Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 25032 del 19/09/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 25032 Anno 2015
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: VITELLI CASELLA LUCA

Dott.
Dott.
Dott.
Dott.

LUISA BIANCHI
FAUSTO IZZO
LUCA VITELLI CASELLA
LUCIA ESPO SITO

– Consigliere –

REGISTRO GENERALE

– Consigliere – N. 28722/2013
– Rel. Consigliere – Consigliere –

ha pronunciato la seguente
ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
MUCCI ALESSANDRO N. IL 21/02/1983
DE BIASE MARIO N. IL 21/11/1988
avverso la sentenza n. 666/2013 TRIBUNALE di MILANO, del
29/04/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCA VITELLI
CASELLA;

Data Udienza: 19/09/2014

n.57 ricorrenti MUCCI Alessandro – DE BIASE Mario

Motivi della decisione

Gli imputati in epigrafe propongono

distinti ricorsi

per cassazione

(ancorchè di identico contenuto ) avverso la sentenza emessa il 29 aprile 2013
ex art. 444 cod. proc. pen.,dal Tribunale di Milano in quanto ritenuti responsabili

commesso in Milano

il 17 settembre 2009. Lamentano i ricorrenti vizi

motivazionali in punto al diniego di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen.
I gravami sono manifestamente infondati.
Giova rammentare che questa Corte ha ripetutamente affermato il principio
secondo cui l’obbligo della motivazione della sentenza di patteggiamento non
può non essere conformato alla particolare natura giuridica della stessa: lo
sviluppo delle linee argomentative è necessariamente correlato all’esistenza
dell’atto negoziale con cui l’imputato dispensa l’accusa dall’onere di provare i
fatti dedotti nell’imputazione. Ciò implica, tra l’altro, che il giudizio negativo circa
la ricorrenza di una delle ipotesi di cui al richiamato art. 129 cod.proc.pen. deve
essere accompagnato da una specifica motivazione solo nel caso in cui dagli atti
o dalle deduzioni delle parti emergano concreti elementi circa la possibile
applicazione di cause di non punibilità, dovendo invece ritenersi sufficiente, in
caso contrario, una motivazione consistente nella enunciazione, anche implicita,
che è stata compiuta la verifica richiesta dalla legge e che non ricorrono le
condizioni per la pronunzia di proscioglimento ex art. 129 (S. U. 27 marzo 1992,
Di Benedetto ; S. U. 27 dicembre 1995, Serafino). Né l’imputato può avere
interesse a lamentare una siffatta motivazione censurandola come insufficiente e
sollecitandone una più analitica, dal momento che la statuizione del giudice
coincide esattamente con la volontà pattizia del giudicabile.
Nel caso di specie il Giudice di prime cure ha fatto analitico riferimento agli atti
contenuti del fascicolo del P.M., ( ed in particolare al verbale di arresto ) dai
quali non emergeva alcun elemento a dimostrazione dell’innocenza degli
imputati.
Segue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrenti al
pagamento delle spese del procedimento e della somma di euro 1.500,00,
ciascuno, a titolo di sanzione pecuniaria a favore della cassa delle ammende
trattandosi di causa di inammissibilità riconducibile alla volontà, e quindi a
colpa, dei ricorrenti stessi (cfr. Corte Costituzionale sent. n. 186 del 7 — 13
giugno 2000).

i

//< del delitto di cui agli artt.110,56,99, comma 4°, 624, 625 nn. 4 e 5 cod. pen., PQM Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno al versamento quello della somma di euro 1.500,00 della cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 19 settembre 2014.

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