Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 25073 del 04/12/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 25073 Anno 2015
Presidente: DUBOLINO PIETRO
Relatore: DE BERARDINIS SILVANA

Dott.
Dott.
Dott.
Dott.

SILVANA DE BERARDINIS
PIERO SAVANI
STEFANO PALLA
GERARDO SABEONE

– Rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente
ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
CALDARARO REMO N. IL 25/04/1965
DEL MATTO GIANCARLO N. IL 11/02/1966
avverso la sentenza n. 473/2011 CORTE APPELLO di
CAMPOBASSO, del 17/10/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SILVANA DE
BERARDINIS;

REGISTRO GENERALE

– Consigliere – N. 12645/2014
– Consigliere – Consigliere –

Data Udienza: 04/12/2014

CONSIDERATO IN DIRITTO:
– che il ricorso proposto dal Caldararo va dichiarato inammissibile, in quanto:
a) con riguardo al primo motivo, ppare sufficiente richiamare il noto e consolidato
orientamento giurisprudenziale (del tutto ignorato nell’atto di gravame), secondo il
quale l’omessa osservanza del disposto di cui all’art. 584 c.p.p. non costituisce causa
di nullità ma comporta soltanto la non decorrenza del termine per la proposizione
dell’impugnazione incidentale, ove consentita (in tal senso, per tutte, Cass. V, 25
novembre 2008 —9 febbraio 2009 n. 5525, De Angelis, RV 243157);
b) con riguardo al secondo motivo, le proposte doglianze, nel riproporre la tesi della
legittima difesa a fronte di quella che sarebbe stata l’aggressione ad opera del Del
Matto, non si confrontano adeguatamente con l’analitica e approfondita motivazione
offerta, sul punto in questione, dalla corte territoriale, la quale ha posto in luce, tra
l’altro, che non solo non era stato possibile accertare quale dei due imputati avesse
per primo alzato le mani nei confronti dell’altro (il che già sarebbe stato sufficiente
ad escludere che potesse dirsi provata la sussistenza della scriminante in questione),
ma, inoltre, non poteva neppure dirsi che il Caldararo, stando alla stessa versione dei
fatti da lui fornita, stesse reagendo, nel colpire il Del Matto, ad una condotta di
quest’ultimo che desse luogo, per lui, al pericolo attuale di un danno alla sua
incolumità personale giacchè, in realtà, detta condotta era consistita soltanto
nell’afferrarlo da tergo per la camicia, mentre egli, dopo essere stato colpito con uno
schiaffo (senza, a suo dire, aver reagito), si stava allontanando;
– che parimenti va dichiarato inammissibile il ricorso del Del Matto, in quanto:

RILEVATO IN FATTO:
– che con l’impugnata sentenza, in conferma, per quanto qui interessa, di quella di
primo grado, CALDARARO Remo e DEL MATTO Giancarlo furono ritenuti
responsabili ciascuno del reato di lesioni personali volontarie commesso in danno
dell’altro;
– che avverso detta sentenza hanno proposto ricorso per cassazione, con atti a
propria firma, entrambi gl’imputati, denunciando:
CALDARARO:
1) nullità per violazione dell’art. 584 c.p.p., non essendosi provveduto alla prescritta
notifica dell’appello a suo tempo proposto dal Del Matto, quale parte civile, avverso
la sentenza di primo grado, nella parte in cui non aveva direttamente liquidato in
favore dello stesso Del Matto la somma dovuta a titolo di risarcimento del danno
morale;
2) inosservanza o erronea applicazione dell’art. 52 c.p., per mancato riconoscimento
della invocata scriminante della legittima difesa;doglianza, questa, poi ripresa in una
successiva, breve memoria;
DEL MATTO:
1) violazione dell’art. 210, comma 3, c.p.p., con riguardo alle dichiarazioni rese da
Albana Maria, già coimputata per reati connessi;
2) vizio di motivazione in ordine alla ritenuta attendibilità delle suddette
dichiarazioni;

P. Q. M.
La Corte dichiara inammissibili i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento
delle spese del procedimento nonché al versamento della somma di euro mille alla
cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 4 dicembre 2014.

a) con riguardo al primo motivo, lo stesso, oltre a presentare carattere di novità
rispetto a quello che (stando alla non contestata sintesi che si legge nella sentenza
impugnata), era stato il contenuto dell’atto di appello, non chiarisce neppure in che
cosa sarebbe consistita la denunciata violazione dell’art. 210, comma 3, c.p.p., dando
atto, peraltro, che il tribunale aveva regolarmente “proceduto agli avvertimenti di cui
all’art. 64, comma 3, lett. c), c.p.p.”;
b) con riguardo al secondo motivo, le proposte doglianze, oltre a risultare del tutto
assertive e generiche, appaiono anche prive di qualsivoglia, potenziale rilievo, atteso
che dalla lettura dell’impugnata sentenza non risulta affatto che la decisione adottata
nei confronti del Del Matto sia stata basata sulle dichiarazioni della Albala, cui si fa
solo un fugace accenno per ricordare come la donna avesse riferito di alcune
espressioni offensive che, all’atto del suo intervento, erano state scambiate tra lei ed il
Del Matto;
– che la ritenuta inammissibilità dei ricorsi comporta le conseguenze di cui all’art.
616 c.p.p., ivi compresa, in assenza di elementi che valgano ad escludere ogni profilo
di colpa, anche l’applicazione della prescritta sanzione pecuniaria, il cui importo
stimasi equo fissare in euro mille per ciascun ricorrente;

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