Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 25162 del 14/03/2013


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 25162 Anno 2013
Presidente: DE ROBERTO GIOVANNI
Relatore: CONTI GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Lavitola Valter, nato a Salerno il 16/06/1966

avverso la ordinanza del 19/11/2012 del Tribunale di Napoli

visti gli atti, la ordinanza denunziata e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Giovanni Conti;
udito il Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale
Giovanni D’Angelo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la ordinanza in epigrafe, il Tribunale di Napoli, adito ex art. 310
cod. proc. pen., confermava l’ordinanza in data 7 luglio 2012 del Giudice per
le indagini preliminari del Tribunale di Napoli con la quale era stata rigettata
la richiesta avanzata da Valter Lavitola, di revoca o attenuazione della misura
della custodia cautelare in carcere applicatagli con ordinanza del medesimo
G.i.p. in data 11 maggio 2012 in ordine ai reati di bancarotta fraudolenta,

Data Udienza: 14/03/2013

truffa aggravata e plurime violazioni finanziarie, per i quali il medesimo
aveva patteggiato la pena di anni 3 e mesi otto di reclusione.
Rilevava il Tribunale che non erano venute meno le esigenze cautelari, di
intensità tale da imporre il mantenimento della misura carceraria, per il solo
fatto del decorso del tempo, pari a circa sette mesi dal momento
dell’applicazione della misura, e per la intervenuta sentenza di
patteggiamento, dato il contesto criminale di notevole spessore in cui il
Lavitola operava, indicativo, ad un tempo, del pericolo di reiterazione di

2. Ricorre per cassazione il Lavitola, a mezzo del difensore avv. Gaetano
Balice, il quale, con un unico motivo, denuncia la violazione di norme di
legge e il vizio di motivazione in punto di perdurante sussistenza di esigenze
cautelari, tali da imporre il mantenimento della misura carceraria,
osservando che il Tribunale, ricorrendo a mere clausole di stile, aveva
omesso di considerare la rilevante circostanza costituita dall’avere il Lavitola
perso la qualità di socio della cooperativa che editava il giornale “L’Avanti”,
che costituiva il presupposto di fatto dei reati contestati. Inoltre,
irragionevolmente non era stato dato rilievo al fatto che il medesimo aveva
patteggiato la pena riportando condanna a tre anni e otto mesi di reclusione.
In ogni caso, non era stata data adeguata risposta alla subordinata
richiesta di sostituzione della misura carceraria con quella domiciliare.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Ad avviso della Corte il ricorso è manifestamente infondato.

2. Il ricorrente deduce che la cessazione della sua qualità di direttore del

giornale “L’Avanti” per ciò stesso rendeva non ragionevolmente prospettabile
una reiterazione di condotte criminose.
Tale rilievo non si confronta con la osservazione del Tribunale secondo cui
era stato accertato che il Lavitola era inserito in un ampio contesto criminale, in
cui figuravano soggetti di notevole spessore, nell’ambito del quale egli si era
mosso con abilità e spregiudicatezza, come era avvalorato dal suo
coinvolgimento in fatti diversi di corruzione internazionale e di altra illecita
natura.
Un simile contesto criminale in cui il Lavitola, con un ruolo non secondario,
era stato coinvolto è stato ineccepibilmente ritenuto dal Tribunale ostativo non

analoghe condotte criminose e di quello di fuga.

solo alla cessazione della condizione carceraria ma anche alla sostituzione di
questa con la misura domiciliare, tenuto altresì conto del concorrente pericolo di
fuga, concretamente prospettabile sulla base della considerazione degli appoggi
di cui l’indagato aveva goduto durante la sua lunga latitanza all’estero.
Appare altresì immune da vizi logici la considerazione svolta nell’ordinanza
impugnata secondo cui il Lavitola, patteggiando la pena, non aveva fatto venire
meno gli accennati

pericula libertatis, ma

solo quello dell’inquinamento

3. Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle
ammende che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in
euro mille.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1 ter

disp att. cod. proc. pen.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro mille in favore della cassa delle
ammende.
La Cancelleria provvederà agli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1 ter

disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 14/03/2013.

probatorio.

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