Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 25135 del 11/03/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 25135 Anno 2015
Presidente: FOTI GIACOMO
Relatore: BIANCHI LUISA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
FERI GIDON N. IL 08/11/1959
avverso la sentenza n. 3136/2014 TRIBUNALE di MILANO, del
18/03/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUISA BIANCHI;

Data Udienza: 11/03/2015

20196/2014
Motivi della decisione

Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza e genericità dei motivi. Come
questa Corte ha ripetutamente affermato (cfr. ex plurimís Cass. S.U. 27 settembre
1995, Serafino), l’obbligo della motivazione della sentenza di applicazione concordata
della pena va conformato alla particolare natura della medesima e deve ritenersi
adempiuto qualora il giudice dia atto, ancorché succintamente, di aver proceduto alla
delibazione degli elementi positivi richiesti (la sussistenza dell’accordo delle parti, la
corretta qualificazione giuridica del fatto, l’applicazione di eventuali circostanze ed il
giudizio di bilanciamento, la congruità della pena, la concedibilità della sospensione
condizionale della pena ove la efficacia della richiesta sia ad essa subordinata) e di
quelli negativi (che non debba essere pronunciata sentenza di proscioglimento a
norma dell’articolo 129 c.p.p.). In particolare, il giudizio negativo in ordine alla
ricorrenza di una delle ipotesi di cui all’articolo 129 c.p.p. deve essere accompagnato
da una specifica motivazione soltanto nel caso in cui dagli atti o dalle deduzioni delle
parti emergano concreti elementi circa la possibile applicazione di cause di non
punibilità, dovendo, invece, ritenersi sufficiente, in caso contrario, una motivazione
consistente nell’enunciazione, anche implicita, che è stata compiuta la verifica
richiesta dalla legge e che non ricorrono le condizioni per una pronuncia di
proscioglimento ai sensi della disposizione citata. Nel procedimento speciale di
applicazione della pena su richiesta delle parti, il giudice decide, invero, sulla base
degli atti assunti ed è tenuto, pertanto, a valutare se sussistano le anzidette cause di
proscioglimento soltanto se le stesse preesistano alla richiesta e siano desumibili dagli
atti medesimi. Non è consentito, dunque, all’imputato, dopo l’intervenuto e ratificato
accordo, proporre questioni in ordine alla mancata applicazione dell’articolo 129
c.p.p., senza precisare per quali specifiche ragioni detta disposizione avrebbe dovuto
essere applicata nel momento del giudizio.
Quanto alle
censure sulla
determinazione della pena, le stesse
risultano
inammissibili atteso che il giudice ha recepito l’accordo delle parti ed applicato la pena
esattamente dalle medesime proposta, la cui entità non può dunque essere rimessa in
discussione.
Alla declaratoria di inammissibilità consegue l’onere delle spese del procedimento
nonché del versamento di una somma in favore delle cassa delle ammende che, in
considerazione dei motivi dedotti, stimasi equo fissare, anche dopo la sentenza della
Corte costituzionale n.186 del 2000, in euro 1.500,00.
p.q.m.
– dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
del procedimento nonché al versamento di 1.500,00 euro in favore della cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma 1’11.

Q:fl

TA

Avverso la sentenza indicata in epigrafe, di applicazione della pena su richiesta delle
parti per furto aggravato, ha proposto ricorso per cassazione l’imputato Feri Gidon
deducendo la violazione dell’art. 129 cpp e la mancata applicazione dell’attenaunte di
cui all’art. 62 n.4 cp..

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