Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 25085 del 04/12/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 25085 Anno 2015
Presidente: DUBOLINO PIETRO
Relatore: DE BERARDINIS SILVANA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
NENNA PASQUALE N. IL 16/09/1954
avverso la sentenza n. 1031/2010 CORTE APPELLO di SALERNO, del
15/10/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SILVANA DE
BERARDINIS;

Data Udienza: 04/12/2014

CONSIDERATO IN DIRITTO:
– che il ricorso va dichiarato inammissibile, in quanto le doglianze in esso contenute
si fondano non sulla prospettazione di quella che avrebbe potuto essere una pura e
semplice dimenticanza, da parte del ricorrente, del fatto storico costituito dalla
pregressa condanna (nel qual caso si sarebbe potuto forse validamente sostenere
l’assenza dell’elemento psicologico del reato “de quo” , costituito, trattandosi di
delitto, soltanto dal dolo), ma piuttosto sulla prospettazione di quello che sarebbe
stato un vero e proprio errore di diritto nel quale sarebbe caduto l’imputato, nel
ritenere che l’avvenuto pagamento della multa irrogatagli a suo tempo con il decreto
penale avesse avuto l’effetto di estinguere il reato per il quale quella pena era stata
inflitta; errore, quello anzidetto, da riguardarsi come del tutto inidoneo ad escludere
la sussistenza del dolo, sia in linea di diritto, siccome incidente su norma da
considerarsi integratrice del precetto penale, senza che ricorra alcuna della condizioni
previste dalla sentenza della Corte costituzionale n. 364/1988, dichiarativa della
parziale illegittimità costituzionale dell’art. 5 c.p.; sia in linea di fatto, posto che
proprio a seguito della precedente condanna (secondo la non contestata affermazione
che si legge nell’impugnata sentenza), l’imputato era stato cancellato dal registro
delle imprese, di tal che è ben difficile pensare che egli non fosse pienamente
consapevole del carattere ostativo di quel precedente, nonostante l’avvenuto
pagamento della multa, al mantenimento e, conseguentemente, anche alla
rinnovazione dell’iscrizione;
– che la ritenuta inammissibilità del ricorso comporta le conseguenze di cui all’art.
616 c.p.p., ivi compresa, in assenza di elementi che valgano ad escludere ogni profilo
di colpa, anche l’applicazione della prescritta sanzione pecuniaria, il cui importo
stimasi equo fissare in euro mille;
P. Q. M.

RILEVATO IN FATTO:
– che con l’impugnata sentenza, in conferma di quella di primo grado, NENNA
Pasquale fu ritenuto responsabile del reato di cui all’art. 483 c.p. per avere, secondo
l’accusa, nel presentare denuncia di iscrizione al registro delle imprese tenuto dalla
Camera di commercio, falsamente attestato, con dichiarazione sostitutiva di
certificazione, di possedere i requisiti di onorabilità previsti dall’art. 7 del D.M. 30
giugno 2003 n. 22, nonostante la presenza, a suo carico, di una precedente condanna
per omesso versamento di ritenute previdenziali ed assistenziali;
– che avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione la difesa
dell’imputato, denunciando violazione di legge e vizio di motivazione sull’assunto, in
sintesi e nell’essenziale, che indebitamente ed ingiustificatamente sarebbe stata
ritenuta la sussistenza dell’elemento psicologico del reato “de quo”, nonostante fosse
stato dedotto e dimostrato che la precedente pronuncia di condanna era costituita da
un decreto penale con il quale era stata inflitta al ricorrente la sola pena della multa,
pagata la quale egli ben a ragione, non essendo un tecnico del diritto, poteva aver
ritenuto di non aver subito, come da lui dichiarato, alcuna condanna penale;

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese del procedimento nonché al versamento della somma di euro mille alla cassa
delle ammende.
Così deciso in Roma, il 4 dicembre 2014.

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