetto decorra dal momento dell’avvenuto accertamento del reato e non da
quello in cui le scritture contabili della società di cui al punto 7 del capo di
imputazione sono state occultate ovvero distrutte.
Effettivamente deve rilevarsi che nello svolgimento della propria attività di
interpretazione normativa questa Corte ha avuto occasione di precisare che il

duplice struttura.
Infatti,

laddove

si

manifesti

attraverso

l’occultamento

della

documentazione contabile, esso ha natura di reato permanente, in quanto la
condotta penalmente rilevante si protrae sino al momento dell’accertamento
fiscale, che perciò coincide con il dies a quo da cui decorre il termine
prescrizionale (Corte di cassazione, Sezione III penale, 7 febbraio 2013, n.
5974), mentre, nel caso in cui la condotta contestata e realizzata sia quella
della distruzione delle scritture contabili, esso si caratterizza per essere un
reato istantaneo, ancorché ad effetti permanenti (Corte di cassazione, Sezione
III penale, 19 aprile 2006, n. 13716; idem Sezione III penale, 8 febbraio
2006, n. 4871).
Di tale divergente natura – i cui effetti in relazione alla decorrenza dei
termini prescrizionali del reato è di tutta evidenza, posto che, mentre nella
prima ipotesi come detto essi decorrono dalla cessazione della permanenza (id
est, nel nostro caso, dal momento dell’avvenuto accertamento), nel secondo
essi iniziano già a decorrere dal momento della avvenuta distruzione delle
predette scritture – la Corte territoriale milanese non ha adeguatamente
tenuto conto.
Questa, infatti, senza avere preventivamente accertato se la condotta
realizzata dai due ricorrenti fosse quella di occultamento ovvero quella di
distruzione delle scritture contabili (condotta si badi promiscuamente
contestata ai ricorrenti) ha, semplicisticamente affermato che nella ipotesi di
occultamento della documentazione contabile la natura permanente del reato
esclude che lo stesso possa ritenersi già estinto per prescrizione.
PoXiszhé. Invece, una siffatta estinzione già si sarebbe verificata fin da
epoca anteriore alla pronunzia della sentenza di appello, datata 25 giugno
2013, laddove la condotta addebitata ai due ricorrenti non fosse quella
dell’occultamento delle scritture ma quella della loro distruzione, evento
questo databile ad epoca sensibilmente anteriore all’espletamento
dell’accertamento tributario a carico dei due e delle società da costoro
amministrate, la impugnata sentenza deve essere, di conseguenza annullata,
6

reato di cui all’art. 10 del dlgs n. 74 del 2000 può presentarsi sotto una

con riferimento al punto sopra descritto, con rinvio ad altra Sezione della
Corte di appello di Milano che, nel riesaminare il profilo dianzi esposto della
sentenza oggetto di annullamento, valuterà, applicando i principi dettati da
questa Corte, l’eventuale intervenuta estinzione per prescrizione del reato
contestato ai ricorrenti Lombardi e Tomulic al punto 7 del capo di
imputazione.
La inammissibilità del ricorso proposto dal Bertini comporta, invece, la

euro 1000,00 in favore della Cassa delle ammende.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso di Bertini Ermanno e condanna il ricorrente
al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1000,00 in
favore della Cassa delle ammende.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra Sezione della Corte di
appello di Milano per Lombardi Luigi e Tumulin Zorka limitatamente alla
applicabilità della prescrizione.
Così deciso in Roma, il 10 dicembre 2014

condanna a suo carico al pagamento delle spese processuali e della somma di

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA