Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 253 del 30/09/2013
Penale Ord. Sez. 7 Num. 253 Anno 2014
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: LA POSTA LUCIA
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
SIRBU NICU N. IL 29/10/1979
avverso l’ordinanza n. 639/2012 GIP TRIBUNALE di GENOVA, del
22/11/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCIA LA POSTA;
Data Udienza: 30/09/2013
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RITENUTO IN FATTO
1. Con l’ordinanza indicata in epigrafe il giudice dell’esecuzione respingeva
l’istanza avanzata da Nicu Sirbu volta ad ottenere l’applicazione della disciplina
del reato continuato, ex art. 671 cod. proc. pen., in relazione a quattro reati
separatamente giudicati.
Riteneva insussistenti i presupposti della continuazione tra tutti i reati, pur
tenuto conto della medesima natura degli stessi, considerato la distanza
2. Avverso la citata ordinanza ha proposto ricorso il condannato deducendo
la violazione di legge ed il vizio della motivazione rilevando che si tratta di reati
contro il patrimonio commessi nello stesso territorio e con modalità simili;
inoltre, la distanza temporale non è particolarmente rilevante.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
L’art. 671 cod. proc. pen. attribuisce al giudice il potere di applicare
in
executivis l’istituto della continuazione e di rideterminare le pene inflitte per i
reati separatamente giudicati con sentenze irrevocabili secondo i criteri dettati
dall’art. 81 cod. pen.. Tra gli indici rivelatori dell’identità del disegno criminoso
non possono non essere apprezzati la distanza cronologica tra i fatti, le modalità
della condotta, la tipologia dei reati, il bene protetto, l’omogeneità delle
violazioni, la causale, le condizioni di tempo e di luogo, eventualmente lo stato di
tossicodipendenza.
La decisione del giudice di merito, se congruamente motivata, non è
sindacabile in sede di legittimità (Sez. 5, 7.5.1992, n. 1060, Di Camillo, riv.
189980; Sez. 1, 7.7.1994, n. 2229, Caterino, riv. 198420; Sez. 1, 30.1.1995, n.
5518, Montagna, riv. 200212).
Nella specie, le doglianze del ricorrente, per vero aspecifiche sotto il profilo
della correlazione con la motivazione del provvedimento impugnato, si risolvono
nella mera riproposizione delle argomentazioni sulle quale era fondata la
richiesta che sono state compiutamente valutate dal giudice dell’esecuzione con
motivazione immune da vizi di coerenza e di logicità.
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di
elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità, al versamento a favore della cassa delle ammende di una
temporale tra i diversi episodi.
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sanzione pecuniaria che pare congruo determinare in euro mille, ai sensi dell’
art. 616 cod. proc. pen..
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di euro mille in favore della
Così deciso, il 30 settembre 2013.
cassa della ammende.