Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 25067 del 04/12/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 25067 Anno 2015
Presidente: DUBOLINO PIETRO
Relatore: DE BERARDINIS SILVANA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
PIAZZA PAOLO N. IL 12/03/1973
avverso la sentenza n. 1971/2013 CORTE APPELLO di PALERMO,
del 06/11/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SILVANA DE
BERARDINIS;

Data Udienza: 04/12/2014

CONSIDERATO IN DIRITTO:
– che il ricorso va dichiarato inammissibile, in quanto:
a) con riguardo al primo motivo, le proposte doglianze si caratterizzano per assoluta
ed evidente genericità, consistendo esse, in sostanza, nella pura e semplice
riproposizione di quelle già sottoposte all’attenzione del giudice d’appello, passando
pressoché totalmente sotto silenzio le pur ampie ed articolate risposte fornite dal
detto giudice, il quale ha, in particolare, posto in luce come, a prescindere dalla pur
riscontrata linearità della versione dei fatti fornita (nonostante la “povertà
dell’eloquio”), dalla persona offesa, detta versione avesse trovato conferma nelle
dichiarazioni dei testi Parrino Giovanna e Bonventre Salvatore (del tutto ignorate
nell’atto di ricorso), e come, in ogni caso, anche ad ammettere che le lesioni
oggettivamente riscontrate sul corpo della vittima fossero state dovute, in tutto o in
parte, alla sua caduta a seguito dello scavalcamento di un balcone o di una finestra
(peraltro posta a modestissima altezza rispetto al suolo), ciò non avrebbe comunque
escluso la responsabilità dell’imputato, a fronte della circostanza che lo
scavalcamento sarebbe stato da porre in relazione al fatto che esso imputato stava, in
quel frangente, inseguendo la vittima per colpirla con un bastone; di tal che ben si
comprende come, essendosi trovata la vittima nella necessità di sottrarsi a quella
minaccia nell’unico modo che le appariva possibile, e cioè tentando la fuga
attraverso il balcone (o finestra che fosse), delle lesioni che da tale suo forzato
tentativo fossero derivate l’imputato avrebbe comunque dovuto rispondere a titolo di
dolo, se non altro eventuale;
b) con riguardo al secondo motivo, lo stesso non si confronta adeguatamente con la
puntuale e specifica motivazione che, anche in ordine al confermato diniego delle
attenuanti generiche, è stata fornita dalla corte d’appello, la quale non si è limitata ad
un generico riferimento alla esistenza di precedenti a carico dell’imputato, ma ha

RILEVATO IN FATTO:
– che con l’impugnata sentenza, in conferma di quella di primo grado, PIAZZA
Paolo fu ritenuto responsabile dei reati di minacce gravi, lesioni e tentata violenza
privata in danno di Di Stefano Gaetano, nonché dell’ulteriore reato di cui all’art. 9,
comma 2, della legge n. 1423/1956, in relazione all’art. 5 della stessa legge.
– che avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione, con atto a propria
firma, l’imputato, denunciando vizio di motivazione:
1) in ordine al confermato giudizio di colpevolezza, sull’assunto,in sintesi e
nell’essenziale, che non si sarebbe potuto dar credito alla versione dei fatti offerta
dalla persona offesa, a cagione delle menomate condizioni psichiche di questa’ultima,
risultata affetta fa insufficienza mentale; versione, peraltro, neppure confermata dal
teste Parlino Benedetto, zio della persona offesa, secondo il quale quest’ultima si
sarebbe provocata la lesioni di cui all’imputazione lanciandosi dal un balcone,
rimanendo così escluso che le stesse le fossero state prodotte dall’imputato;
2) in ordine al confermato diniego delle attenuanti generiche, siccome basato
soltanto sulla esistenza, a carico del ricorrente, di precedenti penali, laddove sarebbe
stato necessario prendere in considerazione tutti gli elementi di cui all’art. 133 c.p.;

posto in luce come i fatti a lui addebitati, nelle loro specifiche connotazioni, fossero
di non trascurabile gravità e come, per giunta, fossero stati commessi mentre egli era
sottoposto a misura di prevenzione perché ritenuto soggetto socialmente pericoloso;
– che la ritenuta inammissibilità del ricorso comporta le conseguenze di cui all’art.
616 c.p.p., ivi compresa, in assenza di elementi che valgano ad escludere ogni profilo
di colpa, anche l’applicazione della prescritta sanzione pecuniaria, il cui importo
stimasi equo fissare in euro mille;

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese del procedimento nonché al versamento della somma di euro mille alla cassa
delle ammende.
Così deciso in Roma, il 4 dicembre 2014.

P. Q. M.

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