Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 25160 del 21/02/2013


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 25160 Anno 2013
Presidente: DE ROBERTO GIOVANNI
Relatore: CONTI GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Greco Giacinto, nato a Catania il 10/08/1960

avverso la ordinanza del 12/11/2012 del Tribunale di Palermo

visti gli atti, la ordinanza denunziata e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Giovanni Conti;
udito il Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Maria
Giuseppina Fodaroni, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con la ordinanza in epigrafe, il Tribunale di Palermo, adito ex art. 310
cod. proc. pen., confermava l’ordinanza in data 5 ottobre 2012 del Giudice per le
indagini preliminari del medesimo Tribunale, appellata da Giacinto Greco, con la
quale era stata rigettata la richiesta dallo stesso avanzata di sostituzione con la
misura degli arresti domiciliari di quella della custodia cautelare in carcere
applicatagli in data 30 marzo 2012 dal medesimo G.i.p. e confermata con
ordinanza in data 23 aprile 2012 in sede di riesame in ordine al reato di cui

Data Udienza: 21/02/2013

all’art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990 (detenzione a fine di cessione di kg. 10 circa di
marijuana).
Rilevava il Tribunale che non erano emersi elementi significativi di novità
idonei a sottoporre a revisione la decisione assunta in sede di riesame.
In particolare, non poteva invocarsi l’ “ottimo contegno” da parte
dell’indagato, considerata la sua condizione di persona ristretta in carcere, né la
incensuratezza, precedentemente valutata come dato non decisivo ai fini dei

pericula libertatis.
patologie di cui il Greco soffriva, si rimarcava che in relazione a precedente
iniziativa difensiva era stata disposta una perizia il cui esito era nel senso della
esclusione di una incompatibilità delle condizioni di salute del Greco con il regime
carcerario.

2. Ricorre per cassazione il Greco, con atto personalmente sottoscritto,
deducendo con un unico motivo l’assoluta mancanza di considerazione, prima dal
G.i.p. e poi dal Tribunale, dell’argomento posto a fondamento della domanda,
con cui si sottolineava che la richiesta di applicazione degli arresti domiciliari in
Bronte, luogo del tutto diverso da quello ove egli era stato tratto in arresto
(Palermo) e da quello di residenza (Gravina di Catania), di per sé comportava un
suo allontanamento dall’ambiente criminale.

3. Osserva la Corte che il ricorso è inammissibile, perché sottopone alla
valutazione della Corte di legittimità un aspetto rientrante esclusivamente
nell’ambito del concreto apprezzamento dei presupposti di fatto inerenti al grado
delle esigenze cautelari e alle misure idonee a fronteggiarle, di esclusiva
pertinenza del giudice di merito.
Il Tribunale ha esaurientemente esposto le ragioni per le quali le esigenze
cautelari, tali da imporre il mantenimento della misura carceraria, non potevano
considerarsi affievolite, e a fronte di tale convincimento appare palesemente
irrilevante la deduzione del ricorrente secondo cui il luogo in cui egli chiedeva di
esssere posto agli arresti domiciliari fosse lontano da quello di residenza.

4. Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle
ammende che, in ragione, della causa di inammissibilità, si stima equo
determinare in euro mille.
La Cancelleria provvederà a norma dell’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod.
proc. pen.

Quanto alla notazione incidentale contenuta nell’atto di appello circa gravi

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro mille in favore della cassa delle
ammende.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma I-

ter, disp. att. cod. proc. pen.

Così deciso il 21/02/2013.

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