Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 25074 del 04/12/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 25074 Anno 2015
Presidente: DUBOLINO PIETRO
Relatore: DE BERARDINIS SILVANA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
BOVA ALESSANDRO N. IL 17/04/1978
BOVA ANTONINO N. IL 01/04/1988
avverso la sentenza n. 19/2012 CORTE APPELLO di PALERMO, del
18/12/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SILVANA DE
BERARDINIS;

Data Udienza: 04/12/2014

CONSIDERATO IN DIRITTO:
– che i ricorsi vanno dichiarati inammissibili, in quanto:
a) con riguardo al confermato giudizio di colpevolezza, le proposte doglianze, per
un verso, non contestano che, come posto in luce nell’impugnata sentenza, i
Carabinieri intervenuti sul posto, avevano riferito di essere stati in grado di
“individuare prontamente”, distinguendoli dagli altri soggetti che ivi si erano
assembrati, “coloro che si aggredivano reciprocamente”, tra i quali figuravano i due
attuali ricorrenti; per altro verso, non prospettano alcuna specifica ragione per la
quale quanto riferito, in base alla loro diretta percezione, dai Carabinieri dovesse
essere ritenuto non pienamente attendibile, essendosi la difesa limitata ad esporre
dubbi del tutto generici e gratuiti circa la effettiva possibilità che i militari avrebbero
potuto avere di distinguere i corrissanti dagli altri soggetti presenti sul posto, senza
neppure prendere in considerazione, poi, l’ulteriore, non trascurabile, circostanza
valorizzata dalla corte territoriale, costituita dal fatto che, come sempre riferito dai
Carabinieri, anche dopo il loro intervento, i quattro soggetti individuati come
corrissanti “continuavano a minacciarsi cercando continuamente il contatto fisico”;
b) con riguardo al confermato diniego delle attenuanti generiche ed alla mancata
riduzione delle pene ai minimi edittali, le proposte doglianze, nel lamentare la
mancata considerazione di elementi quali la pretesa “lieve entità del fatto” e la
parimenti pretesa “scarsa intensità del dolo” nonché, con particolare riferimento al
Bova Antonino, la giovane età e l’incensuratezza del soggetto, altro non esprimono se
non valutazioni puramente soggettive e di merito, del tutto inidonee, come tali, a
rendere, in questa sede, suscettibile di censura la decisione adottata, sul punto in
questione, dalla corte di merito, la quale, dal canto suo, ha fornito, al proposito,
adeguata motivazione, ponendo in luce, in particolare, il non trascurabile elemento
negativo (del tutto ignorato nei ricorsi) costituito dalla ritenuta assenza di
qualsivoglia “manifestazione di volontà di ravvedimento o di resipiscenza”; il che,
unitamente alla presenza, a carico del Bova Alessandro, di quelli che vengono
indicati come “numerosi e gravi precedenti penali per plurimi reati”, ben poteva
giustificare tanto la mancata concessione delle attenuanti generiche (le quali, peraltro,
come questa Corte ha più volte chiarito, non possono mai essere considerate come un

RILEVATO IN FATTO:
– che con l’impugnata sentenza, per quanto ancora d’interesse, fu confermata la
condanna di BOVA Alessandro e BOVA Antonino alla pena, rispettivamente, di
mesi quattro di reclusione, il primo, e di mesi due di reclusione, il secondo, in quanto
ritenuti responsabili del reato di rissa aggravata, commesso in concorso tra loro e con
Megna Emanuel e Megna Nicolò (quest’ultimo separatamente giudicato);
– che avverso detta sentenza ha proposto distinti ricorsi per cassazione la comune
difesa degl’imputati, denunciando, per entrambi, vizio di motivazione e violazione di
legge in ordine al confermato giudizio di colpevolezza e, in subordine, al mancato
riconoscimento delle attenuanti generiche ed al mancato contenimento della pena nel
minimo edittale, nonché, per il solo Bova Alessandro, errata applicazione della
recidiva nel computo della pena;

P. Q. M.
La Corte dichiara inammissibili i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento
delle spese del procedimento nonché al versamento della somma di euro mille alla
cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 4 dicembre 2014.

diritto dell’imputato, rispetto al quale, per negarlo, sia necessaria l’individuazione di
elementi specificamente ostativi), quanto la mancata riduzione delle pene ai minimi
edittali; ed è, a quest’ultimo proposito, da osservare, inoltre, che detta mancata
riduzione riguarda soltanto il Bova Alessandro, al quale è stata inflitta la pena di
mesi quattro di reclusione (assai prossima anche’essa, comunque, al minimo) e non il
Bova Antonino, nei confronti del quale la pena è stata determinata in mesi due di
reclusione, partendosi appunto dal minimo edittale di mesi tre ed apportandovi la
riduzione di un terzo ai sensi dell’art. 442 c.p.p.;
c) con riguardo alla pretesa erroneità dell’applicazione della recidiva nei confronti di
BOVA Alessandro, a parte che trattasi di doglianza che, stando alla non contestata
sintesi dei motivi d’appello che si legge nell’impugnata sentenza, non era stata
prospettata nei suddetti motivi (il che la renderebbe, in questa sede, già per questo
inammissibile), vale osservare che, comunque, la mancata esclusione della recidiva
(della quale, in sostanza, ci si lamenta), appare più che giustificata, avuto riguardo
agli elementi posti in luce nell’impugnata sentenza (ma del tutto ignorati nel ricorso),
costituiti, oltre che dal numero e dalla gravità dei precedenti a carico dell’imputato
(furto tentato e consumato, violazione della legge sugli stupefacenti, rapina, lesioni
personali ed altro), anche dal fatto che lo stesso imputato risultava sottoposto alla
misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza; elementi,
questi, più che idonei a dimostrare la particolare pericolosità del soggetto;
– che la ritenuta inammissibilità dei ricorsi comporta le conseguenze di cui all’art.
616 c.p.p., ivi compresa, in assenza di elementi che valgano ad escludere ogni profilo
di colpa, anche l’applicazione della prescritta sanzione pecuniaria, il cui importo
stimasi equo fissare in euro mille per ciascun ricorrente;

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