Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 25097 del 25/02/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 25097 Anno 2015
Presidente: FOTI GIACOMO
Relatore: FOTI GIACOMO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
BERLINGIERI SILVANA N. IL 25/07/1972
ABBRUZZESE ROSINA N. IL 25/06/1986
avverso la sentenza n. 405/2014 TRIBUNALE di CATANZARO, del
16/06/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIACOMO FOTI;

Data Udienza: 25/02/2015

Ritenuto in fatto.
Con sentenza del 16 giugno 2014, il Tribunale di Catanzaro ha applicato a Berlingieri
Silvana e ad Abbruzzese Rosina, ex art. 444 c.p.p., le pene rispettivamente concordate per il
reato di concorso in furto pluriaggravato.
Propongono ricorso per cassazione le imputate, con atti separati e tuttavia di identico
contenuto, e denunciano il vizio di motivazione della sentenza impugnata per l’omessa
valutazione, da parte del giudicante, della sussistenza di elementi sulla base di quali avrebbe
potuto esser pronunciata sentenza di proscioglimento ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen.

-1- I ricorsi devono essere dichiarati inammissibili, non solo perché sostanzialmente diretti
a rimettere in discussione i termini degli accordi finalizzati all’applicazione della pena
oggetto di patteggiamento (ciò che, come ripetutamente ha affermato questa Corte, non è
consentito a nessuna delle parti, salvo i casi di palese violazione di legge), ma anche per la
loro manifesta infondatezza.
Invero, contrariamente a quanto sostengono le ricorrenti, il giudice, nell’applicare la pena
concordata, ha preso e dato atto del fatto che dagli atti acquisiti, in particolare dai verbali di
arresto, perquisizione e sequestro, non emergevano elementi che potessero giustificare una
pronuncia di proscioglimento.
Le stesst ricorrenti, d’altra parte, non considerano, nel formulare le loro censure, che al
giudice, nell’ipotesi di pena concordata tra le parti, non spettano particolari obblighi
motivazionali o di approfondimento dei fatti contestati, sostanzialmente ammessi
dall’imputato che ha chiesto di patteggiare la pena, bensì solo di accertare, oltre che la
corretta qualificazione degli stessi e la congruità della pena concordata, l’eventuale presenza
di cause di non punibilità che impongano l’immediata relativa declaratoria, ex art. 129 c.p.p.
Compito al quale ha, come già osservato, regolarmente atteso quel giudice.
I ricorsi, peraltro, si presentano del tutto generici, laddove le imputate non indicano quali
sarebbero gli elementi che avrebbero dovuto indurre al giudice di emettere una sentenza ad
esse favorevole.
Alla declaratoria d’inammissibilità dei ricorsi consegue, per legge, la condanna delle ricorrenti al pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in favore della cassa delle
ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo determinare in curo 1.500,00
ciascuna.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna le ricorrenti al pagamento delle spese
processuali e ciascuna al versamento della somma di millecinquecento euro alla cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, il 25 febbraio 2015.

Considerato in diritto.

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