Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 25223 del 18/04/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 25223 Anno 2013
Presidente: DI VIRGINIO ADOLFO
Relatore: ROTUNDO VINCENZO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
CICCONE FRANCESCO N. IL 10/11/1974
avverso la sentenza n. 6259/2011 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
09/11/2011
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. VINCENZO
ROTUNDO;

Data Udienza: 18/04/2013

FATTO E DIRITTO
Ciccone Francesco ricorre per cassazione avverso la sentenza di cui in epigrafe,
1
deducendo violazione di legge e vizio di motivazione in punto di affermazione della
sua responsabilità, nonché in ordine alla mancata applicazione delle attenuanti
generiche e alla dosimetria della pena inflitta.
2 .-. Il primo motivo di ricorso deve essere dichiarato inammissibile, in quanto basato
su doglianze non consentite in sede di giudizio di legittimità. Le censure del ricorrente
attengono invero alla valutazione della prova, che rientra nella facoltà esclusiva del
giudice di merito e non può essere posta in questione in sede di giudizio di legittimità
quando fondata su motivazione congrua e non manifestamente illogica. Nel caso di
specie, i giudici di appello hanno preso in esame tutte le deduzioni difensive e sono
pervenuti alla decisione attraverso un esame completo ed approfondito delle risultanze
processuali, in nessun modo censurabile sotto il profilo della congruità e della
correttezza logica.
Altrettanto inammissibili per genericità e per manifesta infondatezza sono le residue
censure.
I rilievi relativi alla mancata concessione delle attenuanti generiche si traducono in
allegazioni di mero fatto, con le quali viene censurato il potere discrezionale del giudice
di merito pur adeguatamente motivato, nonché carenti della richiesta specificità là dove
si lamenta la mancata considerazione di elementi favorevoli all’imputato
semplicemente enunciati, senza alcuna indicazione della loro decisiva rilevanza.
Altrettanto generici quelli relativi alla pena, ben distante d’altronde dai massimi edittali.
3 .-. Alla inammissibilità del ricorso consegue ex art. 616 c.p.p. la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa
delle ammende che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in
euro mille, non ravvisandosi ragioni per escludere la colpa nella determinazione della
causa di inammissibilità.
P.Q.M.
la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
processuali e della somma di euro 1.000 (mille) alla Cassa delle Ammende.
i deciso in Roma, in data 18-4-13.

c. c.: 18-4-13

R.G. n. 43108-12

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