Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 25027 del 19/09/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 25027 Anno 2015
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: VITELLI CASELLA LUCA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
CAPODIECI ORONZO EMANUELE N. IL 27/02/1964
avverso la sentenza n. 2048/2013 CORTE APPELLO di LECCE, del
21/01/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCA VITELLI
CASELLA;

Data Udienza: 19/09/2014

n.31 ricorrente CAPODIECI Oronzo Emanuele
Motivi della decisione
Il ricorso, come in epigrafe proposto dal difensore

dell’imputato

condannato alla pena ritenuta di giustizia, con statuizione conforme in entrambi i
gradi del giudizio di merito, quale responsabile del delitto di furto di cui agli
artt.99, comma 4°,110, 624-bis, 625 n.2 cod. pen., commesso in Mesagne il 27

di legittimità e comunque manifestamente infondati.
Esso enuncia,sub

specie di insussistenti vizi di violazione di legge e vizi

motivazionali della sentenza impugnata emessa dalla Corte d’appello di Lecce,
censure concernenti la ricostruzione e la valutazione del fatto, nonché
l’apprezzamento del materiale probatorio: profili del giudizio rimessi alla
esclusiva competenza dei giudici di merito, che hanno fornito una concorde,
congrua ed adeguata motivazione, immune da censure logiche, perché basata su
corretti criteri di inferenza, espressi in un ragionamento fondato su condivisibili
massime di esperienza. In particolare la Corte d’appello ha opportunamente
evidenziato che la colpevolezza del ricorrente era logicamente ed
ineccepibilmente desumibile dal positivo riconoscimento compiuto dalla guardia
giurata Sergio Marrazza ( cui il prevenuto era già noto) postasi al suo
inseguimento subito dopo il fatto. Né inficia tale emergenza la mancata
percezione dei numerosi tatuaggi che coprivano varie parti del corpo del
prevenuto ( verosimilmente celati al di sotto della canottiera indossata ) attesa la
” sequenza talmente veloce ” dell’episodio, come precisato anche dalla parte
offesa, tantopiù che l’imputato, in sede di esame, riferì in termini quanto mai
generici di essersi trovato nell’estate 2005 in Voghera di guisa da non fornire
neppure un alibi.
Segue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese del procedimento e della somma di euro 1.000,00 in
favore della cassa delle ammende, a titolo di sanzione pecuniaria, trattandosi di
causa di inammissibilità riconducibile alla volontà, e quindi a colpa, del ricorrente
stesso (cfr. Corte Costituzionale sent. n. 186 del 7 – 13 giugno 2000 ).
F> Q M
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese del procedimento e della somma di euro 1.000,00 in favore della cassa
delle ammende.
Così deciso in Roma,lì 19 setternbr

F’

•e

§ TATA
NCELLFZIA

Sezione VII Penale

giugno 2005 – è inammissibile in quanto basato su motivi improponibili in sede

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