Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 25302 del 19/05/2015


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 25302 Anno 2015
Presidente: CONTI GIOVANNI
Relatore: PATERNO’ RADDUSA BENEDETTO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE
DI SALERNO
nei confronti di:
ALBERO ANIELLO N. IL 04/11/1958
inoltre:
ALBERO ANIELLO N. IL 04/11/1958
avverso l’ordinanza n. 52/2015 TRIB. LIBERTA’ di SALERNO, del
17/02/2015
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. BENEDETTO
PATERNO’ RADDUSA;
lettelsentite le conclusioni del PG Dott. pe cU P l‘r
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Data Udienza: 19/05/2015

Ritenuto in fatto
1. Con ordinanza resa dal Gip del Tribunale di Salerno Albero Aniello è stato
sottoposto a custodia cautelare in carcere perché gravemente indiziato di più
reati e segnatamente dell’associazione ex art. 416 bis cod.pen. di cui al capo A ,
del reato di cui all’art. 416 ter cod.pen. descritto al capo B, della tentata
estorsione di cui al capo C, di diverse ipotesi di furto aggravate ex art. 7 legge

2. Interposto riesame, il Tribunale di Salerno ha escluso la gravità indiziaria
quanto ai capi A e C della rubrica e relativamente all’aggravante ex art. 7 legge
203/91 rispetto ai reati per i quali era stata contestata; ha confermato, nel
resto, la decisione di primo grado, mantenendo la misura cautelare personale
maggiormente afflittiva.

3.

Avverso tale ultima decisione hanno proposto ricorso la Procura della

Repubblica presso il Tribunale di Salerno e con, due diversi gravami, l’indagato
tramite i difensori di fiducia.

4. Il ricorso della Procura copre i temi per i quali è stata denegata la gravità
indiziaria avuto riguardo al fatto associativo ed alla tentata estorsione di cui al
capo C.
4.1. In particolare, secondo la prospettazione accusatoria originariamente
condivisa dal Gip, l’Albero Aniello, già condannato per partecipazione ex art. 416
bis cod.pen., era da ritenersi ancora componente del clan Serino, ritenuto attivo
anche nel corso dell’anno 2013, malgrado la detenzione del capo, Aniello Serino.
Il clan sarebbe tuttora composto, oltre che dal Serino Aniello, anche dai figli di
quest’ultimo, Michelina e Gianluigi, ed ancora dal ricorrente, da Saulino Raffaele
e da Franco Antonio; e risulterebbe attivo nel settore delle imposizioni, negli
esercizi commerciali di riferimento, dei videogiochi e della macchinette
distributrici di bevande e alimenti nonché in quello dei furti di bestiame
finalizzati ad alimentare la macelleria di famiglia; sarebbe, altresì, presente
anche sul piano politico elettorale, in ragione dello scambio illecito negoziato con
Franco Annunziata, politico coinvolto nelle elezioni volte alla nomina del Sindaco
di Sarno nel 2014 ( fatto portato dalla imputazione di cui al capo B).
Da qui la imputazione associativa nonchè il concorso nella estorsione tentata di
cui al capo C, relativa alla imposizione delle citate macchinette di distribuzione di
bevande ed alimenti presso l’azienda Giaguaro di Franzese Pietro.

1

907

203/91 (capi I, 3, K).

4.2. Il Tribunale ha negato la gravità indiziaria con riferimento alla imputazione
associativa ed alla estorsione tentata, escludendo sia la sussistenza in sè
dell’attualità della associazione che la presenza di un effettivo contegno
minaccioso utile alla tentata estorsione descritta nel capo C.
4.2.1. In particolare, rispetto ai campi di azione che l’accusa ritiene ancora
coperti dalle iniziative criminali della citata associazione, il Tribunale ha
evidenziato che, con riferimento alle imposizione negli esercizi commerciali della
zona di riferimento delle macchinette videopoker e similari, il fatto risulterebbe
estraneo alle dinamiche del gruppo, essendo stato ascritto esclusivamente al

chiesto al padre (intervenire su Caputo Mario, che, nell’interesse di una impresa
concorrente, lo aveva minacciato proprio con riferimento a siffatti affari illeciti),
era stato dall’Aniello Serino rifiutato, rimandando ogni iniziativa al momento in
cui sarebbe uscito dal carcere l’altro figlio, Matteo.
Con riferimento alla imputazione sub C, pur riconoscendosi che il padre , dal
carcere, aveva rivolto direttive ai figli sui modi attraverso i quali operare
l’imposizione delle macchinette distributrici di alimenti, segnatamente in danno
del Franzese, avvalendosi al fine dell’egida mafiosa ancora legata alla sua
posizione ed al suo nome, al contempo si è evidenziato come i figli, sia Gianluigi
che Michelina, non ne avevano di fatto seguito le indicazioni, non condividendone
le linee d’azione, tanto da veicolare al Franzese una richiesta di fatto ritenuta,
sul piano della logica, priva di un effettivo tenore intimidatorio, considerando lo
sprezzante modo con il quale era stata rifiutata.
Dovevano, inoltre, ritenersi inconsistenti i contributi offerti dagli altri consociati :
la Michelina Serino si era rivelata attiva al più solo in occasione dello scambio
elettorale di cui al capo b mentre l’Albero Aniello si sarebbe limitato a qualche
furto di bestiame scollegato da un contesto associativo; quanto al Saulino,
l’apporto associativo finiva per incunearsi nel tentativo di estorsione già escluso
dal GIP quanto al ruolo del citato sodale mentre l’imposizione delle macchinette
sarebbe stata perseguita al di fuori di qualsivoglia contesto associativo e
imputata solo al Gianluigi e al Franco Antonio.
Da qui la ritenuta inconsistenza del materiale indiziario rispetto alle due
imputazioni provvisorie sopra richiamate.
4.3. Nel ricorso della Procura si contesta siccome erronea la esclusione della
gravità indiziaria per i fatti di cui alle imputazioni mosse all’Albero.
In particolare, il Tribunale avrebbe omesso di valutare correttamente le
risultanze di indagine prospettate a sostegno della richiesta cautelare.
Al fine, è stato riversato nel gravame il portato della detta attività di indagine,
essenzialmente tramite la trasposizione scritta di molti dei colloqui intercettati

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Giunluigi Serino ed al Franco Antonio; del resto , l’unico intervento sul tema

nonchè in forza della allegazione documentale dell’attività di osservazione, anche
attraverso la produzione dei rilievi fotografici all’uopo operati, costituenti parte
integrante del ricorso e della relativa esposizione.
Nel ricorso si rimarca la storia criminale della famiglia Serino muovendo dalle
condanne per associazione di stampo mafioso ormai coperte da giudicato e rese
nei confronti di quasi tutti i sodali coinvolti nella odierna contestazione; si
ribadisce il ruolo di sollecitazione e direzione ancora ascritto al Serino Aniello,
l’unico compatibile con la detenzione ; si richiama il tenore di una dichiarazione,
risalente al 2008, del collaborante Graziano Felice sulla continuità dell’azione

del passaggio generazionale imposto dalla detenzione dei vertici , Aniello e
Matteo , attraverso un programma associativo che si pone in linea di continuità
con gli interessi pregressi del gruppo avuto riguardo, in particolare, all’attività di
collocazione delle macchinette di videopoker, oggi ribadita dal Gianluigi in
aperto contrasto con gli interessi illeciti di altra frangia criminale ( quella
dominata da Parlato Luigi che nel settore si muoveva attraverso lo schermo
garantito dall’impresa di Vitiello Raffaele); si accenna all’episodio relativo al
Sirica Guglielmo , che avrebbe preso soldi da terzi non identificati destinati alla
famiglia e alla stessa non riversati ; si ribadiscono i temi valutativi inerenti
l’imputazione del capo C) , erroneamente letti dal Tribunale; si rivalutano i ruoli
dell’Albero Aniello e della Michelina Serino , sia quanto ad attività volte al
recupero di denaro da terzi, sia con riferimento allo scambio elettorale involgente
la posizione del Franco Annunziata, segno di una persistente sussistenza del
carisma che li contraddistingue; da ultimo si fa un cenno al mancato
riconoscimento, nel provvedimento impugnato , dell’aggravante ex art. 7 legge
203/91.

5. Con lo stesso provvedimento il Tribunale ha ritenuto configurabile, oltre ai
reati di furto di bestiame ascritti all’Albero, deprivati dell’aggravante ex art. 7
legge 203/91, anche quello di cui all’art. 416 ter cod.pen., reso attraverso lo
scambio illecito pattuito con Franco Annunziata , candidato sindaco al Comune di
Sarno. In particolare, ha individuato siccome sussistenti i presupposti oggettivi e
soggettivi della fattispecie incriminata, siccome novellata dalla legge 17 Aprile
2014 nr 62, ritenendo concluso l’accordo tra il candidato e i componenti del
nucleo familiare Serino ( Gianluigi , Michelina e Albero Aniello , quest’ultimo da
sempre contiguo al clan e sentimentalmente legato alla Michelina) quanto al
reclutamento di voti per le citate elezioni del maggio 2014, da realizzare secondo
le tipiche modalità previste dall’art. 416 bis cod.pen. comma III.

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illecita del clan Serino malgrado la detenzione del capo clan; si sottolinea il tema

5.1. Avverso tale parte della decisione l’indagato lamenta, con due autonomi
ricorsi, in primo luogo l’assoluta contraddittorietà della motivazione, laddove, per
un verso , nel valutare la gravità indiziaria quanto alla contestazione associativa,
si esclude in radice l’attuale sussistenza del sodalizio camorristico facente capo al
Serino Aniello e composto dai figli e dal ricorrente , smontando all’uopo tutti gli
elementi indicati dalla accusa, sviliti sotto il versante della matrice di mafiosità
degli illeciti comunque riscontrati; per contro ed al contempo, vengono
recuperati spazi di rilievo da ascrivere all’associazione laddove si argomenta

con un contrastante riferimento alla perduranza della forza di intimidazione
derivante dal clan Serino.
La ragion d’essere dell’art. 416 ter cod.pen., ribadisce la difesa, va individuata
nella astratta possibilità di carpire il voto elettorale attraverso la pressione
garantita dalla forza intimidatrice dell’azione mafiosa , rispetto alla quale
stabilità, continuità e presenza nel territorio costituiscono elemento fondante,
elementi questi in precedenza negati dallo stesso Tribunale nel valutare l’attuale
perduranza dell’originario vincolo mafioso che prima legava il clan Serino.
Tant’è che nell’argomentare sulla caratura criminale attuale dei partecipanti
all’accordo quale ragione fondante la ragione causale del patto elettorale illecito,
il provvedimento risulta evanescente .
Si evidenzia poi l’inconsistenza del ruolo svolto nella specie dal ricorrente, fermo
ad una mera presenza passiva, in termini di mera connivenza, mai partecipativo
nel colloqui, sostanzialmente disinteressato alla vicenda.
Si evidenzia, inoltre, nei ricorsi, la nullità del provvedimento laddove considera la
gravità indiziaria quanto al capo H , mai imputato all’Albero Aniello; ancora la
violazione del disposto di cui all’art. 274 cod.proc.pen.
Considerato in diritto
1. Ritiene la Corte inammissibili i motivi di ricorso dedotti dal Pubblico Ministero;
sono invece fondati quelli articolati nell’interesse dell’indagato limitatamente al
portato della motivazione diretta a supportare la gravità indiziaria quanto alla
imputazione di cui al capo b) della rubrica del PM.

2. Il ricorso del Pubblico Ministero.
Per consolidata giurisprudenza in materia di misure cautelari personali, la scelta
e la valutazione delle fonti di prova rientrano tra i compiti istituzionali del giudice
di merito e sfuggono al controllo del giudice di legittimità se adeguatamente
motivate e immuni da errori logico-giuridici.

Qti
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quanto alla gravità indiziaria del reato di cui all’art. 416 ter cod.pen., motivato

Rispetto a tali scelte e valutazioni non può infatti opporsi, laddove esse risultino,
come nella specie, compiutamente motivate, un diverso criterio o una diversa
interpretazione, anche se dotati di pari dignità.
Ne consegue che il ricorso per cassazione, volto a contrastare la valutazione resa
in punto alla gravità indiziaria, è ammissibile soltanto se denuncia la violazione di
specifiche norme di legge, ovvero la manifesta illogicità della motivazione del
provvedimento, secondo i canoni della logica ed i principi di diritto, ma non
anche quando -come nella vicenda- propone e sviluppa censure che riguardano
la ricostruzione dei fatti, ovvero che si risolvono in una diversa valutazione delle

Rv.241997, Magliaro. Massime precedenti Vedi: N. 11 del 2000 Rv. 215828, N.
1786 del 2004 Rv. 227110, N. 22500 del 2007 Rv. 237012, N. 22500 del 2007
Rv. 237012). Se poi la motivazione viene contrastata sotto il versante della
pretermissione di determinati elementi indiziari g pure portati alla attenzione del
Tribunale, occorre che il dato travisato sia di immediata evidenza quanto alla
decisività che assume rispetto all’integrale portato della valutazione di segno
contrario operata dal Giudice della cautela.
Nella fattispecie, nessuna di tali evenienze -violazione di legge o vizio di
motivazione rilevante ex art. 606 c.p.p., comma 1. lett. e) anche nelle forme del
travisamento probatorio – risulta essersi verificata, a fronte di una motivazione
che è stata in concreto prospettata sinteticamente ma in modo logico, senza
irragionevolezze, con completa e coerente giustificazione di supporto alla
affermata insussistenza degli estremi utili a sostenere l’accusa cautelare quanto
alla imputazione associativa sub a) della rubrica del PM ed alla tentata estorsione
di cui al capo C.

3. Osserva all’uopo la Corte come il gravame articolato dalla parte pubblica nel
caso si sviluppi attraverso una pedissequa reiterazione dei temi e delle
prospettazioni accusatorie originariamente proposti al Gip, ribadendo
inammissibilmente, in questa sede, valutazioni e interpretazioni delle emergenze
in fatto ricavate dal dato indiziario esaminate dal Tribunale ma definite con
considerazioni conclusive di segno opposto.
Si propone, con il ricorso, una pedissequa trascrizione del materiale indiziario
raccolto senza procedere ad un effettivo confronto critico con gli snodi essenziali
della valutazione spesa dal Tribunale sui diversi temi del giudizio sottoposto alla
sua attenzione; e si rivendicano tutta una serie di addotti travisamenti probatori
che, per la dimensione e le modalità della contestazione, finiscono per assumere
non tanto il tenore di una inesatta interpretazione del singolo momento indiziario
quanto il portato tipico ed altrettanto inammissibile del travisamento integrale

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circostanze esaminate dal giudice di merito (Cass. pen. sez. 5″, 46124/2008,

dei fatti posti a giudizio, reso attraverso l’indicazione di una lettura alternativa e
non consentita in questa sede del relativo materiale indiziario.
3.1. Manca, in ogni caso, una adeguata puntualizzazione della decisività del dato
pretermesso dalla valutazione del Tribunale. Decisività che risulta
inammissibilmente rimessa, per quasi tutti i momenti del travisamento
lamentato, alle valutazioni autonome e inferenziali di questa Corte. Ed anche
laddove il dato indiziario pretermesso risulta colorato da una precisazione
argomentativa diretta a disvelarne il rilievo, le indicazioni offerte e del resto il

essenziali del percorso argomentativo tracciato dal Tribunale.
Le indicazioni indiziarie pretermesse non scalfiscono, infatti,

il dato della

assenza di rilievo effettuale esterno quanto alle sollecitazioni rivolte ai figli dal
carcere da parte dell’Aniello Serino; lasciano immutate le considerazioni esposte
nel ritenere non raccordate, con l’attività dell’ipotetico gruppo, le iniziative poste
in essere dai Serino Gianluigi e dal Franco Antonio nel settore della collocazione
imposta delle macchinette da videopoker e similari e non si confrontano
adeguatamente con il rifiuto dell’asserito capo clan di intervenire a supporto
dell’iniziativa del figlio; non sviliscono le considerazioni esposte sul piano logico
dal Tribunale quanto alla assenza di un effettivo portato minaccioso da ascrivere
alla richiesta veicolata al Franzese, essendo sul punto il gravame limitato ad una
lettura meramente alternativa del dato indiziario; non permettono di collegare,
con contenuti dettagliati, il tenore delle intercettazioni afferenti l’Albero e la
Serino Michelina ad iniziative immediatamente coinvolgenti l’interesse
dell’associazione contestata.
3.2. Più suggestivo il tema legato alle condotte contestate al capo B, che
sembrerebbero compattare l’intero gruppo familiare pur prescindendo dalla
figura del padre, integralmente estraneo non all’imputazione ma anche alla
dinamica del fatto in questione: ma anche sul punto il ricorso si mostra generico,
mancando una puntuale ed esplicita indicazione delle ragioni per le quali
l’episodio in questione dovrebbe assumere un rilievo tale da destrutturare l’intero
portato delle valutazioni logiche espresse dal Tribunale del riesame nel valutare
la gravità indiziaria quanto alla imputazione associativa.
3.3. Non si pongono in termini diversi, infine, le contestazioni addotte per
contrastare la decisione impugnata nella parte in cui si esclude l’aggravante ex
art. 7 legge 203/91 per le imputazioni residuate alla verifica operata in sede di
riesame.
Le considerazioni esposte in ricorso sono indistintamente rivolte a tutti i possibili
indagati, prescindendo da una puntuale valutazione rivolta alle diverse posizioni
e, soprattutto, da una disamina critica diretta a considerare le diverse condotte

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portato dei momenti indiziari travisati finiscono per lasciare immutati gli snodi

di volta in volta contestate. Venuta meno l’associazione, la contestazione non
poteva più collocarsi sul versante dell’agevolazione mafiosa. Occorreva dunque
precisare, per ciascun reato, quali fossero gli estremi indiziari pretermessi dal
Tribunale nel valutare il metodo mafioso dell’azione posta in essere, di volta in
volta ascritta al ricorrente. Ed anche sul punto il ricorso è generico.
Ne viene l’inammissibilità del ricorso del PM.

4. Venendo all’esame dei ricorsi dell’indagato, ritiene la Corte fondato il vizio di

nonchè della rilevata contraddittorietà logica delle argomentazioni esposte dal
Tribunale su un punto decisivo della valutazione spesa per confermare la gravità
indiziaria. Tanto avuto riguardo alla imputazione sub b.

5. Non merita censure la ricostruzione operata in linea di principio dal Tribunale
quanto alla ipotesi di reato contestata.
5.1. L’art. 416 ter cod.pen. così come novellato in esito alla legge 62/14 e
applicabile alla specie nella sua formulazione attualmente vigente ( l’accordo si
sarebbe concretizzato in occasione dell’incontro del 5 maggio 2014 presso
l’abitazione dei Serino ) dà luogo ad un reato contratto che si consuma
immediatamente al momento dello scambio delle promesse oggetto del
programma negoziale senza che sia necessario, poi, che i due poli del negozio
illecito abbiano di fatto portato ad esecuzione l’impegno assunto.
E’ un reato catalogabile tra quelli di pericolo. La soglia di punibilità è infatti
anticipata anche alla fase del mero scambio delle promesse mentre la
concretizzazione dell’impegno ( il reperimento dei voti con le modalità mafiose e
il pagamento del corrispettivo) assume piuttosto il tenore del postfatto, al più
destinato a rilevare penalmente se tale da integrare altre ipotesi di reato,
eventualmente concorrenti o assorbenti.
5.2. L’oggetto dell’accordo deve necessariamente riguardare le modalità di
acquisizione del consenso elettorale tramite il metodo mafioso. E’ stata infatti
recepita normativamente l’interpretazione maggioritaria offerta da questa Corte
avuto riguardo al tenore letterale previgente della citata disposizione( cfr ex
multis Sez. 6, n. 10785 del 19/02/2004 – dep. 09/03/2004, P.M. in proc. Falco,
Rv. 230397)Sez. 1, n. 27655 del 24/04/2012 – dep. 11/07/2012, Macri’, Rv.
253387; Sez. 2, n. 23186 del 05/06/2012 – dep. 13/06/2012, P.G. in proc.
Costa, Rv. 252843; e da ultimo Sez. 6, n. 37374 del 06/05/2014 – dep.
09/09/2014, P.M in proc. Polizzi, Rv. 260167). Interpretazione in forza alla quale
il patto elettorale illecito, per assumere valenza mafiosa e distinguersi dalle altre
ipotesi di corruzione elettorale previste dal sistema, deve prevedere l’utilizzo

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motivazione addotto a sostegno degli stessi in ragione della inadeguatezza

della sopraffazione e della forza di intimidazione quali modalità di reperimento
dei voti, non essendo sufficiente in sé il mero scambio contemplante la promessa
di voti contro l’erogazione di denaro, in alcuni arresti da questa Corte ritenuto
utile al fine per integrare l’ipotesi di reato in disamina (Sez. 1, sent. n. 32820
del 02/03/ 2012, Battaglia, Rv. 253740; Sez. 6, sent. n. 43107 del 09/11/2011,
P.G. in proc. Pizzo e altro, Rv. 251370).
Peraltro, come del resto già precisato da questa sezione della Corte (con la
sentenza n. 36382 del 03/06/2014 – dep. 28/08/2014, Antinoro, Rv. 260168 )

l’opzione era stata prescelta non tanto in contrapposizione alla necessità di
definire specificamente le modalità di procacciamento dei consensi, quanto per
escludere la rilevanza della materiale erogazione del denaro (Sez. 1 n.
32820/12) o della conclusione di patti aggiuntivi, vincolanti l’uomo politico ad
operare in favore dell’associazione in caso di vittoria elettorale (Sez. 6 n.
43107/11)”, in linea con l’affermazione , oggi ulteriormente corroborata dalla
novella, della natura di reato di mero pericolo ascrivibile alla ipotesi di reato
prevista dall’art. 416 ter cod.pen..
5.3. Il sinallagma illecito, si è detto, si concreta già solo attraverso la promessa
delle reciproche prestazioni. E se oggi il dato normativo non è più espressamente
limitato alla promessa di denaro da parte del candidato grazie al riferimento alle
altre utilità che possono comunque costituire l’oggetto della dazione prospettata
in funzione della conclusione dell’accordo ( così da potersi ritenere oggi
certamente ricomprese nella condotta in contestazione anche la promessa di
“utilità” che solo in via mediata possono essere oggetto di monetizzazione), è
rimasta sostanzialmente invariata la connotazione di fondo del negozio illecito
siccome immediatamente correlata alla natura della prestazione, anche solo
promessa, dal soggetto che si muove sull’altro versante negoziale: quella di
garantire la veicolazione del consenso elettorale mediante le modalità di cui al
terzo comma dell’art. 416 bis cod.pen., dato, anche questo , oggi ancor più
compiutamente esplicitato nella norma novellata ma che costituiva il frutto della
interpretazione in tal senso offerta dalla prevalente giurisprudenza di legittimità,
per quanto sopra già evidenziato.
Si intende affermare che, ad opinione del Collegio, attraverso l’esplicito
riferimento alle “modalità” di cui al III comma dell’art. 416 bis cod.pen. e
dunque al metodo mafioso per l’acquisizione del consenso elettorale, è stata
introdotta una novità linguistica nel tenore della norma di minimo contenuto,
destinata a strutturare la fattispecie in termini ancora più compiuti e definiti,
sempre coerenti, tuttavia, con la lettura più corretta che questa stessa Corte ha
avuto modo di offrire già con riferimento al dato normativo previgente.

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un esame meno superficiale delle decisioni da ultimo richiamate dimostra che ”

Non vi è stata, dunque, alcuna, seppur parziale, delimitazione dell’area
dell’illecito coperta dalla previgente versione dell’art. 416 ter cod.pen. ( cfr in
senso contrario il recente arresto di questa sezione della Corte nr 36382 del
03/06/2014, Antinoro, già citato) : oggi, come lo era nel passato, è necessario
che l’accordo abbia avuto ad oggetto l’acquisizione del consenso elettorale
tramite il metodo mafioso.
Tanto non impone, tuttavia, che il patto sia necessariamente connotato dalla
esplicitazione delle modalità di realizzazione dell’impegno assunto nei confronti

fattuali sintomatici della natura dell’accordo. Ciò perché, come puntualmente
citato in un arresto ( sopra già richiamato ) di questa stessa sezione della Corte
“se anche la ratio dell’incriminazione consiste nello specifico rischio di alterazione
del processo democratico che si determina quando il voto viene sollecitato da
una organizzazione mafiosa, il suo riflesso sul piano degli elementi di fattispecie
si esaurisce nella logica del comportamento di chi, per proprie esigenze
elettorali, promette denaro ad una organizzazione criminale siffatta, ovviamente
consapevole della sua natura e dei metodi che la connotano. La fattispecie si
atteggia quindi a reato di pericolo, fondandosi su consolidate regole di
esperienza, e non richiede affatto ne’ l’attuazione ne’ l’esplicita programmazione
di una campagna singolarmente attuata mediante intimidazioni: la sufficienza
dell’assoggettamento di aree territoriali e corpi sociali alla forza del vincolo
mafioso costituisce, affinché si determinino alterazioni del libero esercizio
individuale e collettivo di diritti e facoltà, uno dei profili essenziali del fenomeno,
ed è ampiamente recepita nella legislazione repressiva” (Sez. 6, n. 37374 del
06/05/2014 – dep. 09/09/2014, P.M in proc. Polizzi, Rv. 260167).
5.4. Le modalità di acquisizione del consenso tramite la sopraffazione e la
intimidazione, momenti fondanti il metodo mafioso, oggi come in passato,
costituiscono dunque non solo la promessa resa dalla controparte del candidato
ma anche la ragione causale effettiva del negozio illecito. E se tale impegno può
non essere esplicitato nel siglare l’accordo, esso al contempo rappresenta il
colore di fondo, la ragion d’essere del patto elettorale illecito in questione.
5.5. E’ invece diverso il perimetro soggettivo di riferimento della norma
novellata. Grazie al comma II del nuovo art. 416 ter cod.pen., oltre al candidato
o al soggetto che nell’interesse di quest’ultimo si muove per acquisire consenso
elettorale mettendo a frutto la forza di intimidazione che promana dall’azione di
matrice mafiosa, oggi, senza più incertezze, risponde della condotta anche il
soggetto che rende siffatta promessa, incamerando l’impegno all’acquisizione
della utilità corrispettiva. Ed il legislatore, adottando un riferimento letterale
aperto e quanto più ampio ( “chi promette” ), non ha delimitato siffatto ruolo

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del candidato, potendo la stessa desumersi, in via inferenziale, da alcuni indici

soggettivo

necessario al solo

intraneo che agisce

rappresentando

l’organizzazione mafiosa : ciò che conta, piuttosto, è che il consenso venga
acquisito, nella mera prospettazione negoziale e non necessariamente nel
risultato, avvalendosi del metodo mafioso cosi che saranno protagonisti attivi
dell’illecito anche soggetti che, senza essere intranei, si pongano quali
intermediari dell’associazione mafiosa o comunque, sempre dall’esterno,
garantiscano al candidato un siffatto metodo d’azione nell’acquisizione del
consenso.

autori della condotta finisce per assumere ricadute ben precise sul piano della
dimostrazione probatoria del tenore dell’accordo nei termini imposti dalla
disposizione in disamina. Ciò non solo con riferimento alla puntuale
configurazione del fatto ma anche in ordine alla prova del dolo avuto riguardo, in
particolare, alla posizione del candidato che stipula l’accordo illecito e che deve
essere consapevole dei termini di esecuzione della promessa assunta dalla sua
controparte.
Si è detto che il programma negoziale illecito non può prescindere dalla
promessa di acquisire il consenso tramite le modalità di cui all’art. 416 bis
comma terzo, cod.pen.. Si è anche precisato che non occorre che tale previsione
sia esplicitata nel definire il dattaglio negoziale del patto potendo essere
immanente all’accordo in ragione delle peculiari connotazioni del fatto.
Essa può così ritenersi sostanzialmente manifesta laddove il promittente sia un
intraneo ed agisca in rappresentanza e nell’interesse dell’associazione : è la fama
criminale dell’interlocutore del politico e la sua possibilità di incidere sul territorio
di riferimento con i metodi tipici della mafiosità che lo rendono appetibile sul
piano elettorale e che spingono il candidato a raggiungere l’accordo.
Tanto nella consapevole, implicita ma logica, evidenza delle modalità attraverso
la quale verrà veicolato in suo favore il reclutamento elettorale, essendo questa
la logica causale della scelta di quello specifico interlocutore.
Poiché, tuttavia, oggi, rispetto al passato, è stata ampliata la sfera dei soggetti
attivi diversi dal candidato ( o da chi agisce nel suo interesse), possono
assumere un ruolo attivo sia soggetti estranei alla consorteria ma che si
manifestino in grado di agire con le modalità in questione; sia i membri della
stessa che agiscano uti singuli; sia, infine intermediari esterni alla cosca
portatori della volontà della stessa. E, sul piano probatorio, il discorso
inferenziale afferente la dimostrazione che l’accordo riguardi modalità di
procacciamento dei voti nei termini di cui al terzo comma dell’art. 416 bis
cod.pen. finisce evidentemente per risentirne.

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5.6. L’ampliamento dello spettro soggettivo di riferimento quanto ai possibili

Diversamente dal caso dell’intraneo che agisce nell’interesse della associazione
impegnandola a svolgere una campagna in favore del politico committente, in
siffatti casi occorre infatti una prova chiara ed immediata della pattuizione delle
modalità del procacciamento cui risulta piegato l’illecito patto di scambio
elettorale, non potendosene ricavare la presenza dal mero ruolo di
interlocuzione riferito in precedenza esclusivamente all’organizzazione criminale.

6. Il Tribunale muove da tali considerazioni di principio. E ne fa anche una

del dato indiziario ( segnatamente offerto dalle intercettazioni, anche quelle
precedenti l’incontro del 5 maggio 2014, utili per chiarire la selezione operata dai
Serino nella individuazione del candidato con il quale “apparentarsi” nelle
elezioni comunali, scelta poi caduta sul Franco Annunziata), non smentita dai
rilievi difensivi, segnala
– la natura, elettorale, dell’incontro tra i due poli di interlocuzione ( il candidato
Annunziata da un lato e i Serino dall’altro, rappresentati da Michelina, Gianluigi e
dall’Albero Aniello, la cui posizione è evidentemente unitaria e non distinguibile
in ragione della evidentemente comune finalità perseguita);
– l’offerta prospettata al candidato per bocca della Michelina ( reperire il
consenso elettorale nella zona di Lavorate);
– il corrispettivo chiesto in cambio ( la copertura amministrativa rispetto ad
alcune, individuate, future iniziative imprenditoriali, destinate ad integrare le
altre utilità oggi indicate dal tenore dell’art. 416 ter cod.pen. primo comma)
– la disponibilità implicitamente mostrata dall’Annunziata ( che lungi dal prendere
le distanze rispetto a siffatte prospettazioni ribadisce l’esigenza del reperimento
di un quanto più ampio consenso elettorale in funzione di un interesse comune,
rappresentando lo stesso un ” investimento reciproco”).
Sin qui la motivazione contrastata non merita censure: estranea a manifeste
incongruenze, delinea i termini di un accordo elettorale illecito, già definito per
effetto dello scambio delle reciproche promesse.
7. Piuttosto è nell’argomentare in ordine alla matrice mafiosa di siffatto patto
elettorale ed ai profili inerenti il dolo che la decisione impugnata manifesta
carenze e contraddittorietà tali da imporre l’annullamento.
7.1. Nel trattare tali temi non può non considerarsi quanto in precedenza
argomentato dal Tribunale del riesame nell’escludere la gravità indiziaria avuto
riguardo alla contestazione associativa, deprivata di rilievo sul presupposto della
attuale insussistenza del clan Serino.
A tale conclusione il Tribunale è giunto svilendo le indicazioni dell’accusa proprio
con riferimento alla effettiva presenza della forza di intimidazione e sopraffazione

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corretta applicazione al caso di specie laddove, attraverso una coerente lettura

sul territorio di riferimento, smarrita dal clan una volta sottoposti a detenzione
carceraria i suoi esponenti di maggior rilievo ( Aniello Serino ed il figlio Matteo);
non avendo più il capo clan la capacità effettiva di incidere anche nei confronti
degli asseriti sodali; risultando le iniziative criminali riscontrate sganciate da
contesti associativi; soprattutto, mancando quella capacità di influire sul portato
sociale di riferimento in ragione di una egida criminale di matrice camorristica
allo stato svanita ( inequivoco quanto rappresentato nel riferire la risposta
offerta dal Franzese rispetto alla sollecitazione sottesa alla tentata estorsione di
cui al capo C).

aporie logiche, gli interlocutori del Franco Annunziata fuori da logiche criminali di
matrice associativa e camorristica immediatamente ascrivibili agli stessi.
L’esteriorizzazione della matrice mafiosa di un gruppo rappresenta una chiave di
lettura imprescindibile nella fattispecie in disamina perché solo attraverso di essa
sono consentiti ragionamenti probatori di tipo logico diversamente non
autorizzati; e non può essere letta con risultanze alternative a seconda della
valutazione da rendere sicchè se si è escluso, per un verso, che i Serino,
malgrado la loro storia criminale pregressa ed un passato associativo
incontestato, siano oggi portatori di una presenza sul territorio, anche marcata
da iniziative illecite, colorata dalle connotazioni tipiche dell’azione comune di
matrice mafiosa, per altro verso non può affermarsi, così come ha mostrato di
fare il Tribunale, che nel contrattare con l’Annunziata, siano ancora
rappresentativi di un modo di agire così qualificato.
7.3. Nulla esclude , in particolare, che, nel contrattare con il candidato, l’offerta
negoziale prospettata allo stesso possa essere stata concretata dal riferimento
alle modalità di reperimento del consenso elettorale mediante il metodo mafioso,
non occorrendo al fine, per quanto già precisato, che il promittente sia allo stato
intraneo ad una associazione mafiosa né che quest’ultima effettivamente esista.
In tali casi, per quanto già segnalato, la prova della natura mafiosa del patto
sfugge tuttavia ad ogni possibile automatismo logico. L’esponente criminale non
agisce in rappresentanza di una associazione effettivamente presente sul
territorio cosi come già rappresentato in precedenza dallo stesso Tribunale del
riesame.
Occorreva, dunque, precisare da quali momenti indiziari è stata tratta
l’affermazione delle connotazioni oggettive della promessa veicolata
all’Annunziata nei termini imposti dall’art. 416 ter cod.pen.
Per contro, le indicazioni argonnentative segnalate nel provvedimento impugnato
( la possibilità di muoversi sfruttando l’aurea tracciata in precedenza dalla storia
criminale dei protagonisti dell’accordo diversi dal candidato, avvalendosi di

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7.2. Tale valutazione in fatto colloca necessariamente, a meno di insanabili

contatti e collegamenti favoriti dalla loro pregressa mafiosità) assumono
esclusivamente il tenore delle congetture che, per quanto verosimili, non
integrano gli estremi della gravità indiziaria sul punto.
Piuttosto, muovendo dalla rilevata sfiducia sulle effettive capacità di
intimidazione e sopraffazione ascrivibili, in questa fase, al gruppo Serino, era
necessario precisare gli elementi dai quali inferire che, nel rapportarsi al
candidato, il reclutamento elettorale offerto sarebbe stato realizzato garantendo
all’Annunziata l’utilizzo del metodo mafioso. Elementi da valutare con una

Tribunale ha escluso sia l’associazione camorristica (in ragione di una ritenuta
attuale incapacità del gruppo di agire sul territorio perpetuando logiche di
matrice mafiosa in precedenza riscontrate) sia la stessa possibilità di ritenere le
condotte ascritte ai diversi indagati siccome caratterizzate dal metodo mafioso.
7.4. Le considerazioni sopra esposte finiscono anche per incidere sulle
argomentazioni spese per motivare il dolo, avuto riguardo alla posizione
dell’Annunziata in particolare. Momenti oggettivi e soggettivi della condotta
sono, in siffatta fattispecie, intrinsecamente collegati. Se l’accordo deve
riguardare la veicolazione del consenso elettorale secondo il metodo mafioso, i
contendenti non possono che essere consapevoli di tanto, costituendo, il metodo,
la ragione fondante dell’impegno illecito. E se, come fatto dal Tribunale, si
precisa a monte che i Serino avevano smarrito la capacità di incidere sul
territorio, non può poi, a valle, ritenersi che in ragione della loro storia criminale
doveva ritenersi incontrovertibile che l’Annunziata ebbe a stringere con loro un
patto elettorale illecito nella imprescindibile consapevolezza che i voti sarebbero
stati reperiti con le modalità mafiose di cui al comma III dell’art.416 bis
cod.pen., in precedenza smentite nella loro consistenza attuale.
7.5. Si impone dunque l’annullamento sul punto. Con rinvio al Tribunale perché,
alla luce del materiale indiziario in atti, valuti nuovamente la gravità indiziaria
della contestazione di cui al punto B) della rubrica del PM, superando i vuoti
argomentativi e le manifeste incongruenze logiche riscontrate e procedendo , se
del caso, anche a una diversa configurazione del fatto contestato ed alle
conseguenti valutazioni in termini di coerenza del relativo intervento cautelare.
8. Quanto agli ulteriori motivi addotti nell’interesse dell’Albero Aniello, osserva la
Corte come nel dispositivo non si fa cenno al capo H sicchè la valutazione
cautelare posta a fondamento della misura non ha sostanzialmente assunto, in
esito alla decisione del Tribunale, un portato sostanziale di riferimento diverso da
quello cristallizzato dalla decisione del Gip. Tanto rende il ricorrente sfornito del
relativo interesse destinato a sostenere la doglianza.

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rigorosità imposta dalla forza degli argomenti attraverso i quali lo stesso

Il tema delle esigenze cautelari e della adeguatezza della misura, infine, risulta
assorbito dalle ragioni dell’annullamento sopra rassegnate.
PQM
dichiara inammissibile il ricorso del Pubblico Ministero e, inYaTc —o-g- limento del
ricorso dell’imputato, annulla l’ordinanza impugnata limitatamente al capo b
(416 ter cod.pen.) e rinvia per nuovo esame su tale capo al Tribunale di Salerno.
Rigetta nel resto il ricorso dell’indagato.

Così deciso il 19 Maggio 2015
Il Consigliere estensore

Il Presidente

Manda alla cancelleria per le comunicazione ai sensi dell’art 94 comma 1 ter
D.ATT. COD.PROC.PEN.

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