Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 2527 del 30/09/2015


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 2527 Anno 2016
Presidente: ROMIS VINCENZO
Relatore: DOVERE SALVATORE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI
CATANZARO
nei confronti di:
FULMINE ROBERTO N. IL 11/07/1958
avverso la sentenza n. 1057/2013 CORTE APPELLO di
CATANZARO, del 07/02/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 30/09/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. SALVATORE DOVERE
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per ZQ

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Data Udienza: 30/09/2015

RITENUTO IN FATTO
1. Il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di
Catanzaro ricorrere avverso la sentenza indicata in epigrafe con la quale la
medesima Corte ha assolto Fulmine Roberto del reato di omicidio colposo
commesso con violazione delle norme in materia di circolazione stradale, con ciò
riformando la sentenza di condanna che era stata pronunciata dal Tribunale di
Catanzaro. Secondo la pacifica ricostruzione dei fatti, intorno alle ore 01,00 del 6
luglio 2009, il Fulmine era alla guida di una Fiat Bravo e percorreva una strada

collidere con un muretto ubicato nella corsia opposta; nell’impatto il passeggero
Valeria Salerno subiva gravissime lesioni che la conducevano a morte.
Ad avviso della Corte di appello non è nota la dinamica del sinistro ed in
particolare non sono state accertate le cause della fuoriuscita di strada del
Fulmine, non essendo stata accertata la velocità di marcia del veicolo, sicché non
è possibile attribuire al guidatore una condotta colposa quale causa della morte
della Salerno.
Rileva il ricorrente che la Corte d’appello non ha tenuto conto che la velocità
di un veicolo può essere determinata sulla scorta di qualsivoglia elemento dotato
di sufficiente valore probatorio, specie quando non si tratta di individuare un
valore numerico ma di valutarne l’adeguatezza in rapporto alle concrete
contingenze di tempo, luogo e situazione. Rimarca, poi, le acquisizioni
processuali relative alla perdita di controllo del veicolo, all’assenza di tracce di
frenata, all’entità dei danni riportati dal veicolo e dalla passeggera.
CONSIDERATO IN DIRITTO
2. Il ricorso é inammissibile.
Si contesta alla sentenza impugnata – sia sotto il profilo della congruenza
motivazionale che sotto quello della violazione di legge – di non aver tenuto
conto che la giurisprudenza di legittimità ammette che la velocità di un veicolo
rimasto coinvolto in un sinistro stradale possa essere determinata alla luce di
tutte le circostanze del caso, senza che sia necessario pervenire alla
identificazione dell’esatta misura. Si tratta di una censura che in realtà investe il
giudizio di merito operato dalla Corte di Appello a riguardo della identità e della
portata dimostrativa degli elementi di prova utilizzabili per il giudizio.
Come rammenta il ricorrente, l’art. 141 Cod. str. impone di mantenere una
velocità adeguata alle condizioni di contesto, in modo da garantire la sicurezza
della circolazione stradale; questa Corte, in precedenti ormai remoti ma che
conservano persuasività, ha affermato che, in tema di accertamento della
condotta colposa dell’imputato, nel formulare il loro convincimento sull’eccesso di
velocità, i giudici di merito non sono tenuti ad indicare in termini aritmetici il

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del centro abitato di Catanzaro quando usciva dalla carreggiata e andava a

limite di velocità ritenuto innocuo, essendo sufficiente che essi indichino gli
elementi di fatto e le logiche deduzioni, in base ai quali essi hanno valutato, sia
pure approssimativamente, la velocità ritenuta nociva e pericolosa in rapporto
alla situazione obiettiva ambientale. Il fattore velocità risponde infatti ad un
concetto di relatività alle situazioni contingenti quando trattasi di valutare il
comportamento dell’imputato in nesso causale con l’evento ascrittogli e non già
di accertare la violazione contravvenzionale di norme prescriventi limiti fissi di
velocità (Sez. 4, n. 6173 del 09/05/1983, Togliardi, Rv. 159688; Sez. 4, n.

è quella che il giudice identifica come valevole ad assicurare una sicura
circolazione stradale, nelle specifiche condizioni date. Trattandosi di regola
elastica, l’opera di definizione della regola cautelare chiama in causa la
prevedibilità e l’evitabilità dell’evento: la velocità doverosa è quella che, tenuto
conto delle condizioni di tempo e di luogo, permette di evitare gli eventi
prevedibili secondo l’id quod plerumque accidit (principi ribaditi, da ultimo, da .
Pertanto, anche il giudizio di (in)adeguatezza della velocità richiede una sia
pur approssimativa determinazione della stessa.
Tuttavia, nel caso di specie tali puntualizzazioni sono prive di reale incidenza
perché il ricorso censura sostanzialmente che dagli elementi disponibili non si sia
tratta la conclusione di una velocità non adeguata mantenuta dal Fulmine.
Occorre quindi prendere le mosse dalla considerazione che il Tribunale era
pervenuto alla pronuncia di condanna del Fulmine ritenendo che questi avesse
mantenuto una velocità eccessiva; tanto sulla scorta dell’assenza di tracce di
frenata sulla strada, dell’entità dei danni riportati dal veicolo e dalla passeggera,
dell’assenza di causali alternative, avendo ritenuto non provata la presenza di
terriccio sul manto stradale. La Corte di Appello ha invece ritenuto che non fosse
stata accertata la velocità di marcia mantenuta dal Fulmine, e quindi una sua
eccessività, non condividendo la ricostruzione fattuale operata dal primo giudice.
Ed infatti, quanto ai danni ha rilevato che la loro entità non é sempre
direttamente proporzionale alla velocità del veicolo; quanto all’assenza di tracce
di frenata e ad eventuali causali alternative ha ritenuto che – diversamente da
quanto asserito dal primo giudice – le fotografie in atti e la testimonianza
assunta dessero contezza della presenza di terriccio sulla strada (“sul manto
stradale era sparso copioso materiale terroso e brecciolino”) e della non visibilità
della segnaletica orizzontale di colore giallo che indicava la presenza in loco di
lavori in corso. Con ciò assumendo la plausibilità dell’ipotesi che la perdita di
controllo fosse dipesa dallo stato del fondo stradale e quindi concludendo per
l’impossibilità di affermare oltre ogni ragionevole dubbio la responsabilità
dell’imputato. Pertanto, la Corte di Appello non ha escluso che potesse essere

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11068 del 05/06/1984, Rasi, Rv. 167075). Detto altrimenti, la velocità adeguata

rilevante anche solo una velocità stimata in via approssimata; ma ha ritenuto
che nella specie tale stima non fosse possibile, con motivazione consapevole
degli elementi disponibili e in alcun modo manifestamente illogica.
Rispetto a siffatto percorso logico-giuridico il ricorso non prende posizione
alcuna, consistendo nella ripetuta sottolineatura della ammissibilità di un
accertamento della velocità che esiti non nella individuazione di parametri
numerici ma in un giudizio di adeguatezza; né contesta il dato decisivo, ovvero la

3. In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 30/9/2015.

ritenuta presenza di materiale terroso sul manto stradale.

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