Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 25071 del 04/12/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 25071 Anno 2015
Presidente: DUBOLINO PIETRO
Relatore: DE BERARDINIS SILVANA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
CARCIONE GIOVANNI N. IL 10/05/1989
avverso la sentenza n. 2473/2013 CORTE APPELLO di PALERMO,
del 16/12/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SILVANA DE
BERARDINIS;

Data Udienza: 04/12/2014

RILEVATO IN FATTO:
– che con l’impugnata sentenza la corte d’appello di Palermo, nel confermare il
giudizio di penale responsabilità di CARCIONE Giovanni in ordine ai reati, uniti per
continuazione, di furto aggravato di un apparecchio autoradio ed altro, resistenza e
lesioni a pubblico ufficiale, ridusse tuttavia la pena da anni due di reclusione ed euro
200 di multa ad anni uno e mesi quattro di reclusione ed euro 180 di multa;
– che avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione la difesa
dell’imputato, lamentando come erronea ed ingiustificata la mancata riqualificazione
del furto come furto tentato e non consumato, nonché la confermata condanna per i
reati di resistenza a pubblico ufficiale e lesioni e, ancora, la mancata concessione — si
afferma — delle attenuanti generiche e di quella di cui all’art. 62 n. 4 c.p.;
CONSIDERATO IN DIRITTO:
– che il ricorso va dichiarato inammissibile, in quanto:
a) con riguardo alla mancata riqualificazione del furto come tentativo, la proposta
doglianza, nel far leva, essenzialmente, sull’assunto che nei verbali di arresto e di
sequestro in atti non si troverebbe conferma di quanto asserito nell’impugnata
sentenza, secondo cui l’imputato era stato “sorpreso mentre aveva in mano uno stereo
che aveva estratto dalla vettura”, non tiene in alcun conto il fatto che dallo stesso
verbale di arresto (quale parzialmente riportato nel medesimo atto di gravame),
risulta che all’atto dell’intervento del verbalizzante l’imputato già era riuscito “ad
estrarre dalla plancia lo stereo della vettura <>” ; il che descrive una
situazione nella quale, quindi, l’impossessamento dell’oggetto poteva dirsi già
realizzato, nulla rilevando, poi, per converso, l’asserita, mancata indicazione, nel
verbale di sequestro, dello stereo in questione, ben potendo essa trovare spiegazione
nel fatto che lo stesso sia stato immediatamente restituito alla persona derubata, come
è, notoriamente, di prassi in casi del genere;
b) con riguardo al confermato giudizio di colpevolezza in ordine ai reati di
resistenza e lesioni a pubblico ufficiale, le proposte doglianze in altro non consistono
se non nella prospettazione della pretesa mancanza di dolo, ravvisabile per il solo
fatto che la condotta posta in essere dal prevenuto nei confronti del verbalizzante,
fuori servizio ed in abiti civili, altro non sarebbe stata se non una “reazione
scomposta alle lesioni subite” (derivate — come risulta pacifico — dal fatto che lo
stesso prevenuto, nel tentativo di sottrarsi all’arresto allontanandosi a bordo di un
ciclomotore, aveva perduto il controllo del mezzo andando quindi ad impattare contro
un muro); assunto, questo, che, quanto alla conoscenza, da parte dell’imputato, della
qualità di pubblico ufficiale che il verbalizzante rivestiva e della riconducibilità del
suo intervento all’esercizio delle sue funzioni, passa del tutto sotto silenzio quanto
puntualmente osservato nella sentenza di primo grado, ove si pone in luce come il
verbalizzante si fosse qualificato e come, per la sua qualità personale di appartenente
alla polizia di Stato, fosse da considerare permanentemente in servizio; quanto alla
pretesa mancanza di dolo, si appalesa, all’evidenza, come del tutto assertivo e
generico;

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c) con riguardo al confermato diniego dell’attenuante del danno di speciale tenuità,
la proposta doglianza si basa, in sostanza, soltanto sull’assunto — da ritenersi, per le
ragioni dianzi indicate, del tutto privo di fondamento — che il reato di furto, in
relazione al quale la suddetta attenuante era stata invocata, fosse da qualificare come
semplice tentativo; e, d’altra parte, anche se così fosse stato, ciò non sarebbe stato
comunque sufficiente a far ritenere applicabile l’art. 62 n. 4 c.p., alla luce del noto
orientamento giurisprudenziale secondo il quale, pur volendosi ammettere che
l’attenuante in questione possa essere riconosciuta anche in caso di reato tentato (il
che è negato da altro orientamento), ciò richiederebbe la prova che qualora il reato
fosse stato consumato, il danno prodotto sarebbe stato comunque di speciale tenuità;
il che, nella specie, posto che oggetto dell’azione criminosa era un apparecchio
autoradio funzionante, era comunque, all’evidenza, da escludere;
d) con riguardo a quello che viene dedotto come “diniego delle attenuanti
generiche”, la doglianza appare manifestamnente infondata, dal momento che, in
realtà, le attenuanti generiche risultano essere state riconosciute, sia pure con giudizio
di sola equivalenza rispetto alle contestate aggravanti ed alla recidiva qualificata, fin
dal giudizio di primo grado;
– che la ritenuta inammissibilità del ricorso comporta le conseguenze di cui all’art.
616 c.p.p., ivi compresa, in assenza di elementi che valgano ad escludere ogni profilo
di colpa, anche l’applicazione della prescritta sanzione pecuniaria, il cui importo
stimasi equo fissare in euro mille;
P. Q. M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese del procedimento nonché al versamento della somma di euro mille alla cassa
delle ammende.
Così deciso in Roma, il 4 dicembre 2014.

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