Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 25209 del 18/04/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 25209 Anno 2013
Presidente: DI VIRGINIO ADOLFO
Relatore: ROTUNDO VINCENZO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
ZAPPIA DOMENICO N. IL 29/08/1974
MARINO EMANUELE N. IL 23/05/1958
MARCOPIDO ITALO N. IL 05/04/1956
avverso la sentenza n. 2981/2011 GIP TRIBUNALE di SAVONA, del
16/07/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. VINCENZO
ROTUNDO;

DEPOSI TATA
IN CANCELLERIA
– 7 GIU 2013

Data Udienza: 18/04/2013

%.

c. c. : 18-4-13

FATTO E DIRITTO
1 .-. Ricorrono Zappia Domenico, Marcopido Italo e Marino Emanuele avverso la
sentenza indicata in epigrafe, con la quale è stata loro applicata la pena concordata con la
pubblica accusa ai sensi dell’art. 444 c.p.p. per i reati loro rispettivamente ascritti,
disponendo altresì nei confronti dello Zappia la confisca dei terreni con annesso
fabbricato, dei veicoli e delle somme di denaro indicate in dispositivo.
Zappia e Marcopido deducono vizio di motivazione ed inosservanza dell’art. 129
c.p.p., a loro avviso applicabile al caso in esame. Zappia denuncia altresì la illegittimità
della disposta confisca e il vizio di motivazione sul punto. Marino eccepisce gli stessi vizi
in riferimento alla entità della pena applicata, ritenuta eccessiva.
2 .-. I ricorsi devono essere dichiarati inammissibili per assoluto difetto di
specificità dei motivi addotti a sostegno. I ricorrenti, invero, pur dolendosi
dell’insufficienza delle argomentazioni poste alla base della decisione impugnata, non
indicano in alcun modo le ragioni per le quali, in presenza di una richiesta di applicazione
della pena da loro proveniente, che presupponeva la rinuncia implicita a qualsiasi
questione sulla colpevolezza, il giudice avrebbe dovuto nondimeno disattendere tale
richiesta e pervenire ad una decisione di proscioglimento basata sull’evidenza
dell’insussistenza del fatto, della sua mancata commissione da parte degli imputati, della
presenza di cause di giustificazione, dell’insussistenza dell’elemento soggettivo o in
genere della sua inidoneità ad integrare gli estremi del reato contestato.
Anche le censure attinenti alla eccessività della pena applicata sono
manifestamente infondate, atteso che il Giudice, contrariamente a quanto affermato dai
ricorrenti, nell’applicare la pena concordata, si è adeguato a quanto contenuto
nell’accordo tra le parti, esplicitando l’effettuazione dei controlli a lui demandati e così
adeguatamente soddisfacendo il suo obbligo di motivazione anche in relazione alla
qualificazione giuridica dei fatti, in relazione alla ricordata speciale natura
dell’accertamento in sede di applicazione della pena su richiesta delle parti (Cass. Sez.
un., u.p. 27 marzo 1992, Di Benedetto; Sez. un., u.p. 27 settembre 1995, Serafino; Sez.
un., u.p. 25 novembre 1998, Messina). In ogni caso, poi, i ricorsi non evidenziano vizi
denunciabili, posto che si risolvono in prospettazioni e valutazioni volte a rimettere in
discussione le fattispecie su cui si è formato l’accordo.
Anche le censure relative alla disposta confisca sono inammissibili per manifesta
infondatezza, atteso che il Giudice, contrariamente a quanto affermato dal ricorrente
Zappia, ha giustificato il provvedimento ablativo avente ad oggetto i terreni ex art. 12
sexies Legge 356/92, in considerazione della evidente sproporzione tra il valore dei beni
ed il reddito dichiarato dal prevenuto, rilevando che la documentazione prodotta non
dimostrava la lecita provenienza della provvista utilizzata per l’acquisto dei beni; ha
argomentato la confisca dei veicoli riportandosi alla motivazione dei provvedimenti di
sequestro, mai contestata dall’imputato; ha osservato che le somme di denaro sequestrate
avevano evidente natura di provento dei reati in esame. Con questa stringata
giustificazione il Tribunale ha adempiuto al suo obbligo di motivazione, in relazione alla
ricordata speciale natura dell’accertamento in sede di applicazione della pena su richiesta
delle parti D’altra parte il nuovo testo dell’art. 445, comma 1, c.p.p., come sostituito
dalla Legge n. 134 del 2003, rende possibile la applicazione della confisca in tutti i casi
previsti dall’art. 240 c.p.
3 .-. Alla dichiarazione di inammissibilità consegue la condanna dei ricorrenti al
pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.500 ciascuno, determinata in
considerazione della natura del provvedimento impugnato, in favore della Cassa delle
ammende.
PQM
la Corte dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.500 (millecinquecento) ciascuno in favore
della Cassa delle ammende.
Cosr deciso in Roma, in data 18-4-13.

R.G. n. 42761-12

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