Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 25054 del 19/09/2014


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Penale Sent. Sez. 7 Num. 25054 Anno 2015
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: VITELLI CASELLA LUCA

Atuftettetrà

sul ricorso proposto da:
SOLLAMI MICHELE N. IL 18/02/1957
avverso la sentenza n. 343/2013 CORTE APPELLO di
CALTANISSETTA, del 24/09/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCA VITELLI
CASELLA;

Data Udienza: 19/09/2014

n.136 ricorrente SOLLAMI Michele

Motivi della decisione

L’imputato in epigrafe ricorre per cassazione,a mezzo del difensore,
avverso la sentenza 24 settembre 2013 resa dalla Corte d’appello di
CALTANISSETTA a conferma di quella di primo grado emessa dal Tribunale di

del delitto sub A previsto dagli artt.110 cod. pen., 73 comma 1 d.P.R. n.
309/1990, commesso in Caltanissetta il 16 giugno 2012, di coltivazione abusiva
di una piantagione di 450 piante di cannabis indica, condannandolo, esclusa la
recidiva contestata, alla pena di anni quattro,nnesi otto di reclusione ed euro
30.000,00 di multa ( pena base di anni 7 di reclusione ed euro 45.000,00 di
multa).
Deduce vizi motivazionali in punto alla sussistenza del reato contestato ed al
diniego della speciale attenuante del fatto lieve e delle attenuanti generiche e
quindi alla misura della pena irrogata.
Le dedotte censure sono infondate.
La Corte d’appello ha ineccepibilmente argomentato che
il ruolo rivestito dall’imputato in qualità di proprietario del fondo ove venivano
coltivate le piante di canapa indiana ed il contributo in tal modo apportato alla
realizzazione del delitto ( avendo egli peraltro partecipato attivamente
all’approvvigionamento dei semi ) conduceva logicamente all’esclusione della
valutazione della condotta in termini di “minima offensività”. Ed ha altresì
motivato esaustivamente in ordine alla sussistenza del reato atteso l’avvenuto
accertamento della piantagione di cannabis indica

su di un appezzamento di

terreno di circa 1.000,00 mq., di proprietà del ricorrente, dotato di apposito
sistema di irrigazione, costituito da una cisterna interrata e da un’elettropompa,
attivato sotto gli occhi della pattuglia di P.G., intervenuta sul posto.
Deve invece rilevarsi d’ufficio

ex art. 609, comma 2° codice di rito

la

sopravvenuta illegalità del trattamento sanzionatorio.
Giova rammentare che la Corte costituzionale,con sentenza n. 32 del 2014
(pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 11 del 5 marzo 2014 e quindi con effetti ex
art. 136 Cost., a far tempo dal giorno successivo ) ha dichiarato l’illegittimità
costituzionale degli artt. 4-bis e 4-vicies del decreto legge 30 dicembre 2005 n.
272, convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1 della legge 21 febbraio
2006 n. 46 con cui venne introdotta (per usare le stesse parole del Giudice delle
leggi ) ” una innovazione sistematica alla disciplina dei reati in materia di

stupefacenti sia sotto il profilo delle incriminazioni che sotto quello

Caltanissetta che, in esito a giudizio abbreviato, giudicò il predetto responsabile

sanzionatorio”, significativamente imperniato nella parificazione quoad poenam
dei delitti riguardanti le c.d. “droghe leggere” con quelli aventi ad oggetto le c.d.
“droghe pesanti”. Per l’effetto, acclarata l’illegittimità della valenza
modificativa/abrogativa della novella, si è automaticamente determinata la ”
reviviscenza ” delle disposizioni originarie dettate – sub art. 73 – dal d.P.R. 9
ottobre 1990 n. 309 – Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli
stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi

incriminatrici ed al relativo trattamento sanzionatorio. Come peraltro sottolineato
dalla stessa Corte costituzionale,si pone, in relazione ai processi pendenti nei
quali non sia intervenuta sentenza definitiva, la necessità, a mente del chiaro
disposto dell’art. 2, comma 4 0 cod.pen., dell’applicazione della disposizione più
favorevole al reo, attesochè ( com’è pacifico ) le disposizioni penali in vigore alla
data surrichiamata del commesso reato risultano diverse da quelle posteriori ed
attualmente applicabili, in particolare per quanto attiene alla previsione della
misura delle sanzioni penali. E’ pacifico che l’individuazione della disposizione più
favorevole al reo in tema di trattamento sanzionatorio applicabile nel caso
concreto va compiuta tra la normativa vigente all’epoca del fatto e quella
divenuta attualmente applicabile,per effetto dell’intervento “ripristinatorio ” di
quella originariamente introdotta – e mai legittimamente abrogata o modificata
dalla novella di cui alla legge n. 46 del 2006 -; ciò per effetto della pronunzia di
incostituzionalità che, ovviamente, non può venire in giuoco ex se , a norma
dell’art.2 comma 4 0 cod. pen. quale tertium comparationis, non trattandosi di
“nuova disposizione di legge “. Ne discende che attualmente il delitto commesso
dall’imputato in riferimento alle droghe c.d. leggere, risulta punito,ex art. 73,
comma 4° del citato d.P.R., con la pena della reclusione da due a sei anni e con
quella della multa, da 5.164 a 10.329 euro.
La rilevata illegalità della pena base,conne sopra richiamata, determinata, per
entrambi i generi, in misure superiori ai massimi edittali attualmente in vigore
impongono l’annullamento sul punto della sentenza impugnata con rinvio ad
altra sezione della Corte d’appello di Caltanissetta per la rideterminazione del
trattamento sanzionatorio, fermo il fatto che, a’ sensi dell’art. 624 cod. proc.
pen., il punto concernente l’affermazione della penale responsabilità del
prevenuto è divenuto irrevocabile, al pari delle altre statuizioni oggetto degli
infondati motivi di impugnazione.

PQM

2

x

stati di tossicodipendenza,con specifico riferimento alle specifiche fattispecie

Annulla la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio.
Rinvia sul punto alla Corte d’appello di Caltanissetta.Rigetta nel resto. Visto l’art.
624 cod. proc. pen., dichiara l’irrevocabilità della sentenza in ordine
all’affermazione di responsabilità per il reato ascritto.

Così deciso in Roma,lì 19 settembre 2014.

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