Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 25101 del 11/03/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 25101 Anno 2015
Presidente: FOTI GIACOMO
Relatore: BIANCHI LUISA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
ESPOSITO TOMMASO N. IL 11/09/1953
ESPOSITO EMANUELE N. IL 16/11/1982
TETI SALVATORE N. IL 10/11/1967
CATALANO ARMANDO N. IL 19/01/1964
avverso la sentenza n. 11331/2009 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
08/07/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUISA BIANCHI;

Data Udienza: 11/03/2015

6701/2014
Motivi della decisione

Esposito Emanuele, Teti Salvatore e Catalano Armando lamentano il difetto di
motivazione sia con riferimento alla sussistenza della responsabilità sia per quanto
riguarda la determinazione della pena. Esposito Tommaso si duole in particolare della
mancata concessione delle attenuanti generiche, decisione priva di adeguata
motivazione e in contrasto con la avvenuta riduzione della pena.
Tutti i ricorsi sono inammissibili.
Secondo il combinato disposto degli artt. 591, co. 1 lett. c) e 581, co.1, lett. c),
l’impugnazione deve infatti contenere, a pena di inammissibilità, l’indicazione
specifica delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggono la richiesta.
La sanzione trova la sua ragion d’essere nella necessità di porre il giudice della
impugnazione in grado di individuare i capi e i punti del provvedimento che si
intendono censurare e presuppone che le censure stesse siano formulate con
riferimento specifico alla situazione oggetto di giudizio e non già con formulazioni
che, per la loro genericità, si attagliano a qualsiasi situazione. La sanzione di
inammissibilità trova applicazione anche quando il ricorrente nel formulare le proprie
doglianze nei confronti della decisione impugnata trascura di prendere nella dovuta
considerazione le valutazioni operate dal giudice di merito e sottopone alla Corte
censure che prescindono da quanto tale giudice ha già argomentato.
Nel caso in esame i primi tre ricorrenti si sono limitati a indicare, del tutto
astrattamente, il preteso vizio da cui sarebbe affetta la sentenza impugnata senza yt
effettuare alcuno specifico riferimento alla motivazione del provvedimento
impugnato e tralasciando di considerare che in appello vi era stata rinuncia ai motivi
sulla responsabilità.
Quanto a Esposito Tommaso, la decisione impugnata risulta sorretta da conferente
apparato argomentativo, che soddisfa appieno l’obbligo motivazionale, anche per quanto
concerne la negazione delle attenuanti generiche.
E’ appena il caso di considerare che in tema di valutazione dei vari elementi per la
concessione delle attenuanti generiche, ovvero in ordine al giudizio di comparazione e per
quanto riguarda la dosimetria della pena ed i limiti del sindacato di legittimità su detti punti,
la giurisprudenza di questa Suprema Corte non solo ammette la c.d. motivazione implicita
(Cass. sez. VI 22 settembre 2003 n. 36382 n. 227142) o con formule sintetiche (tipo “si
ritiene congrua” vedi Cass. sez. VI 4 agosto 1998 n. 9120 Rv. 211583), ma afferma anche
che le statuizioni relative al giudizio di comparazione tra circostanze aggravanti ed
attenuanti, effettuato in riferimento ai criteri di cui all’art. 133 cod. pen., sono censurabili in
cassazione solo quando siano frutto di mero arbitrio o ragionamento illogico (Cass. sez. III
16 giugno 2004 n. 26908, Rv. 229298). Si tratta di evenienza che certamente non sussiste
nel caso di specie. La Corte , infatti, ha considerato che l’imputato non era meritevole del
riconoscimento delle attenuanti generiche, in considerazione della negativa personalità del
medesimo prevenuto, lumeggiata dalla funzione di coordinamento dallo stesso svolta e
nell’induzione al reato di un minore. Non contrasta la riduzione della pena motivata sulla
ristretta dimensione dell’attività di spaccio.

Esposito Tommaso, Esposito Emanuele, Teti Salvatore e Catalano Armando ricorrono
avverso la sentenza indicata in epigrafe che, riformando in mellus quella di primo
grado con riferimento al trattamento sanzionatorio, ne ha confermato la
responsabilità per il reato di cui all’art. 73 e 80 dPR 309/90, in concorso.

Segue, a norma dell’articolo 616 c.p.p., la condanna dei ricorrentoi al pagamento
delle spese del procedimento ed al pagamento a favore della cassa delle ammende,
non emergendo ragioni di esonero, della somma di euro 1000,00 (mille/00) ciascuno
a titolo di sanzione pecuniaria.
p.q.m.
dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del
procedimento ed al pagamento a favore della cassa delle ammende della somma di
euro 1000,00 (mille/00) ciascuno.

Così deciso in Roma 1’11.3.2015.

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