Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 25198 del 10/05/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 25198 Anno 2013
Presidente: BARDOVAGNI PAOLO
Relatore: BARBARISI MAURIZIO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) Giannitti Maria

n. Il 2 agosto 1948

2) Castaldo Vincenzo

n. il 29 aprile 1948

avverso
l’ordinanza 12 ottobre 2012 — Tribunale di Napoli;
sentita la relazione svolta dal Consigliere dott. Maurizio Barbarisi;
sentite le conclusioni scritte del rappresentante del Pubblico Ministero, sostituto
Procuratore Generale della Corte di Cassazione dr. Oscar Cedrangolo, che ha chiesto l’annullamento con rinvio della ordinanza impugnata e la trasmissione degli atti
al Tribunale di Napoli
uditi i difensori avv.ti Massimo e °lindo Paolo Preziosi che hanno concluso per
l’accoglimento dei motivi dì gravame.

Data Udienza: 10/05/2013

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – Prima Sezione penale

Ritenuto in fatto
1. — Con ordinanza deliberata in data 12 ottobre 2012, il Tribunale di Napoli, in
sede di riesame, dichiarava l’inammissibilità delle istanze di riesame avanzate nell’interesse di Giannitti Maria e Castaldo Vincenzo avverso l’ordinanza emessa in data 8 giugno 2011 dal Giudice delle Indagini preliminari del Tribunale di Avellino che
disponeva la misura cautelare delle arresti domiciliari, per sopravvenuta carenza di

In fatto era accaduto che Castaldo Vincenzo, Giannitti Maria, Iannace Carlo, Caracciolo Francesco, unitamente ad altre persone, nelle rispettive qualità (il Caracciolo, quale primario e direttore del reparto chirurgia generale II dell’ospedale Moscati
in Avellino, la Giannitti, quale direttore sanitario di presidio dell’ospedale sito in viale Italia in Avellino, lo Iannace quale aiuto chirurgo, il Castaldo quale direttore sanitario dell’ospedale Moscati) erano stati sottoposti a indagini con riferimento a condotte tenute dal 2004 al 2007, consistite nell’aver effettuato, nonostante ciò non
fosse consentito, numerosi interventi di chirurgia estetica, di chirurgia ambulatoriale, dl accertamenti strumentali in regime di day-hospital, ovvero di ricovero ordinario (il Caracciolo e lo Iannace), facendo in modo che i pazienti destinatari di tali
prestazioni non venissero inseriti nella lista d’attesa ed evitassero, in tal modo, i
tempi lunghi imposti dalla prenotazione ufficiale. Agli stessi pazienti, poi, secondo
l’ipotesi d’accusa, era stato anche consentito, a volte, di non pagare il ticket.
Il Tribunale del riesame di Napoli, con il provvedimento 20 giugno 2011, in parziale riforma dell’ordinanza cautelare emessa dal Giudice delle indagini preliminari,
sostituiva la misura degli arresti domiciliari per tutti gli indagati con quella del divieto di dimora nel territorio di Avellino.
Con sentenza 27 marzo 2012 la Corte di Cassazione, adita dai ricorrenti, annullava l’ordinanza rimettendo gli atti al Tribunale. Nelle more del giudizio di Cassazione il Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Avellino, in data 12 novembre 2011 revocava la misura coercitiva per carenza di esigenze cautelari, provvedimento avverso il quale il Pubblico Ministero presentava appello ottenendo dal Tribunale del riesame di Napoli in data 20 gennaio 2012 nuovo divieto di dimora in Avellino. Il 4 giugno 2012 gli indagati venivano rinviati a giudizio, mentre il Giudice delle indagini preliminari revocava la misura nei confronti di tutti, mentre il Pubblico
Ministero presentava appello nei soli confronti di Iannace e Caracciolo.

Ud. in c.c.: 10 maggio 2013 — Giannitti Maria — RG: 293/13, RU: 42;

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interesse.

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – Prima Sezione penale

Il Tribunale, a seguito della revoca da parte del Giudice delle indagini preliminari
del divieto di dimora nei confronti di tutti i prefati, riteneva le istanze inammissibili
per carenza di interesse. Quanto alla richiesta delle difese degli astanti di ottenere
una pronuncia circa la legittimità della custodia cautelare e di sussistenza di gravi
indizi di colpevolezza o comunque di sussistenza delle esigenze cautelari dichiarava
che la medesima era parimenti inammissibile recando la sola firma degli imputati
con a fianco la firma o l’autentica dei difensori sicché l’atto era privo di autentica da

tenzione costituisce atto personale della parte che l’abbia indebitamente sofferta la
sua proposizione doveva essere personale ovvero presentata a mezzo di procuratore speciale nominato nelle forme previste dall’art. 122 cod. proc. pen. in modo da
esplicitare la finalità dell’atto.
2. — Avverso Il citato provvedimento, tramite il proprio difensore, ha interposto
tempestivo ricorso per cassazione, con due distinti atti, ma dal contenuto sovrapponibile, Giannitti Maria e Castaldo Vincenzo chiedendone l’annullamento per violazione di legge.
In particolare è stato rilevato dai ricorrenti che, anteriormente alla decisione del
Tribunale, la Cassazione aveva ritenuto la piena ammissibilità del ricorso sia sotto il
profilo della sussistenza del concreto interesse alla decisione sia sotto il profilo della
regolarità formale della sottoscrizione dell’istanza da parte dell’imputato. Dopo la
revoca della misura custodiale nella cancelleria della Corte di legittimità era stata
infatti depositata la medesima dichiarazione di interesse alla decisione sottoscritta
dall’imputato e dal difensore e la Corte l’aveva ritenuta ammissibile. Inoltre il difensore ha, ai sensi dell’art. 39 disp. att. il potere di autentica di qualsiasi dichiarazione proveniente dall’imputato; infine, al sensi dell’art. 99 cod. proc. pen., la mera
dichiarazione di interesse a ottenere una decisione sull’insussistenza dei gravi indizi
per avere la possibilità di chiedere la riparazione per ingiusta detenzione, non è un
diritto riservato esclusivamente all’imputato. Peraltro il difensore si era limitato a
depositate la dichiarazione del proprio assistito.

Osserva in diritto
3. — I ricorsi sono fondati e meritano accoglimento: l’ordinanza impugnata va
annullata con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Napoli.

Ud. in c.c.: .10 maggio 2013 — Glannitti Maria

RG: 293/13, RU: 42;

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parte di un notaio o di altro soggetto abilitato. Poiché la domanda per ingiusta de-

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – Prima Sezione penale

3.1 — La pronuncia inoppugnabile di annullamento costituisce una decisione idonea a fondare il diritto dell’Indagato alla riparazione per ingiusta detenzione (art.
314 cod. proc. pen.). Il raccordo tra interesse all’impugnazione e diritto alla riparazione per ingiusta detenzione (art. 314 cod. proc. pen.) opera limitatamente alla
deduzione dell’insussistenza delle condizioni genetiche o speciali previste dagli artt.
273 e 280 cod. proc. pen., con esclusione delle esigenze cautelar’ (Cass., Sez. Un.,
13 luglio 1998, rv. 211194; Cass., Sez. Un., 25 giugno 1997, rv. 208165; Cass.,

dell’indagato al ricorso avverso l’ordinanza di custodia cautelare in carcere, in punto
di gravi indizi di colpevolezza, quando detto provvedimento, nelle more del giudizio
di legittimità, abbia perso efficacia o sia stato per qualunque ragione revocato, posto che, anche nel caso in cui il provvedimento revocatorio abbia riconosciuto la
mancanza originaria di un quadro di gravità indiziaria permane l’interesse alla pronuncia sul punto della Corte di Cassazione sia sotto il profilo di cui all’art. 314 cod.
proc. pen. che sotto quello dell’art. 405 cod. proc. pen., comma 1 bis, introdotto
dalla L. 20 febbraio 2006, n. 46, attesi i riflessi della decisione del giudice di legittimità sul potere di archiviazione del pubblico ministero.
3.2 — Ciò posto occorre rilevare che l’interesse, peraltro nella fattispecie esplicitato dai ricorrenti In modo autonomo, non ha bisogno delle forme proprie della domanda per ingiusta detenzione ex art. 314 cod. proc. pen., non essendovi nessuna
ragione perché ciò avvenga e in assenza di una norma che io imponga, essendo
piuttosto sufficiente la sola esplicitazione dell’interesse alla verificazione della legittimità del provvedimento purché oggetto di una specifica e motivata deduzione, idonea a evidenziare in termini concreti il pregiudizio che deriverebbe dalla omissione della pronuncia medesima. Considerato poi che la domanda di riparazione – come si evince dal coordinato disposto dell’art. 315, comma terzo, cod. proc. pen. e
dell’art. 645, comma 1, cod. proc. pen. – è atto riservato personalmente alla parte,
occorre che l’intenzione della sua futura presentazione sia con certezza riconducibile
alla sua volontà (Sez. 6, 14 gennaio 2009, n. 3531, Gervasi, rv. 242404; Sez. U, 16
dicembre n. 7931, 2010, rv. 249002, Testini) circostanza questa che, nella fattispede, è, per entrambi gli imputati, pacifica e neppure posta in dubbio dal giudice.

Il Tribunale non doveva pertanto dichiarare inammissibile le richieste de libertate avendo i ricorrenti esplicitato il loro interesse alla pronuncia come sopra esplicitato.

Ud. in c.c.: 10 maggio 2013 — GlannIttl Maria — RG: 293/13, RU: 42;

Sez. Un., 28 marzo 2006, rv. 234268). Sussiste, di conseguenza, l’interesse

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – Prima Sezione penale

Ne consegue che deve adottarsi pronunzia ai sensi dell’art. 623 cod proc. pen.
come da dispositivo

per questi motivi
annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Napoli.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, il .10 maggio 2013

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