Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 25087 del 04/12/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 25087 Anno 2015
Presidente: DUBOLINO PIETRO
Relatore: DE BERARDINIS SILVANA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
CRESCENZO SALVATORE N. IL 28/02/1937
avverso la sentenza n. 271/2009 CORTE APPELLO di SALERNO, del
24/09/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SILVANA DE
BERARDINIS;

Data Udienza: 04/12/2014

CONSIDERATO IN DIRITTO:
– che il ricorso va dichiarato inammissibile, in quanto:
a)con riguardo al confermato giudizio di colpevolezza, le proposte doglianze, per un
verso, appaiono manifestamente prive di giuridico fondamento, nella parte in cui,
sostenendo che detto giudizio non avrebbe potuto basarsi sulle sole dichiarazioni
della persona offesa, essendo questa portatrice di interessi (senza peraltro indicare
alcuno specifico elemento che, in concreto, fosse da riguardare come indicativo, in
concreto, della loro inattendibilità), si pongono in contrasto con il noto e consolidato
principio giurisprudenziale (del tutto ignorato nell’atto di gravame), secondo cui le
dichiarazioni della persona offesa possono, anche da sole, purchè sottoposte ad
adeguato vaglio critico (condizione, questa, di cui neppure si lamenta, nel ricorso,
formalmente, la mancanza)„ costituire prova sufficiente ai fini dell’affermazione
della penale responsabilità dell’imputato (ved., per tutte, in tal senso: Cass. S.U. 19
luglio —24 ottobre 2012 n. 41461, Bellarte ed altri, RV 253214; Cass. V, 8 luglio
2014 — 14 gennaio 2015 n. 1666, Piraino ed altro, RV 261730); per altro verso
appaiono, le dette doglianze, del tutto assertive e generiche, non risultando in alcun
modo indicata, in particolare, quale sarebbe stata la prova decisiva di cui si lamenta la
mancata assunzione, e risolvendosi, per il resto, nel mero e gratuito assunto secondo
il quale, dall’istruttoria dibattimentale, sarebbero emersi non meglio indicati
“elementi favorevoli a discarico dell’imputato”, la cui valutazione avrebbe portare ad
una pronuncia assolutoria;
b) con riguardo alla mancata applicazione dei benefici, non si comprende quale
possa essere il fondamento della relativa doglianza, posto che la sospensione
condizionale della pena risulta concessa già all’esito del giudizio di primo grado e ad
essa è stata aggiunta, all’esito del giudizio d’appello, la non menzione;
c) con riguardo alla mancata declaratoria di prescrizione del reato vale osservare
che, trattandosi di fatto commesso il 29 maggio 2005 il termine di prescrizione
massima non poteva dirsi ancora decorso alla data di pronuncia della sentenza
d’appello (24 settembre 2013), dovendosi aggiungere al detto termine, individuabile
in quello di anni sette e mesi sei, il periodo di complessivi anni uno, mesi due e gg.

RILEVATO IN FATTO:
– che con l’impugnata sentenza la corte d’appello di Salerno, nel confermare la
condanna di CRESCENZO Salvatore alla pena, condizionalmente sospesa, di mesi
uno di reclusione per i reati, uniti per continuazione ldi 4( ingiurie e minacce gravi in
danno di Annunziata Lucio, dispose la concessione, all’imputato, dell’ulteriore
beneficio della non menzione;
– che avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione la difesa
dell’imputato, lamentando:
1) violazione di legge, vizio di motivazione e mancata assunzione di prova decisiva
in ordine al confermato giudizio di colpevolezza;
2) mancata applicazione dei benefici;
3) mancata declaratoria di prescrizione dei reati;
4) mancata applicazione dell’indulto di cui alla legge n. 241/2006;

P. Q. M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese del procedimento nonché al versamento della somma di euro mille alla cassa
delle ammende.
Così deciso in Roma, il 4 dicembre 2014.

19, corrispondente al totale delle sospensioni intervenute nel corso del giudizio di
merito, per cui esso era venuto a scadenza solo il 7 febbraio 2014; il che, però,non
può comportare la declaratoria di estinzione dei reati in questa sede, ostandovi,
secondo l’ormai da tempo noto e consolidato orientamento di questa Corte, proprio la
ritenuta inammissibilità del ricorso (ved., in tal senso, per tutte, Cass. S.U. 22
novembre -21 dicembre 2000 n. 32, De Luca, RV 217266);
d) con riguardo alla mancata applicazione dell’indulto, non risultando
dall’impugnata sentenza che essa sia stata dovuta ad esplicita esclusione, da parte
del giudice d’appello, della possibilità, per l’imputato, di fruire di tale beneficio, la
relativa doglianza va ritenuta inammissibile per difetto d’interesse, posto che il
medesimo beneficio potrà eventualmente essere chiesto ed applicato in sede esecutiva
(ved., in tal senso, Cass. II, 1 ottobre 2013 — 10 gennaio 2014 n. 710, Forin, RV
258073, e altre precedenti);
– che la ritenuta inammissibilità del ricorso comporta le conseguenze di cui all’art.
616 c.p.p., ivi compresa, in assenza di elementi che valgano ad escludere ogni profilo
di colpa, anche l’applicazione della prescritta sanzione pecuniaria, il cui importo
stimasi equo fissare in euro mille;

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