Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 25089 del 11/02/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 25089 Anno 2015
Presidente: FOTI GIACOMO
Relatore: FOTI GIACOMO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
MAGURNO LUIGI N. IL 13/02/1972
avverso la sentenza n. 1976/2011 CORTE APPELLO di MILANO, del
12/02/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIACOMO FOTI;

Data Udienza: 11/02/2015

Magurno Luigi ricorre per cassazione avverso la sentenza della Corte d’Appello di Milano,
del 12 febbraio 2014, che ha confermato la sentenza del Tribunale di Pavia, del 15 febbraio
2011, che l’ha ritenuto colpevole dei delitti di furto aggravato di tre moduli di assegno tratti
dal conto corrente intestato a Compierchio Luciana, falsità in scrittura priva (per falsa
compilazione di uno dei titoli, recante la falsa sottoscrizione della Compierchio) e truffa ai
danni di Costa Miriam, destinataria di uno degli assegni, e, ritenuta la continuazione tra i
reati contestati, con generiche equivalenti all’aggravante, lo ha condannato alla pena di sette
mesi di reclusione e 400,00 euro di multa.
Deduce il ricorrente i vizi di violazione di legge e di motivazione della sentenza
impugnata, avendo la corte territoriale ribadito la responsabilità dell’imputato sulla scorta
delle sole dichiarazioni della Compierchio, benché le stesse si presentassero contraddittorie
ed inattendibili
Considerato in diritto.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza.
Il giudice del gravame, in realtà, dopo attento esame degli atti, ha chiarito, con motivazione
del tutto coerente sul piano logico, che la responsabilità dell’imputato non poteva esser
messa in dubbio alla luce, non solo delle precise dichiarazioni della Comperchio, che ha
denunciato il furto degli assegni non appena avvertita dalla banca del tentativo di messa
all’incasso di uno di essi e che ha chiarito che detti titoli erano stati asportati dalla sua
abitazione, alla quale il Magurno aveva libero accesso, ma anche delle stesse affermazioni di
costui.
Non ha omesso lo stesso giudice di esaminare le questioni sollevate dall’imputato circa le
presunte contraddizioni rilevate nelle dichiarazioni della persona offesa ed ha osservato, con
motivazione che non presenta aporie sul piano logico, che nessuna delle segnalate
contraddizioni poteva rinvenirsi in dette dichiarazioni e che qualche divergenza nel narrato
riguardava circostanze del tutto marginali, che non autorizzavano a sollevare dubbi in ordine
all’attendibilità della teste.
Giustamente, peraltro, i giudici del merito hanno sostenuto che erano le stesse affermazioni
dell’imputato a riscontrare le accuse della Comperchio, laddove lo stesso, non solo aveva
ammesso di avere usato gli assegni (sia pure giustificandosi sostenendo di avere avuto il
preventivo assenso della persona offesa), ma anche di avere consegnato uno dei titoli,
contenente la firma apocrifa della titolare del conto (“Coperchio”) a tale Bajro Arben, suo
coimputato in un procedimento per spaccio di droga. Mentre, quanto al presunto preventivo
assenso della persona offesa all’uso degli assegni, gli stessi giudici hanno giustamente
osservato che un tale assenso, se realmente fosse stato espresso, sarebbe stato accompagnato
dalla sottoscrizione dei titoli, viceversa assente. Su tale argomento, peraltro, il ricorrente
nulla ha osservato.
In definitiva, le censure del ricorrente, manifestamente infondate, si riducono, in concreto,
nel tentativo di proporre una rilettura degli elementi posti dalla corte territoriale a sostegno
della propria decisione, non consentita nella sede di legittimità.
Alla declaratoria d’inammissibilità del ricorso, consegue la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in favore della cassa delle
ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo determinare in euro 1.000,00.
P.Q.M.

Ritenuto in fatto.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e al versamento della somma di mille euro alla cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, l’ 11 febbraio 2015.

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